Seguirà una brillantissima farsa. Di solito la farsa seguiva a un drammone a tinte fosche. E mandava a casa il pubblico risollevato, contento, spurgato di tradimenti, sangue e dolori. Qui non c’è nemmeno il drammone, è rimasta soltanto la farsa e il pubblico sembra in tutta onestà fregarsene. L’ultima pièce, assai poco brillante anche se di rustica comicità, di un umorismo involontario ma che, se fosse volontario, a trovarli, oramai, certi commediografi, va in scena come da qualche anno, al Politeama, sede dell’Orchestra Sinfonica Siciliana che avrebbe un nuovo presidente, Salvatore Di Carlo, un “interno” alla Fondazione, ex portiere (non calcistico ma del Politeama Garibaldi stesso), promosso addetto alla sicurezza dell’ex sovrintendente Ester Bonafede, volontà d’acciaio per affrontare le faticose scale dell’organico e nonostante più volte osteggiato (perché, a sua testimonianza, in molti là dentro erano invidiosi), curatore dei restauri della facciata del Politeama, lato via Isodoro La Lumia, firmatario dei piani di emergenza ed evacuazione della sala e zone limitrofe, nonché – recita la biografia – avvocato iscritto all’Ordine forense di Palermo, attualmente direttore presso la locale sede dell’Università telematica Pegaso, responsabile della sede cittadina della Scuola di Rigenerazione Urbana e Ambientale. Seguono dettagli su laurea, stage, master, corsi monografici e tesine. «Ho studiato nottate intere per arrivare a tanto». Ipse dixit.

Il neopresidente ha salutato tutti, ha incontrato i sindacati, ha esposto pubblicamente le sue linee programmatiche: «Dimostrerò che con la metà dei soldi (non è specificato quali, ndr.) riuscirò a realizzare una stagione meravigliosa. La priorità sarà data a tecnici, musicisti e amministrativi che hanno il diritto di essere trattati com’è dovere e non messi da parte da chi ricopre ruoli senza titoli e senza meriti, prendendo stipendi da 5 mila euro al mese. Queste persone saranno il mio punto di forza e il mio punto di partenza. Sono pronto a prendermi le mie responsabilità». Questo ha detto, in un furore comiziale da captatio benevolentiae delle masse lavoratrici. Al di là di questa breve esposizione, quel che non avrebbe esposto è proprio il decreto di nomina che spetterebbe al presidente della Regione, Nello Musumeci, vergare, mentre l’assessore al Turismo, competente in materia, si limita a dire «io questo qui manco lo conosco». Capirete che, più che dalle parti di Sciostakovic siamo alla periferia di Martoglio.

Pare che il soi disant neo-presidente sia per l’appunto un fidatissimo di Esterina, la Bonafede, l’architetto-politico-ex sovrintendente che ruota ormai da anni intorno al Politeama come la terra gira intorno al sole, in lite però con la sua ex Fondazione per qualche decina di migliaia di euro (acquisti di mobilia dicono non proprio necessaria), le stesse decine che però lei pretenderebbe per non essere stata pagata nell’ultimo periodo del mandato (la querelle dovrebbe sciogliersi a giorni). Tanto fedele alla sua mentore, il neo-presidente, da presentarsi alle elezioni regionali nella lista Udc della centrista Esterina appoggiato perfino dal supercapo nazionale Lorenzo Cesa.

Intanto da lì, dal Palazzo, ribadiscono di non saperne niente del neo-presidente. Anzi, pare abbiano già in mente un nome della burocrazia regionale, Maria Elena Volpes. La farsa dunque continua, si contrappone al dramma di un’istituzione che ha dato lustro al far musica in Sicilia e che da qualche anno si è trasformata in un giocattolino per appetiti politici, sgambetti, tiri mancini, rivalse e ritorsioni dentro e fuori il Palazzo, un giocattolo un po’ rotto ma sempre utile a titillarsi con accordi sottobanco, favori, compiacenze, pastette, servigi, privilegi, regali. Quando il giocattolo si romperà del tutto, ci si accorgerà che forse lo si può anche buttare via e il sipario calerà, sulla poco brillantissima farsa e sul dramma a tinte più losche che fosche. Non suonerà nemmeno un requiem, a rimpiangerlo, non una nota.