La collaborazione tra Musumeci e Salvini non parte sotto una buona stella. La Lega, forse, finge di non capire. Di non capire che le manovre del governatore, privo di appigli fino alle Europee, rappresentano un tentativo di accreditarsi come miglior espressione del centrodestra, al Sud, agli occhi del Ministro. In vista dei prossimi appuntamenti elettorali, va da sé, e di una collaborazione istituzionale che a questa terra male non farebbe. Musumeci, però, attraversa un mare in tempesta. La sua è una coalizione sgualcita, che ha perso per strada l’appoggio convinto di Forza Italia – il caso Armao ha creato una barriera con Gianfranco Micciché – e di Fratelli d’Italia. Il partito della Meloni, con cui il governatore è entrato in combutta dopo la candidatura di Stancanelli a Bruxelles, è ancora in attesa del decreto di nomina del nuovo assessore al Turismo, individuato (da settimane) in Manlio Messina.

Musumeci è solo. Il primo naufrago di una lista in via di definizione. Ne fanno parte, per il momento, Luigi Genovese, Luisa Lantieri e Daniela Ternullo. A cui si è aggiunto l’onorevole Tony Rizzotto, unico leghista della legislatura, che il Carroccio  non ha esitato a “cacciare” dopo aver fiutato l’aria (e l’affare). Sono saliti a bordo di “Ora Sicilia”, il gruppo parlamentare dell’Ars – per cui si è speso alacremente Ruggero Razza – che per il governatore rappresenta la sua salvezza politica, la terza gamba del centrodestra, il prossimo “partito della regione”. Oltre che l’ideale testa di ponte per una federazione con Matteo Salvini. La Lega, però, continua a cercarli giovani e incensurati, scevri da trascorsi burrascosi; mentre Musumeci raccoglie i naufraghi più impensabili, e tenta di ricondurli a terra. Mission (quasi) impossible.

La prima adesione, un paio di settimane fa, fu quella di Luigi Genovese. Persona specchiatissima, se non fosse per un’accusa di evasione fiscale e i trascorsi di papà Francantonio (condannato in primo grado a 11 anni per lo scandalo della Formazione); ricco di famiglia, con un bel gruzzolo di voti al seguito. Lo scapolo d’oro che tutti vorrebbero. E’ fuggito dalle grinfie di Forza Italia, dove stava stretto, in prossimità delle Europee, quando decise di appoggiare apertamente Angelo Attaguile, il decano dei leghisti di Sicilia. Andò male. Ma nessuno, compreso Musumeci, ha mai dubitato delle sue indubbie doti: così l’ha voluto al suo fianco, il 15 giugno scorso, per la manifestazione di Diventerà Bellissima in piazza Verdi a Palermo. La fase-2. Quella in cui il governatore ha ribadito la centralità del suo movimento e un impegno diffuso nel Mezzogiorno. “Sono qui per Musumeci” disse Genovese, che qualche giorno dopo annunciò formalmente la nuova creatura di cui diventò capogruppo. Le valutazioni frettolose – “Fossi suo padre, non gli permetterei di candidarsi. Ragioni di opportunità” disse Musumeci prima delle Regionali – non hanno rappresentato un freno.

Ci teneva, il governatore, a impressionare la Lega. Ma il cambio di sponda di Genovese Jr Candiani, coordinatore del Carroccio nell’Isola, l’ha bocciato in partenza: “Il figlio di Genovese, una ex del Pd e una in lista con Lombardo non hanno nulla a che fare con noi. Noi pensiamo ai fatti, loro a fare i guazzabugli”, disse il proconsole di Salvini, che già nell’ultima campagna elettorale – qui mostrandosi coerente – aveva denunciato gli imbarazzi per la presenza del rampollo di famiglia al fianco di Attaguile (voluto in lista da Salvini). Lo stesso pre-giudizio ha investito l’ “ex del Pd” Luisa Lantieri e quella “in lista con Lombardo”, quella Daniela Ternullo che ha ottenuto il badge di palazzo dei Normanni solo a seguito delle sventure giudiziarie di Giuseppe Gennuso, il suo “padrino” politico. Alla Lega queste facce non piacciono. E chi pensava che l’adesione di Tony Rizzotto – non molti, per la verità – fosse servita a ristabilire gli equilibri, si sbagliava di grosso.

Anche stavolta la Lega ha detto no e ha preso il toro per le corna: “Rizzotto ha gettato la maschera aderendo ad un partito che ospita solo transfughi e che nulla può avere a che fare con la Lega” ha spiegato Candiani, denunciandone l’apatia istituzionale (“Non ci servono politici opportunisti che in un anno e mezzo di legislatura hanno prodotto solo 15 atti”) e comunicandone l’espulsione dal partito. I cui effetti sono duplici: 1) la Lega resta senza deputati all’Ars e manda a farsi friggere i propositi di ottenere un assessorato; 2) Musumeci, che agli occhi di Salvini voleva accreditarsi come il “buono”, esce ridimensionato da un compromesso al ribasso, che il Carroccio evidentemente aborra. “In Sicilia stiamo lavorando per portare buonsenso e trasparenza, non ci servono amministratori con una storia politica segnata da tanti punti interrogativi o che cambiano casacca per meri tornaconti personali” insiste Candiani. Sì ai programmi, no agli opportunisti. Musumeci, pian piano, sembra rientrare in questa fattispecie, secondo voci romane.

Ammesso che il governatore guardi ancora con ammirazione a questi della Lega, dovrà cercare una bottega nuova, e magari qualche interprete diverso, per costruire la terza gamba del centrodestra (promessa a Giovanni Toti). “Il governo si tiene fuori dalle dinamiche dell’aula – ha provato a minimizzare qualche giorno fa, in un’intervista a “La Sicilia” – e la mia opinione è più che nota, per averlo detto ufficialmente nei miei interventi in Assemblea: siamo aperti a chiunque voglia sostenere il nostro programma e voglia rafforzarne i contenuti. Questo non vuol dire accarezzare l’idea di cambi di maggioranza che, per chi mi conosce, sono impensabili”. Ma di questo passo, e con queste frizioni, diventa impensabile rinsaldare un asse con la Lega, che guardi al progetto della federazione, delle Politiche e dei collegi con un briciolo di fiducia (reciproca) alla base.

Quella che fin qui ha avuto Salvini nei confronti di Musumeci, ma che Candiani – pur ribadendo il rispetto per la persona – rischia di perdere: “Musumeci? la sua priorità è fare il presidente della Regione e dare delle risposte ai siciliani. Possibilmente con dei concreti elementi di discontinuità che non sempre riesce a dare, per colpa di chi lo circonda”. La storia dei naufraghi ha preso una brutta piega. Musumeci farebbe meglio a invertire rotta prima che Salvini gli chiuda i porti in faccia.