Gianfranco Miccichè non ha alcuna voglia di federarsi con Diventerà Bellissima: “Non capisco a cosa serva, non siamo interessati”. Forza Italia si sfila dalle “pretendenti”. Il movimento di Nello Musumeci, dopo le aperture di Cefalù a tutti i partiti del centrodestra, ha bisogno di trovare nuovi interlocutori e percorrere altri sentieri. Il primo, il più agevole, porta alla Lega. E’ stato il partito di Salvini e Candiani ad avviare uno scouting nell’Isola, allo scopo di trovare qualche formazione, per lo più civica, con cui fare un pezzo di strada insieme. Miccichè non si spiega il motivo: “Perché la Lega dovrebbe federarsi con qualcuno? Se Salvini cercasse voti al Sud, ammesso che non ce li abbia già, potrei capirlo. Ma poiché non mi risulta che da Diventerà Bellissima ed Mpa stia avendo degli aiuti, perché dovrebbe garantire loro qualche collegio alle Politiche?”. Il commissario regionale di Forza Italia, per il momento, ha altro a cui pensare.

Al giro di boa della legislatura, il suo partito ha già perso cinque deputati. E’ quello che ha subito più smottamenti all’Ars. Perché?

“Questo è un ragionamento che rifiuto in partenza. La invito a riflettere su una cosa: di coloro che risultavano iscritti al partito alla vigilia delle ultime Regionali, e che poi sono stati eletti, non è andato via nessuno. Se non la Cannata, che per me è stato un grande dispiacere. Tutti gli altri, da Genovese a Ragusa, non hanno mai fatto parte di Forza Italia. Si sono aggregati a noi in campagna elettorale. Ad esempio, con Ragusa (passato alla Lega, ndr), abbiamo fatto un’operazione intelligente per togliere voti al partito di Alfano e non farlo arrivare al 5%. Ci siamo riusciti”.

E gli altri?

“Genovese ha una storia totalmente diversa da Forza Italia. Come Lentini e la Caronia. Attenzione: sono tutte persone che potrebbero tornare anche domani, perché sono andate via con garbo e senza polemiche. Ma non è giusto dire che il partito abbia perso gente. O meglio, se c’è qualcuno che vuole farlo, non ci poniamo il problema. Tre mesi fa, al telefono con il presidente Berlusconi, abbiamo festeggiato il traguardo dei 500 amministratori locali. Un mese e mezzo dopo, erano già 600”.

Qualche settimana fa Marco Falcone – assessore regionale e commissario provinciale di FI a Catania – ha detto che bisognava resettare tutto e ripartire. Cosa voleva dire?

“Marco è una persona a cui voglio bene, che conosce la politica. La sua visione è legittima. Ma in parte andrebbe rivista. Certe volte fa delle sparate…”

Ci spieghi.

“Lui è un “ricettacolo” di dissenso. Ogni partito ha il suo, ed è utile che ci sia perché se un amministratore non ha più voglia di parlare col commissario regionale, trova sempre un interlocutore. Ma se tira in ballo la collegialità, gli ricordo – con il sorriso ovviamente – che io non ho chiesto a nessuno del gruppo il permesso per farlo diventare assessore. Anzi, la prima volta che sono andato a parlare con Musumeci, lui aveva già deciso quale delega affidargli. Per carità: merita di fare l’assessore. Ma la collegialità è un’altra cosa”.

Si sta avvicinando il momento per un nuovo rimpasto? Ha voglia di cambiare qualcuno?

“Non è una questione di voglia. Io gestisco il partito dal ’94, c’è stato un periodo in cui non l’ho fatto e i risultati sono stati terribili. Ho sempre utilizzato il metodo del “ricambio”. Ricordo che nella prima legislatura di Forza Italia alla Regione, c’erano 17 deputati e tutti hanno fatto l’assessore. E’ necessario che un partito, nell’arco dei cinque anni, rappresenti in giunta ogni realtà territoriale, non solo Palermo e Catania. Ma soprattutto è diritto di un partito scegliere chi in quel momento merita di fare l’assessore e chi no. Nessuno al mondo può contestare la prerogativa di cambiare gli assessori. Il presidente della Regione ha il diritto di apprezzare o meno le proposte: in quel caso se ne discute”.

Musumeci è al corrente dei suoi progetti?

“E’ chiaro”.

Quanto ci vorrà?

“Spero di avere una risposta positiva in tempi brevi”.

