C’è bisogno di politica. C’è bisogno di ordinario. Ma il calendario dell’Ars non si è ancora attrezzato. Oggi l’Assemblea riapre dopo la sanificazione dei condotti d’aerazione di palazzo dei Normanni. Lo fa alle 16 (inizialmente era previsto alle 11) per le “comunicazioni dell’assessore per l’Economia sulle misure finanziarie conseguenti all’emergenza Coronavirus”. Armao in aula, al posto di Razza (già visto un paio di settimane fa) renderà edotti i pochi parlamentari – possono accedere soltanto i capigruppo, i rappresentanti del Consiglio di presidenza e delle due commissioni di merito (Salute ed Economia) – sulle misure messe a punto dal governo regionale per dare una mano a imprese e famiglie in crisi.

Alcune sono già note: la più incisiva riguarda il provvedimento da centro milioni per garantire agli indigenti (a quelli che non godono di alcun reddito, tanto meno quello di cittadinanza) l’accesso ai beni di prima necessità. Al cibo. Si aggiungono ai 43 milioni dello Stato: la quota parte dei 400 che il premier Giuseppe Conte ha deciso di suddividere agli ottomila comuni italiani per garantire i voucher della spesa. I cento milioni, in confronto, sono “roba da ricchi”. Un segnale importante in un momento storico dannato. Dove la gente, con le saracinesche abbassate da tre settimane, rischia davvero di sentire i morsi della fame. E’ uno dei provvedimenti annunciati in pompa magna dalla Regione. Che in questi giorni metterà a punto gli altri – alcuni, come la moratoria dei mutui e il differimento dei termini per l’utilizzo dei fondi comunitari (Po Fesr), sono già stati comunicati.

Gli impegni di spesa più importanti, però, finiranno dritti nella Finanziaria d’emergenza che maggioranza e opposizione dovrebbero costruire a breve. Insieme, magari. Senza le assurde pretese che foraggiano, ogni anno, la Legge di Stabilità. Entro il weekend la nuova manovra sarà trasmessa dalla giunta all’Ars, che poi dovrà discuterne, in un modo o nell’altro, nelle commissioni di merito (allestite su Skype?). L’impianto di febbraio verrà stravolto: approfittando della proroga dei termini (di sei mesi) per ottemperare alla prima rata del maxi disavanzo da due miliardi certificato dalla Corte dei Conti, ci saranno più soldi da spendere. L’unica cosa che conta è farlo bene.

Tutti i gruppi parlamentari hanno già segnalato alcune priorità durante un confronto con Musumeci in videoconferenza. Volevano la sua presenza in aula, ma dovranno accontentarsi di Armao. Sala d’Ercole non è ancora pronta a lavorare a ranghi completi, e, considerate le restrizioni sugli assembramenti, non potrebbe nemmeno farlo. In settimana è giunta la nota di nove deputati, tra cui i leghisti, che hanno raccomandato prudenza a Micciché: “Davanti all’esigenza di assicurare continuità ai lavori parlamentari siciliani proponiamo per la sicurezza di tutti lo svolgimento in teleconferenza. Quello che oggi bisogna evitare è che il contagio arrivi dentro il Palazzo dei Normanni. Questo sarebbe la fine dei lavori parlamentari o comunque il loro ritardo considerevole. Bisogna altresì considerare il personale degli uffici, anch’essi indispensabili al proseguo della stessa attività parlamentare. Per non considerare che il decongestionamento degli uffici è oggi più che una esigenza nell’interesse di tutti, anche dei siciliani che attendono risposte dal Parlamento”.

I deputati si sono più o meno attrezzati con lo “smart working”. Basta una discreta rete di connessione, un telefonino o un pc in buone condizioni. Non si può dire lo stesso dei dipendenti regionali (circa 20 mila), per i quali non è stato ancora attivato – se non in minima parte – il lavoro agile. E’ questa una delle maggiori difficoltà affrontate in queste settimane. Il personale dall’Ars, degli assessorati e dei dipartimenti sono rimasti in ufficio. Talvolta sono riusciti ad anticipare un po’ di ferie, ma non è questo il modo di affrontare l’emergenza. Smantellare Sicilia Digitale sconta adesso i suoi effetti. Ovviamente – come Buttanissima ha già raccontato – condividere e affollare gli stessi ambienti di lavoro, in tempi di Coronavirus, è un rischio inaccettabile. Ma, più o meno, è quello che è avvenuto. Al di là di palazzo dei Normanni, molti edifici non sono a punto con gli interventi di disinfezione. Il governo ha offerto una sponda ai Comuni (anche economica) per sanificare strade e immobili di proprietà, ma non l’ha fatto coi propri, a parte poche eccezioni e per un tempo limitato (ad esempio, il dipartimento dei Beni culturali, dove s’è infettato Calogero Rizzuto).

Tornare a lavorare nelle stesse condizioni e con lo spirito di prima richiederà tempo. Ma non per questo la politica può scegliere di impantanarsi. Non in questioni fisiche e materiali. Mai come adesso serve che si palesi, che affronti l’emergenza e che, superata la contingenza delle misure economiche eccezionali, torni a fare la propria parte, occupandosi dei problemi quotidiani. Nell’ordine: approvazione del Bilancio, scelta del prossimo assessore ai Beni culturali, rimpasto di giunta. Sul primo punto – la Finanziaria di guerra – ci siamo quasi: dopo che l’impianto generale verrà fissato in base a criteri condivisi, la Legge di Stabilità e di Bilancio saranno discussi dall’ “aula digitale”, e poi votati (per l’occasione, si potrebbe allestire la Sala Gialla di palazzo Reale in aggiunta a Sala d’Ercole, e garantire così il rispetto delle misure di sicurezza).

Anche gli altri due punti, però, andranno approfonditi. E il governatore Musumeci non potrà certo trincerarsi dietro l’emergenza per giustificare la mancata azione. Serve coraggio. Occorre fare sintesi. E vanno messi in conto i malumori. L’assessorato ai Beni culturali, privo di una guida dalla morte prematura di Sebastiano Tusa (avvenuta il 10 marzo 2019), necessita di attenzioni particolari. E’ quello su cui costruire il rilancio della Sicilia non appena il Covid-19 sarà spazzato via dalla medicina, è quello su cui dovrà aggrapparsi l’Isola per rifondere di speranza i turisti, e di bellezza il mondo. Serve un professionista preparato, serio, magari con la stessa passione di Tusa e con le medesime capacità di problem solving. Deve essere il fiore all’occhiello dell’amministrazione regionale.

E poi c’è il rimpasto che, al di là di una questione interna ai partiti (la Lega reclama spazio), può rappresentare davvero la svolta per un governo che – al netto dell’emergenza sanitaria – ha annaspato parecchio nei primi due anni di vita. Che poche volte è riuscito a fare squadra. Ecco: il rischio di scatenare una “resa dei conti” non può esimere da una presa di responsabilità che troppe volte è stata rimandata. Serve il coraggio di tutti per tornare a essere normali.