Da oggi, in teoria, le aziende potrebbero tornare a licenziare. Il blocco è scaduto ieri. Nel corso dell’ultimo vertice tra i rappresentanti del governo Draghi e i sindacati, oltre a sancire la proroga per le aziende del tessile, delle calzature e della moda (oltre a quelle dei servizi, già in scadenza il 31 ottobre), si è deciso però di impartire una forte raccomandazione: le aziende, prima di avviare le pratiche di licenziamento, dovranno attingere a 13 settimane di cassa integrazione ordinaria. L’utilizzo degli ammortizzatori sociali eviterà alla Sicilia un collasso occupazionale: erano a rischio 57 mila posti di lavoro. “La nostra preoccupazione – spiega Alfio Mannino, segretario regionale della Cgil – era legata ai numeri del manifatturiero, soprattutto nel settore industriale. La vera catastrofe però si sarebbe potuta presentare a ottobre, o comunque a cavallo tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, per il forte ridimensionamento di commercio, turismo e servizi. Questi settori soffrono il calo dei consumi e i processi di ristrutturazione in corso”.

L’edilizia invece dà segnali di ripresa.

“E’ vero. Il 2021 dell’edilizia, specie quella privata, è in controtendenza. Ci sono dei segnali di ripresa, anche se legati a fattori contingenti (superbonus, bonus facciate) e non strutturali”.

E il turismo?

“Temo un impatto negativo dopo l’estate. Abbiamo 14 milioni di presenze l’anno, ma il 75% sono spalmate fra luglio e agosto. La domanda è: stiamo provando a ragionare su come costruire un percorso di destagionalizzazione dell’offerta turistica? Che ne sarà del nostro patrimonio artistico, culturale, paesaggistico in autunno? Bisogna puntare su eventi attrattivi e funzionali alla valorizzazione di tutti i nostri siti. Non possiamo rimanere ingessati sui tre o quattro che già funzionano: sa che a Donnalucata (frazione di Scicli, in provincia di Ragusa) gli alberghi ad agosto sono tutti pieni? Ma quello è merito del commissario Montalbano, mica della pianificazione regionale…”.

E’ ancora presto perché si manifestino i primi cenni di ripresa dell’economia?

“La ripresa arriverà se riusciremo a far fruttare la prima tranche da 25 miliardi in arrivo con il Pnrr (il piano di ripresa e resilienza).

Come?

“Attivando gli investimenti su alcuni settori strategici”.

Ci riusciremo?

“Ho i miei dubbi: il 40% delle risorse finiranno al Mezzogiorno, ma non è detto che la macchina burocratica, amministrativa e politica della nostra Regione sia in grado di drenarle. Il Piano ha alcune direttrici, ma la Sicilia va in direzione opposta”.

Ci faccia un esempio.

“Abbiamo 6 miliardi disponibili per il riciclo e il riuso dei rifiuti, ma la Regione ha appena pubblicato un bando per due inceneritori. Mi pare evidente che su questa direttrice siamo tagliati fuori. Ma le faccio un altro esempio che riguarda le politiche sociali: il Pnrr darà la possibilità di costruire nuovi asili nido. Questi, però, dovrebbero essere gestiti dagli enti locali, che in Sicilia stanno attraversando una fase drammatica. Ora: se i Comuni e la Regione non sono dotati di un sistema di progettazione all’avanguardia, è del tutto evidente che non potremo attingere a quelle risorse, che fra l’altro vanno spese entro il 2026. Ma potrei parlarle pure della transizione energetica: qualcuno si è chiesto su quali rete trasportare l’energia prodotta? Manca l’infrastrutturazione normativa, progettuale e amministrativa”.

La capacità di spesa della Regione è carente, tanto che sarebbe rimasto nei cassetti un miliardo fra ristori e agevolazioni post-pandemia…

“In realtà il miliardo di cui parla è riferito solo alla Finanziaria di guerra dell’anno scorso. In realtà ci sono tre miliardi di residui dalle vecchie programmazioni. Emblematica è la vicenda dei buoni spesa: su un impegno da 100 milioni, ne abbiamo spesi 30 perché gli altri non siamo riusciti a rendicontarli”.

