Giuseppe Sottile

Un impresentabile
e venerato maestro

Renato Schifani ha creduto bene di appuntarsi la medaglietta della Finanziaria approvata quest’anno entro i termini di legge e senza il malefico ricorso all’esercizio provvisorio. Ma il comune senso del pudore avrebbe dovuto forse consigliare al presidente della Regione la via del silenzio. Lui, per questa Finanziaria, non ha fatto nulla. Non ha partecipato ai lavori d’aula, non ha dialogato con le opposizioni, non ha conosciuto la fatica delle notti bianche a Sala d’Ercole. Il merito va a Marco Falcone, l’assessore al Bilancio. Al quale Schifani ha inflitto invece ogni sorta di umiliazione. Non ultima quella di avere scelto, come fraternissimo consigliere e come modello per il proprio governo, un impresentabile Gaetano Armao, predecessore di Falcone al Bilancio e noto alla Corte dei Conti per avere combinato negli ultimi cinque..

Metereologico,
solitario y final

Schifani non replica, non protesta, non grida, non strilla, non urla, non impreca. Schifani tuona. E’ un presidente metereologico quello che viene fuori dallo scontro con il ministro della Protezione civile Nello Musumeci e, più in generale, con il governo Meloni. Ma anche se gonfia i muscoli per apparire gagliardo e leonino, Renato Schifani è ormai alle corde. Aveva già litigato con Lombardo e con Salvini; aveva già rotto i ponti con Marco Falcone, astro nascente di Forza Italia; aveva già compromesso la sua amicizia con Totò Cuffaro. Nel deserto delle alleanze gli restavano solo i patrioti, tenuti a freno da Ignazio La Russa. Ma il corpo a corpo con Musumeci narra un capitolo nuovo e malinconico: il re è nudo, solitario y final. Segno che pure i palazzi romani..

Quanto pesa lo schiaffo
giunto da Palazzo Chigi

Ignazio La Russa, il patriota che gli ha fatto da padrino, lo aveva presentato come uno statista di solida e collaudata esperienza, come il presidente che avrebbe potuto chiudere la propria carriera politica con un colpo d’ala. Ma dopo un anno di permanenza a Palazzo d’Orleans, Renato Schifani è già un pugile suonato. Mediamente riceve un ceffone ogni due giorni. I malrovesci non arrivano solo dal destino cinico e baro. Arrivano soprattutto dai suoi alleati. L’ultimo – quello che nega i risarcimenti per i devastanti incendi dell’estate scorsa – glielo ha assestato, direttamente da Palazzo Chigi, il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci. “Non mi riconosco in questo Stato”, ha dichiarato Schifani. Ma forse è “questo Stato” che non riconosce più autorevolezza a un presidente della Regione sempre più attorcigliato..

Carte in regola
e carte coperte

Coincidenze. Nel giorno di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione ucciso 44 anni fa in via della Libertà, Renato Schifani – che per un gioco sfrontato del destino si ritrova a ricoprire lo stesso incarico – ha detto che “celebrare la memoria” di chi “ha combattuto la mafia attraverso scelte politiche e azioni di governo, significa onorare l’impegno per l’affermazione della trasparenza, della legalità, dell’efficienza nella pubblica amministrazione”. Parole sante. Se non fosse che nelle stesse ore Schifani e altri dichiarazionisti della sua filiera hanno isolato – linciato, stavo per dire – un consigliere che chiedeva un po’ di trasparenza su una spesa del Comune di Palermo. Mattarella aveva fatto delle “carte in regola” la sua religione di governo. Quest’altri, che pure lo commemorano, oscillano tra le “carte coperte” e..

Ma quanto è vecchia
la “gente nuova” di FdI

Carolina Varchi sta alla Meloni come Bernardette sta alla Madonnina di Lourdes: in perenne adorazione. La sua azione politica si svolge dentro questo cerchio mistico: “Ich und Thou”, avrebbe detto il teologo Martin Buber. Poi c’è Giampiero Cannella. Doveva essere il patriota colto, saggio e affidabile: nulla a che vedere con Maurizio Carta, l’assessore fru fru dai mille selfie e zero tituli, per dirla con Mourinho. Pensavamo che due personalità così bene affilate potessero allentare l’odore di muffa che si respira dentro il Comune di Palermo. Invece niente. Quella che credevamo la “gens nova” di Fratelli d’Italia si è dimostrata più vecchia della peggiore classe democristiana. “Qui comandiamo noi, il potere siamo noi”. E se qualcuno si azzarda a porre una domanda su come viene gestita la cosa pubblica loro..