Due anni e mezzo di governo. Qual è il suo giudizio?

“Degli assessori hanno fatto bene, altri un po’ meno. Non ci sono state le rivoluzioni che ci aspettavamo, anche a causa di alcuni problemi come l’assenza di una vera maggioranza, o il fatto che tanti, compreso il presidente, fossero alla prima esperienza. E per ultimo il Covid, che inficia l’operato. Ma la gestione è stata pulita e ordinata. A differenza del passato, però, non è successo nulla di tremendamente negativo”.

Musumeci di recente è tornato in aula. Pace fatta col Parlamento?

“Musumeci deve rendersi conto che l’opposizione fa l’opposizione. Se li convincesse a parlare bene di lui sarebbe un’istigazione al suicidio. Parlarne male, invece, rientra fra le regole della politica. Sarà il tempo a dire chi aveva ragione. Per questo trovo che la rabbia del governo nei confronti delle opposizioni, talvolta, sia stata esagerata e immotivata. Il fatto che il presidente sia tornato in aula e abbia ripreso a vivere la vita del parlamento, lo ritengo indispensabile. Se viene meno il rapporto tra chi comanda e chi controlla, viene meno la democrazia. E non ce lo possiamo permettere”.

Dopo la gestione dell’emergenza sanitaria, la Sicilia non ha ancora riavviato i motori dell’economia.

“Smettiamola di prenderci in giro. Ora possiamo dirlo: la pandemia in Sicilia non c’è stata. Chiudere lo stretto di Messina è stato fondamentale per tenere fuori il virus. Quello che inizialmente ha fatto Musumeci lo avrebbe fatto chiunque, solo che lui l’ha fatto meglio. Detto questo, è stato inutile dichiarare la Sicilia “zona rossa”. Se pensiamo di aver perso 11 punti di Pil, ci sarebbe da ammazzarsi. Il totale di morti, contagi e terapie intensive, da noi, è inferiore alla provincia di Como. Dopo aver appurato che la pandemia non c’è stata, cosa aspettiamo a riaprire tutto? Non possiamo far morire i cinema e i teatri, altrimenti pagheremo due volte il prezzo della chiusura”.

Non siamo i soli a decidere.

“Vorrei che anche a Roma capissero che 11 punti di Pil, per la Sicilia, significa perdere 9 miliardi di produttività e 2,5 miliardi di incassi. E’ vero che il governo nazionale ha imposto delle regole, ma ora basta. Non si può trovare un problema al giorno. Continuino ad applicare le restrizioni in Lombardia, ma ci lascino vivere in pace. Vanno bene le precauzioni per chi arriva da fuori – aumentiamole se necessario – ma non possiamo tenere i cinema chiusi, o limitare l’attività dei ristoranti. La gente sta morendo di fame e si rischiano tensioni sociali che possono sfociare in violenza. Che qualcuno, poi, crei allarme per l’ondata di ottobre è francamente insopportabile. Non sappiamo se ci sarà, ma in quel caso avremo gli strumenti per controllarla. Abbiamo imparato”.

Però anche la Regione ha approvato oltre due mesi fa una Finanziaria che è tuttora bloccata. E chi sta male non potrà che stare peggio senza gli aiuti promessi.

“Finché sua signoria Roma non decide di firmare le carte che gli sono state mandate, c’è poco da fare. Non c’è un solo articolo della Finanziaria che sia stato soddisfatto. Sono tutti soldi ipotetici. Ma i soldi potrebbero esserci a prescindere se riaprissimo tutto, e ricominciassimo a vivere normalmente. Con la mascherina se necessario, anche se a me sa tanto di presa per il cu…”.

Prodi ha invitato Berlusconi nella maggioranza giallorossa. Lei che farebbe?

“I pentiti li abbiamo inventati in Sicilia e ora si sono diffusi anche altrove… (sorride, ndr). Al posto di Berlusconi farei una scelta del genere solo se condivisa dal resto della coalizione. Come accadde a Salvini quando decise di andare col Movimento 5 Stelle, per intenderci. Ma rinunciare al centrodestra per entrare in questa maggioranza sarebbe una follia”.

Ha portato Sgarbi a Palazzo ex Ministeri, dove sorgerà la biblioteca e l’emeroteca dell’Ars. Come vanno i lavori?

“Da quando è finito il Coronavirus, alla grande. Avevo chiesto qualche operaio in più e mi hanno accontentato: adesso sono in diciassette e i lavori procedono rapidamente”.