“(…) e se mandi questo messaggio a dieci tuoi amici (…)”. Coraggio, ammettiamolo: nessuno si è salvato dalle catene! Di Sant’Antonio? Sì, si dice proprio così. Almeno una volta nella vita o ci è capitato, o ci capiterà. Con sms sul cellulare, e oggi al tempo dei social, su ogni profilo. E se ne blocchi uno, ne spunta un altro. E un altro ancora. Una catena appunto, infinita e snervante. Per carità, ognuno è libero di starvi dietro e di mutuarle. Che siano catene che promettano amore e salute; che assicurino ricariche gratis del telefonino; che ti mettano al riparo da futuri pagamenti di abbonamenti ai social; che ti allontanino la sfiga; non so voi, ma io non vi ho mai ceduto. Ormai le riconosco dalle prime due parole, e non serve leggere oltre: le cestino immediatamente.

Ma poi ecco che un giorno me ne arriva una insolita. Un mio amico su Facebook mi nomina, come si dice, e mi invita a indicare un “libro della vita” ogni giorno per dieci giorni, e di nominare a mia volta un altro amico al giorno, a fare altrettanto: un meme di propagazione culturale! Non so chi l’abbia lanciato per primo, so soltanto che ha contagiato presto tutti gli amanti della letteratura, ma anche chi di libri ne legge pochi. E ha preso anche me che grazie al cielo ho scoperto la passione per la lettura da ragazzino e continuo a coltivarla con un ritmo di due-tre libri al mese. Questa catena non è solo un modo per conoscere i gusti letterari degli altri, ma anche per scoprire e farsi incuriosire da un titolo che non conoscevi, o che magari avevi sempre scartato e rinviato. Certo, per chi legge tanto, indicare dieci libri, solo dieci, non è facile. Personalmente, per sentirmi in pace con la coscienza dovrei indicarne almeno cinquanta, se non voglio far torto a nessuno degli autori che mi hanno arricchito e toccato il cuore.

Ho cominciato indicando un romanzo di Manuel Scorza che trovo strepitoso: “La Danza immobile” che a mia volta ho scoperto anni fa grazie al consiglio di un amico. Ma quel che qui conta è il valore intrinseco di catene come questa. Diffondere cultura, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, perdonate la facile retorica, è un bene da tutelare, da istituzionalizzare. Per fortuna, se uno sa districarsi nella giungla dei social, scoprirà che hanno anche, checché se ne pensi, una forte incidenza educativa, culturalmente parlando.

Al di là della catena dei “dieci libri della vita”, su Facebook ci sono decine e decine di gruppi, di pagine, dedicate agli appassionati di libri, dove ci si confronta sulle letture, si consigliano romanzi e saggi, si discute, e talvolta anche animosamente, sulla qualità di certi scrittori piuttosto che altri. Si va da “Chi mi consiglia un libro” a “Un libro tira l’altro…” a “Leggere libri”… Un’infinità insomma. E la catena dei “dieci libri” prende le mosse da queste pagine dedicate ai lettori: qualcuno ha pensato bene di esportarla all’esterno, diffondendola tra chi non è iscritto ad alcuno di questi gruppi.

Seminare cultura, per quanto possa piacere o meno leggere un libro, non ha mai fatto male a nessuno. Che ben vengano, per quanto mi riguarda, le catene culturali. Anche se c’è stato chi si è visto nominato da un amico per indicare i dieci libri della vita e ha risposto, testuale: “vale lo stesso se ne indico tre?”; e quello gli ha risposto: “Ma perché? Ti piacciono solo tre libri?”; e quella “No, è che ho letto solo tre libri in tutta la vita”. Certo, ognuno legge quanto vuole, e quello che vuole. Ma come diceva Flaubert: “Non leggete come i bambini per divertirvi, o, come gli ambiziosi, per istruirvi. Leggete per vivere”.