Il vero volto del Pd siciliano è quello – giovane, fresco e intraprendente – proposto da Davide Faraone durante i sit-in sui cantieri siciliani bloccati? Oppure il “cadavere” di cui parla Antonello Cracolici, esponente della vecchia guardia, che come tutti i suoi compari “rossi” rischia di finire emarginato in un partito (parole sue) “in cui non esiste più alcuna regola”? Forse è l’uno, in potenza; ma anche l’altro, in atto. Certamente, perdonateci il francesismo, è un gran casino. Senza accento finale.

Perché la tela su cui il pittore cerca di allestire il quadro, è dissestata. Mesi di guerre intestine che nemmeno la vittoria di Faraone (sub-judice a causa dei ricorsi pendenti), l’apertura del nuovo segretario a un posto di vertice per la corrente “zingarettiana” e la foto riappacificatrice scattata a Palermo, il 12 gennaio per la manifestazione contro il governo nazionale, sono riusciti a lenire. Lo scontro è totale e negli ultimi giorni, in seguito alla convocazione dei congressi provinciali, le contraddizioni sono emerse in modo fortissimo. Cracolici, che una non se la tiene, è partito all’attacco denunciando un partito nel “pieno di una follia procedurale”. L’ex assessore del governo Crocetta, cui l’autoproclamazione di Faraone non è mai piaciuta, ha denunciato la violazione di alcune norme fondamentali nella convocazione per il voto nei circoli. Che, fra parentesi, al primo turno non ha ancora un vincitore. Mentre i sostenitori di Zingaretti sollevano le braccia al cielo, gli adepti di Martina (e un po’ anche di Renzi) contestano il risultato ed esultano a loro volta per la conquista di un feudo che sarà “conteso” (potete giurarci) anche dopo l’ufficializzazione, che comunque tarda ad arrivare. E non è un bel segno.

In Sicilia qualche contraddizione, in realtà, è emersa. A Palermo, per non andare troppo lontani, la commissione regionale per il congresso ha annullato il voto in dieci differenti circoli, perché non sono mai stati consegnati al partito gli incassi delle tessere sottoscritte nel 2016. E qui tornano in mente le parole di Carmelo Miceli, deputato nazionale, che qualche giorno fa, per rispondere agli attacchi di Cracolici, aveva svelato l’arcano: “Se Antonello Cracolici vuole fare qualcosa di davvero simbolico, anziché rinunciare al voto al congresso (è stata questa la conclusione dell’ex assessore all’Agricoltura), si presenti, ritiri la tessera e visto che parla di un partito senza regole, dia l’esempio, portando con sé le decine di migliaia di euro che i suoi circoli debbono da anni al Pd. Quantomeno così comincerà a rispettare almeno una delle prime regole del partito che per anni ha disatteso”. Sbang.

Ma sempre a Palermo – dove la commissione provinciale ha pure contestato il voto di circoli non riconosciuti (ma riconducibili a Lupo e allo stesso Cracolici) – proprio Cracolici ha lanciato sospetti sul voto di altri circoli, di marca faraoniana, in cui ha vinto la mozione Martina: “Ma qualcuno crede davvero che in quattro ore, a San Lorenzo, hanno votato 450 persone? Davvero qualcuno crede che, con una media di votati tra il 30 e il 35 per cento in tutti gli altri circoli, solo nei circoli di Faraone abbia votato il 70 per cento degli iscritti? Davvero qualcuno crede che a Terrasini abbiano votato in 170, tutti per Martina e un solo voto per la mozione Zingaretti? Mi pare tutto una farsa”. Il dibattito è diventato davvero assai poco democratico (contestazioni feroci anche a Trapani, dove il voto è stato annullato, e a Messina) e si staglia su un orizzonte cupo, in cui qualcuno degli esponenti del Pd all’Ars starebbe pensando di accendere un cerino a sostegno del governo Musumeci, sempre più impelagato nella ricerca di una maggioranza accettabile a Sala d’Ercole.

Un momento che Cracolici crede ancora lontano (“Anche se la mamma dei cretini è sempre incinta” ammette) e che potrebbe davvero segnare una volta per tutte le sorti di un partito che da un lato prova a fare ed esternare – Faraone è stato tra i primi sostenitori della staffetta democratica a bordo della Sea Watch – e dall’altro lascia intravedere tutte le incrinature del suo scheletro. Ad Agrigento, dove si sono già recati al voto i 42 circoli provinciali, sono i renziani ad accusare di brogli il segretario provinciale Giuseppe Zambito: “A dispetto della commissione provinciale, che non si è mai riunita, il segretario Zambito – scrivono – ha organizzato fantomatici congressi di circolo che vedono la redazione dei verbali di partecipazione di simpatizzanti mai recatisi ai seggi elettorali e ha comunicato risultati elettorali su votazioni mai avvenute”. Ma Zambito ha sorvolato: “Polemiche inutili, non abbiamo ricevuto nulla dalla commissione regionale”.

Il 3 marzo, data in cui si deciderà il nuovo segretario nazionale, è atteso come il momento della liberazione. Eppure anche quella data, cerchiata in rosso un po’ da tutti i contendenti (compreso Cracolici, che per protesta non voterà ma sostiene Zingaretti), rischia di diventare la cartina da tornasole dell’ennesima fuffa. Di un partito che dovrebbe costituire la vera alternativa – dal basso del suo 17% – alle politiche populiste del governo gialloverde, ma che proprio attorno a quelle politiche, alla creazione di un fronte unico dei moderati (con gli allievi di Berlusconi) sta completando la sua feroce autocombustione.

Perché fuffa? A Roma esisterebbe, lo dice il Fatto Quotidiano, una regia per scalzare Matteo Renzi dal quadro “dem”. Con Gentiloni e Minniti saliti sulla zattera di Zingaretti che, nonostante la mole del protagonista, sembra poterli salvare tutti quanti. Ad eccezione di Martina e dell’ex premier, che resta forte all’interno di un partito nonostante i tentativi di esautorarlo. Ma fare fuori Renzi, significherebbe mettere in dubbio la posizione dei suoi, Faraone in primis. E il circolo vizioso – non quello in cui si vota, ma quello in cui si brandisce la spada – potrebbe ripresentarsi al suo apice dopo le Europee di maggio. Dove il Pd è già chiamato a incassare l’ennesima batosta: perdere oltre 20 punti percentuali rispetto alla clamorosa affermazione del 2014, quando alla guida c’era Renzi con tutti i filistei.