Giuseppe Sottile

Mirri e l’affare
del centro sportivo

Chi credeva che Dario Mirri, grintoso patron del Palermo, avesse acquistato la squadra di calcio solo per un illibato amore verso lo sport, si ricreda quanto prima. Il giovane manager discende da una dinastia imprenditoriale molto attiva e aggressiva; e in questi giorni sta dimostrando a tutti, grandi e piccini, di che erba è fatta la scopa. La partitina di calcio è cosa bella e divertente, i tamburi dei tifosi possono essere anche una piacevole macchia di colore, ma ancora più eccitante è l’affare immobiliare che Mirri pensa di realizzare su un terreno della Favorita, che è demanio pubblico. Vuole costruire un centro sportivo per addestrare i talenti del nuovo e glorioso Palermo, così dice. Pensa quanto valore acquisteranno le sue azioni se l’affare andrà in porto. Se la Regione..

Se nessuno governa
siamo già alla Vandea

Anche la Sicilia ha la sua Vandea. Anche la Regione di Nello Musumeci ha un luogo dove è tollerata ogni scorribanda, dove le cosche di potere si incontrano e si scontrano; tanto non c’è mai un governo in grado di dettare regole certe. Prendiamo la farsa che si è recitata ieri sul teatrino dell’Orchestra sinfonica. Un ex usciere si è incoronato con le proprie mani presidente del consiglio di amministrazione. Lì per lì sembrerebbe una macchietta da avanspettacolo. Ma se ci guardi dentro trovi che il bravuomo, chiamiamolo così, è un fedelissimo di Esterina Bonafede, l’ex sovrintendente che non sa più quale gioco sperimentare pur di tornare a galla. Intanto intorbida le acque. A questo punto servirebbe un governo in grado di governare, di fare finalmente una nomina seria e..

La funesta leggenda
del santo seminatore

C’era una volta un governatore venuto da Catania… Potrebbe cominciare così la favola di Nello Musumeci, il presidente della Regione che ha bruciato oltre due anni del suo mandato con la pretesa di seminare il bene per contrastare il male. Fateci caso. A chiunque gli chieda se abbia mai realizzato un’opera pubblica, se abbia mai varato una riforma, se abbia mai portato al macero uno dei tanti carrozzoni clientelari o se abbia mai richiamato all’ordine il bullo che piritolleggia alla sua destra, il governatore risponde serafico: “Abbiate, pazienza: stiamo seminando”. Intanto però, le crudeli cifre fornite dalla realtà dicono che l’economia siciliana è già al di sotto del baratro, che il Pil ha superato ogni nefasta previsione e sta per attestarsi a meno zero virgola quattro. Basterà questo nero scenario..

Quattro schiaffi
per quattro assessori

C’è una cosa che in politica spaventa più della corruzione e della disonestà. Ed è la miseria culturale. Ne hanno dato prova quattro assessori regionali: Marco Falcone, Bernadette Grasso, Totò Cordaro e Mimmo Turano. Livesicilia li ha pescati con le mani nella marmellata. Discutendo sull’ipotesi di tirare un pacco al Fondo pensioni degli impiegati – costretto ad acquistare, per 23 milioni, immobili privi di un valore documentato – i suddetti hanno approvato, naturalmente senza fiatare, la proposta della coppia Musumeci & Armao. Dimenticando che tre anni fa, quando la stessa operazione truffaldina voleva farla Crocetta, avevano invece sbandierato una tesi di decisa opposizione. Non solo. Messi di fronte alla contraddizione, hanno pure avuto il coraggio di alzare il ditino per puntualizzare non si sa che cosa. Hanno preso quattro schiaffi...

Dopo la commozione
si torna ai vecchi vizi

Sogno stati lì per due giorni a commemorare Piersanti Mattarella e a stringere le mani del fratello Sergio, oggi Capo dello Stato. E per due giorni hanno reso omaggio al rigore morale del presidente della Regione assassinato quarant’anni fa in via Libertà, a Palermo, da un killer che è rimasto sconosciuto. Non solo. Il sindaco Leoluca Orlando ha intestato alla sua memoria un giardino al centro della città e il governatore Nello Musumeci non ha mai smesso di ricordare il principio sacrosanto delle “carte in regola”. Ma, concluso il rito della commemorazione, Orlando è tornato al populismo guascone con il quale da più di vent’anni finge di governare Palermo, mentre Musumeci è tornato a impasticciare i bilanci della Regione con il bullismo devastante già pesantemente sanzionato dalla Corte dei Conti...

Il fiore mancato
per Salvo Licata

Finalmente. Il sindaco Leoluca Orlando si è ricordato che Palermo ha avuto un giornalista libero e libertario, che è cresciuto al giornale L’Ora ma è sfuggito a ogni contaminazione forcaiola, che è transitato dal Giornale di Sicilia ma non ha avuto alcuna sudditanza verso il potere, che ha inventato il cabaret ma non ha mai ceduto né allo sfregio né all’insulto, che è stato un militante di sinistra ma non si è lasciato intrappolare né dalla spocchia intellettuale né dal pregiudizio ideologico. Si chiamava Salvo Licata. Fu uomo di penna e chitarra, di strada e di teatro, di cronaca e poesia. Il Comune ha assegnato uno spazio alla sua memoria, al suo archivio. Forse meritava un posticino – un omaggio o un fiore – anche nel libro corale scritto da..

Aiuto, giocano
con le pensioni

Aiuto. Gli inaffidabili bulli di Palazzo d’Orleans, gli stessi che hanno portato la Sicilia al disastro, stanno per mettere mano – e che mano – sul fondo pensioni, sui soldi che dovrebbero garantire un futuro agli impiegati regionali. Aiuto. Vogliono raschiare anche l’ultimo barile e appropriarsi di qualcosa come 22 milioni. In cambio cedono misteriosissimi immobili intestati alla Regione, dei quali però non conoscono né il valore né la consistenza. Aiuto. Stanno per montare un altro bluff, molto simile nella sostanza al censimento farlocco con il quale hanno consentito a un clan di avventurieri di incassare un bottino di 110 milioni e di trasferirlo in parte nel paradiso fiscale del Lussemburgo per motivi che nessuno saprà mai: tangenti, forse. Aiuto. Chi può – sindacati, Corte dei Conti, Assemblea regionale, Commissione..

L’ultimo travestimento
di un bullo impenitente

Nel misero teatrino della politica siciliana c’è un ultimo travestimento. Il bullo, già commissariato da Roma perché inattendibile, ha indossato nuovamente il vestito dell’indignato ed è messo lì che agita la durlindana contro le “cure da cavallo” imposte da Palazzo Chigi alla Regione per rimettere in ordine i conti che proprio lui, il bullo, ha squinternato con la sua arroganza, con la sua spocchia, con la sua inconcludenza. I ministri, che pure hanno concesso alla Sicilia un provvedimento da ultima spiaggia, ovviamente se la ridono: ormai considerano il bullo nient’altro che una macchietta della politica. Ma ciò che stupisce, in questo teatrino, è la faccia di Nello Musumeci. Il governatore sa che il macchiettismo del suo braccio destro compromette seriamente il futuro di questa terra. Però non trova il coraggio..

Chi è il magistrato più coraggioso?

S’avanza Gratteri, con una retata di trecento boss della ’ndrangheta. Vuole imitare Giovanni Falcone. Ma sul piedistallo più alto c’è ancora Di Matteo

Gerenza

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