L’ombra di F. J. Haydn
sull’Orchestra sinfonica

La musica è bellezza, è ispirazione, è spiritualità. Ma se messa in mano agli stregoni della politica rischia di diventare uno strumento di potere. Il concerto di Elodie ha divertito migliaia di appassionati. Ma è pure servito al sindaco Lagalla per nascondere l’indecenza di una monnezza che ammorba la città. Il concerto di Capodanno dell’Orchestra sinfonica ha allietato il pubblico e la corte di Schifani ma è servito anche per appannare la precarietà di un sovrintendente che non riesce a chiarire le contestazioni – mangia, in barba alla legge 26 del 2012, in altri quattro piatti della Regione – sollevate dall’ex presidente Cuccio. Se non si fa chiarezza prima o poi assisteremo a ciò che non vorremmo mai vedere. Nel finale della Sinfonia degli addii di Franz J. Haydn i..

Non vuole assessori
ma dodici ventriloqui

Se non fosse un soldato della spregiudicata corrente turistica di Fratelli d’Italia, in questo caramelloso Capodanno potremmo anche spendere un applauso per Francesco Scarpinato, assessore regionale ai Beni Culturali. Schifani non lo sopporta e non perde mai occasione per chiuderlo in un angolo. Ultimamente l’esponente dei patrioti ha deciso di aumentare i biglietti d’ingresso nei musei e lo ha fatto avvalendosi dei propri poteri. Apriti cielo. Il presidente della Regione è andato su tutte le furie, manco fosse in una sceneggiata napoletana: ha sostenuto di non essere stato informato e ha costretto l’irrequieto Scarpinato a revocare il decreto. Robetta da avanspettacolo. Schifani pretende che gli assessori siano fatti a immagine e somiglianza di Marcello Caruso, ufficialmente segretario siciliano di Forza Italia ma in realtà suo devoto e personale ventriloquo.

Più che un Presepe
sembra un Calvario

Più che un Presepe sembra un Calvario. Un Golgota, addirittura. Quest’anno i furbetti della politica hanno sottoposto il Bambinello ad ogni tortura, ad ogni tormento, ad ogni crudeltà. Le danze, ciniche e bare, sono state aperte dal partito di Emma Bonino che ha trasformato la grotta di Betlemme in una arlecchinata dove il Figlio di Dio prima appare in compagnia di due Madonne, poi con due Giuseppe, poi la Madonna single veglia su due Gesú, uno dei quali con la kefiah, e poi ancora la Madonna, sola e abbandonata, con il suo chador. Povero Cristo. Non poteva capitargli un Natale peggiore. Non bastavano le mascherate della Bonino. Si è piazzato davanti al Presepe pure il governatore della Sicilia, Renato Schifani, con una litania di auguri che dura già da dieci..

Aspettiamo con ansia
gli auguri di Capodanno

Il palcoscenico siciliano è ricco di maschere, di imbroglioni, di fantasmi. C’è la finta attrice che va in giro a tutte le ore addobbata per le feste, manco fosse la femme fatale della Grande Bellezza. C’è la finta scrittrice che, dopo avere scarabocchiato tre libri con le memorie e le tarantelle di famiglia, non sa più se paragonarsi ad Agatha Christie o a Jane Austen o a Oriana Fallaci. Addirittura. E c’è il finto uomo politico che a Natale ci parla di solidarietà e buoni sentimenti, che ci ricorda la sofferenza degli ultimi e i valori dell’onestà, che ci invita alla concordia e alla tolleranza. Senza rancori e senza livori. Ma forse si è sbagliato. Per esser certi aspettiamo gli auguri di Capodanno. Può darsi che, come la Ferragni, ci..

Presepe & rancori
Auguri da Schifani

Per carità, il presepe che si vede alle sue spalle merita tutto il nostro rispetto e pure la nostra devozione. Ma gli auguri di Renato Schifani per questo Natale meritano qualche annotazione. Il messaggio – “Cresceremo, lo faremo insieme” – somiglia tanto a una dichiarazione programmatica. E, come tutte le dichiarazioni fatte per apparire, è destinata al fallimento. Il presidente della Regione, in questo primo anno di permanenza a Palazzo d’Orleans, non è riuscito a stare “insieme” nemmeno con i partiti della sua maggioranza: ha litigato con Matteo Salvini e con Raffaele Lombardo, s’è scontrato con Antonio Tajani, si guarda in cagnesco con Marco Falcone, è in freddo persino con Totò Cuffaro. Colpa del suo carattere, indubbiamente. E di quei pietrosi rancori che, sempre più spesso, finiscono per ottenebrare le..

Gerenza

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