L’assessore Turano, ammettendo le difficoltà nel ristorare le aziende colpite da Covid, ha garantito il massimo impegno per agevolare l’accesso al credito. E ha promesso bandi per 450 milioni. E’ un passo avanti…

“L’accesso al credito è un elemento di competitività. Ma di fronte al deserto produttivo e al calo costante dei consumi, le aziende per chi producono? Per cosa? Il problema non si risolve facilitando l’accesso al credito, ma offrendo una visione di sviluppo e di crescita. Inoltre, ho parecchi dubbi che la Regione e le branche della sua Amministrazione possano sostituirsi alle banche. Con i fondi di rotazione sarebbe stato possibile aiutare il sistema creditizio a sostenere in maniera seria le aziende. Piuttosto che svolgere noi la funzione delle banche”.

All’indomani della parifica della Corte dei Conti lei ha invocato un intervento del Ministero dell’Economia per mettere ordine nei conti della Regione. E’ ancora di quell’idea?

“La Regione siciliana ha ereditato una crisi finanziaria che va avanti dal 2013. Questo è un fatto oggettivo. Ma è altrettanto oggettivo che gli interventi prodotti in questi anni non hanno affrontato le criticità, piuttosto le hanno incancrenite. Checché ne dica l’assessore all’Economia… Qui si palesano i limiti dell’azione di governo. Quando tu fai una richiesta di spalmatura dei debiti, ma non aggredisci le ragioni per cui i debiti galoppano, non hai risolto i problemi”.

Immagino che faccia riferimento a un percorso di risanamento finanziario…

“Esatto. Il risanamento passa da varie cose. In primis, credo sia necessario intervenire sui tanti rami secchi. Parlando di partecipate, non bisogna colpire lavoratori o lavoratrici, ma tutta la burocrazia o il sottobosco politico che vive grazie ad esse. Secondo aspetto: piuttosto che limitarci a chiedere spalmature, nascondendo la polvere sotto il tappeto, avremmo dovuto reclamare alcuni diritti nei confronti di Roma. Penso, innanzi tutto, alla possibilità di trattenere in Sicilia le imposte di produzione. Non è possibile che il nostro territorio venga devastato da alcune produzioni industriali, e le imposte siano appannaggio di Roma. Anche sull’Iva non siamo mai stati in grado di aprire una discussione seria e netta col governo centrale”.

Altri elementi?

“La spesa sanitaria. Durante questa pandemia abbiamo speso una marea di soldi, senza però riuscire a legare gli interventi emergenziali a quelli strutturali. I risultati della campagna di vaccinazione, che ci vedono all’ultimo posto per l’immunizzazione di over 60 e soggetti fragili, non è figlia di un destino cinico e baro. Ma della carenza della medicina territoriale: sarebbe bastato rilanciare la funzione dei medici di base, cosa che non è avvenuta”.

Tornando alla parifica. Balla un miliardo di euro, si profila un nuovo disavanzo. Quali possono essere le conseguenze?

“Nessuno si azzardi a scaricare sui ceti e soggetti più deboli eventuali tagli di natura draconiana. Mi insospettisce il fatto che dalle 24 ore successive al pronunciamento dei giudici la questione sia stata silenziata. La Regione deve dire come intende porvi rimedio”.

Come dovrebbe muoversi il governo di fronte all’impugnativa della norma sulla stabilizzazione degli Asu?

“Va fatta una sola: visto che tutte le forze parlamentari dicono di essere d’accordo, e visto che l’impugnativa nasce per un conflitto di competenze, si chieda alle forze politiche presenti a Roma di fare una norma nazionale. Così ne usciamo senza alimentare ulteriori conflitti”.

Che contributo darà la Cgil agli stati generali della sinistra democratica?

“Spetta ai partiti individuare i perimetri delle alleanze e chi debba rappresentare l’alternativa politica per la guida della Regione. Noi, piuttosto, siamo interessati a fare delle proposte che diano risposte alla dignità e alla qualità del lavoro. Su questo fronte il governo regionale ha mostrato tutta la sua inadeguatezza. Ma anche le forze d’opposizione, da un lato, non hanno compreso la gravità della crisi economica e sociale che attraversa la nostra regione; dall’altro, non hanno saputo mettere in campo un progetto che dia risposte ai lavoratori e consenta ai ragazzi di costruire qui il proprio futuro”.

Quali sono due temi che portereste al tavolo della discussione?

“Noi ci muoviamo lungo due direttrici: puntare sullo sviluppo della infrastrutturazione materiale e immateriale della regione; e rivedere il nostro sistema di welfare, agevolando l’occupazione femminile. Infine, se posso, auspichiamo una rigenerazione della classe dirigente. Su questo aspetto è fondamentale la generosità dei partiti: spetta a loro far diventare protagonisti le forze migliori e più fresche della società”.