Alessandro De Angelis per HuffPost

Una donna inguaia Sangiuliano, l’altra lo salva (per ora)

Insomma, almeno per un giorno, e la storia è ancora lunga, ha mandato in tilt il governo questa giovane donna (non Madonna) dalle grazie pompeiane con cui Gennaro Sangiuliano ha registrato una profonda “identità di vedute”, al punto da pensare di conferirle formale incarico ministeriale, tranne poi cambiare idea, così ha spiegato alla Stampa. Omettendo però altrettanta sincera delucidazione sull’“a che titolo” le consentiva di partecipare alle riunioni riservate sui percorsi del G7, di leggere documenti ministeriali, di interagire col suo staff. Maria Rosaria Boccia, professione influencer, evidentemente ferita nell’orgoglio e nel sentimento, lo manda in tilt affidando proprio ai social, tra screenshot e allusioni ad audio conservati, la sua versione, che smentisce quella del ministro (leggi qui Federica Olivo sulle incongruenze che inguaiano Sangiuliano). E, immedesimandosi nel poco alato..

Meloni intima ai suoi di lasciare
la ridotta fascista. Per sempre

Ci sono voluti ben otto giorni, per vedere ciò che, a occhio nudo, era già abbastanza evidente. E cioè che quella marmaglia fascistoide, squadernata dai video di Fanpage avrebbe avuto un effetto dannoso (immediato e potenziale) in termini di sputtanamento per Giorgia Meloni, e dunque qualcosa andava fatto e detto. Insomma, Borgo Egnazia e “heil Hitler”, sia pur per folklore, non stanno assieme. E nemmeno, per intenderci, Ursula bis e Raffaele Fitto commissario. E magari, la nostra premier deve aver capito, sempre dopo qualche giorno, anche un’altra cosa: per il ruolo che ricopre, queste cose, purtroppo, non si circoscrivono nei confini di Colle Oppio, ma riguardano la famosa Nazione cui tanto si parla. E quelle immagini erano buone, prima o poi, per aggiornare la famosa foto dello Spiegel, togliendo spaghetti..

Autonomia, Premierato e Giustizia:
i rischi di Meloni coi referendum

Verrebbe da chiedersi se sia frutto del caso o se l’ha pensato qualche Dottor Stranamore questo “terno al popolo”: tre possibili referendum in una sola legislatura, uno per ogni bandiera (l'Autonomia di Salvini, il Premierato di Meloni e la Giustizia di Tajani). C’è già, se non la prima data, la ragionevole certezza che la prossima primavera si terrà la prima battaglia referendaria (quella sull’Autonomia). In assenza di regia, l’appuntamento rappresenta un non banale paradosso. Tipo: le Europee certificano che Giorgia Meloni, centralista, è il primo partito al Nord e il primo provvedimento che viene approvato è la rivincita della Lega anni Novanta, l’anti-centralismo par excellence anche rispetto alla Lega vannaccizzata. Olè. Continua su Huffington Post

Il Conte calimero non trova casa nella sinistra d’Europa

Ci sarà una “sorpresa”, dice Giuseppe Conte in tv a Nicola Porro, con una certa abilità scenica. Ma, forse perché ancora non è confezionata, forse per alimentare l’effetto suspense, si limita solo a un accenno: “In Europa saremo in un gruppo dell’area progressista”. I Cinque stelle e le famiglie politiche europee: storia lunga e mai risolta, che sembra una perversione da addetti ai lavori, in verità è la sostanza dell’equivoco, perché siccome nel mondo, e dunque in Europa, esistono la destra (nelle sue varie declinazioni) e la sinistra (nelle sue varie declinazioni), chi ha la pretesa di andare “oltre destra e sinistra”, alla fine resta apolide. Pensi, ma la questione è un po’ più complicata. Andando a scavare, un po’ registri che l’“area in questione” non è certo il gruppo..

