Quella fra Edy Tamajo e Marco Falcone, tutta interna ai berluscones, è senz’altro la sfida più affascinante delle prossime elezioni Europee. Sfida in cui si misurano i due antidivi di Forza Italia, entrambi ras del consenso e assessori regionali in carica. Pronti, se le urne gliene daranno la forza, a rilevare il partito dalle mani di Renato Schifani (e Marcello Caruso), a imporre un cambio di passo e di prospettiva e, se Tajani vorrà, una rottamazione della classe dirigente che, nei fatti, è già in atto.

Due cose accomunano Tamajo e Falcone: la forza dei numeri (intese come preferenze) e l’abnegazione per il lavoro. Falcone, che a un certo punto di questa legislatura sembrava sul punto di essere estromesso dalla giunta, è riuscito a blindarsi per le sue capacità di mandare in porto la Finanziaria regionale, ottenendo il giusto riconoscimento anche da parte delle opposizioni (invitate a collaborare); ma soprattutto riuscendo a evitare l’ennesimo esercizio provvisorio. Un titolo onorifico che è valso il logico riavvicinamento di Schifani: come fai a cacciare un assessore che è riuscito a fare molto meglio di Armao, e ha contribuito in maniera sostanziale al recupero di due miliardi di disavanzo? Semplicemente non puoi. Anche perché l’assessore al Bilancio, che anche nell’era Miccichè era rimasto a capo di una minoranza rumorosa, si è riposizionato all’interno del partito grazie alle ottime doti da PR: fra Gasparri, suo amico da sempre, e Tajani è in una botte di ferro.

L’iniziativa di Taormina, lo scorso autunno, ha segnato due importanti traguardi: intanto tagliare fuori Totò Cuffaro da un apparentamento con Forza Italia, che avrebbe comportato la presenza in lista di un uomo o una donna della DC (meno ingombrante sarà la presenza di Noi Moderati e di Antonello Antinoro); dall’altro aver vanificato i sogni di Schifani – che aveva promesso un approdo a Totò. In questo modo la linea Falcone ha vinto. E l’assessore ne è uscito rinfrancato. Attenzione: col governatore restano le questioni irrisolte, a cominciare dalla revoca della delega alla Programmazione – quella che attiene la gestione dei fondi UE – per il ritorno in campo di Armao, seppure in qualità di consulente. Così come la distanza su alcuni temi cruciali, come il giudizio sull’operato della Sac e la visione sul futuro dell’aeroporto di Fontanarossa. Falcone fu uno dei pochi a esprimersi pubblicamente contro la riorganizzazione della Camera di Commercio del Sud-Est, votando ‘no’ allo schema approvato dal resto della giunta. Si tratta di precedenti pericolosi, che in caso di vittoria di Falcone nelle urne, di fatto, acuirebbero le distanze fino a irrobustire lo scontro. E non crederete mica che l’assessore usi l’appiglio elettorale per volare in Europa e sparire dai radar… Significherebbe perdere la vetrina del governo e un ruolo di prim’ordine, cioè quello di controllore dei conti pubblici.

Nessuno parlerà mai di una candidatura di servizio – di fatto è una candidatura per pesarsi – ma sia Falcone che Tamajo non potrebbero lasciare l’Isola a cuor leggero. Anche alle Attività produttive, infatti, non mancano le occasioni per mettersi in mostra e Tamajo, che conosce la strategia meglio di chiunque (altrimenti sarebbe ancora ad annaspare dietro il progetto dei renziani), difficilmente si scollerà da quella poltrona. Ha una gestione infinita di risorse, è al centro dell’attività di governo e, soprattutto, è da lì che può ambire a sgretolare l’impero di sabbia di Schifani. Finora il buon Edy è stato un fedele scudiero del presidente della Regione, che infatti lo sosterrà in campagna elettorale (anche se l’ha già tradito una volta, ostacolandolo nella corsa per la segreteria nazionale). Ma dopo? Rimarrà il solito gregario di Mondello o potrà aspirare a diventare il capitano della squadra?

Certo, non gli basterà raggranellare voti nel Palermitano, dove la sua potenza è acclarata. Dovrà scendere in provincia, nelle realtà più ostiche. Nel Nisseno dovrebbe aiutarlo Totò Cardinale, con cui Tamajo ha fatto squadra ai tempi di Sicilia Futura. Mentre a Catania, sta già tessendo la sua tela Nicola D’Agostino, l’altro deputato etneo di Forza Italia, che con Falcone non si è mai preso granché. Sempre a Catania, Schifani può vantare su un paio di leve di comando non indifferenti (quelle che hanno irritato l’assessore all’Economia nel passato più recente): si tratta di Antonino Belcuore, commissario della Camera di Commercio; e Nico Torrisi, Amministratore delegato della Sac. Ma soprattutto c’è Raffaele Lombardo: gli ultimi rumors parlano di un chiaro sostegno del leader del Mpa nei confronti di Tamajo e di Caterina Chinnici, che è già stata sua assessora al governo della Regione.

Dopo la rottura con Salvini, a causa del sabotaggio di Sammartino, a Lombardo non sono rimaste troppe opzioni: gli azzurri – nonostante i rapporti con Schifani siano turbolenti da sempre – sono stati i primi a cercarlo per illustrargli “il progetto del partito, che si prefigge di coinvolgere in modo attivo tutte le formazioni politiche che si riconoscono nei valori e nei programmi del PPE”. Non sarà un’alleanza organica come quella con Noi Moderati, coordinata direttamente da Roma. Ma un appoggio esterno. Anche Ruggero Razza, l’altro prescelto di Lombardo, è in campo con FdI: ma sembra che gli Autonomisti abbiano già deciso. La scelta è ben congegnata: anche per Tamajo sarebbe quasi impossibile, in caso di elezione, rinunciare all’assessorato. La Chinnici avrebbe, quindi, campo libero per poter ambire al terzo mandato all’Europarlamento. Sicuramente è quella che si avvantaggia di più dalla rivalità tra Falcone e l’ex renziano. Non è lì per caso.

Agli altri potrebbero rimanere le briciole. Tra i papabili candidati ci sono ancora Margherita La Rocca Ruvolo, sindaco di Montevago, nell’Agrigentino, ed ex presidente della commissione Salute all’Ars; e Bernardette Grasso, sindaco di Capri Leone, nel Messinese, anche lei tornata a Palazzo dei Normanni (è stata anche assessore alla Funzione pubblica). E poi c’è il dubbio fra Riccardo Gennuso, eletto in Assemblea nel collegio di Siracusa, e Antonello Antinoro, sostenuto da Noi Moderati e da Saverio Romano. Non che abbiano grosse velleità, ma con il proprio bottino di preferenze potrebbero far oscillare la bilancia dall’una o dall’altra parte. Tra Tamajo e Falcone si gioca una fetta del destino di Forza Italia. Schifani osserva da spettatore incuriosito (e di parte). Ma il suo Caruso, coi giorni che passano, è sempre meno certo di restare in sella.