Schlein travolta dal Pd:
non gestisce più nulla

Bisogna raccontarla dall’inizio questa storia semplicemente incredibile. Voleva candidarsi ovunque, Elly Schlein, contro Giorgia Meloni, ritenendo vantaggiosa la polarizzazione del gioco a due. E mutuando dalla premier una condotta – e un inganno – inediti a sinistra: mi metto in lista per Bruxelles, ma poi non vado. Lo fece per primo Silvio Berlusconi vent’anni fa. Ma, davanti alle resistenze del suo partito ha cambiato lo schema. Voleva, a quel punto, candidare ovunque dei civici, tutti esterni e in contraddizione tra loro per storia e convinzioni. Un aperto atto di sfiducia nei confronti del suo partito, praticamente la seconda tappa delle primarie. Ma non è riuscita perché, avendo accettato il negoziato con le correnti, ha dovuto cedere un po’ qui un po’ lì. Per nascondere il cedimento, ha proposto dunque di..

L’Abruzzo non è la Sardegna
Meloni batte il campo largo

Lì dove tutto ebbe inizio cinque anni fa, annunciando l’onda che sarebbe arrivata a livello nazionale. Lì, stavolta, le urne abruzzesi annullano l’effetto Sardegna. Non sarà un nuovo inizio, così come il risultato opposto non avrebbe fatto cadere il governo. E forse bisognerebbe ri-abituarsi tutti a non considerare ogni appuntamento elettorale come una partita della vita, sempre e comunque, in attesa del prossimo Ohio: tutto è importante e ha un valore politico, ma contano anche le variabili locali indipendenti dal quadro nazionale. Però questo risultato, pur non essendo una partita della vita, è destinato a ricambiare radicalmente il clima nazionale, in senso opposto rispetto alla Sardegna. Continua su Huffington Post

Conte dopo la Sardegna detta
le condizioni per il campo giusto

L’indicazione ce la dà il siparietto serale con Bruno Vespa. Quando il principale candidato a condurlo, maliziosamente, chiede a Giuseppe Conte se si sente un po’ escluso dal duello Meloni-Schlein, la risposta – a malizia, malizia e mezza – vale un programma: “Vorrà dire – afferma serafico l’ospite – che se quel duello lo vince Elly Schlein, la partita è chiusa, se invece lo vince Giorgia Meloni se la vedrà con me…”. E qui il cronista, malizioso pure lui, può aggiungere diversi sottotesti a suo piacimento: da un “già mi frego le mani” a “le farò vedere i sorci verdi” a un “dopo l’avversaria di comodo arriva l’avversario vero”. E se si passa dal sottotesto alla traccia di quel che ha in mente si comprende che il campo giusto di..

Meloni ha perso la Sardegna
Primo colpo per Elly Schlein

L’entità della sconfitta per Giorgia Meloni è in un dato, che certifica il fallimento della sua operazione politica, sia pur nell’ambito di un risultato sul filo, solo grazie al Terzo Polo di Renato Soru, altrimenti non ci sarebbe proprio stata partita. Quello di Paolo Truzzu, il candidato scelto col criterio della fedeltà più che per meriti, confidando, con un certo spirito di onnipotenza, nella propria forza di trascinamento plebiscitario. Il sindaco di Cagliari che perde proprio nella sua città di 13 punti e registra, su scala regionale, un consenso inferiore a quello delle liste che lo sostengono: sono le cifre di un profondo rigetto di una candidatura calata dall’alto e vissuta come estranea alla realtà sarda, in una regione per antonomasia gelosa della sua autonomia al punto che, per vincere,..

Vergogna a Pisa. Il Mattarellum contro il Manganellum

Entrano come un bisturi nel cuore del problema, anzi dei tanti problemi sollevati dalle manganellate a Pisa contro gli studenti, queste parole di Sergio Mattarella che svegliano dal sonno prefettizio il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi richiamandolo, assieme al governo, alle sue responsabilità. E non ci sarebbe stato bisogno, in un paese normale, del capo dello Stato per constatare che a Pisa qualcosa non ha funzionato e che sarebbe necessario spiegare il che cosa. Perché la ferita, sottolineata dall’onda emotiva che ha riempito piazza dei Cavalieri e scosso il paese, è aperta: studenti accerchiati e pestati, neanche fossero degli eversori, nell’ambito di una manifestazione con non più di cento persone pacifiche e a viso scoperto. Entrano come un bisturi nel cuore del problema, anzi dei tanti problemi sollevati dalle manganellate a..

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