C’è il Pd dopo una vita da democristiano. L’evoluzione della specie e della politica: “E’ un passaggio che ho ritenuto più coerente con la mia cultura. Uno sviluppo che vede convergere le realtà che fino ad allora si erano contrapposte, ovviamente depurate di tante scorie. Da una parte l’esperienza dei cattolici democratici, dall’altra quella di una sinistra non più comunista”. E’ per questo che Calogero Pumilia, 83 anni, una vita passata nei sottogoverni di Andreotti e Cossiga, oggi sventola la bandiera del Partito Democratico. Lo fa dal 2007. Quando era ancora dentro le istituzioni. Ha smesso quattro anni fa con l’ennesima esperienza da sindaco nella sua Caltabellotta, in provincia d’Agrigento. Il suo impegno continua nella commissione regionale di garanzia del Pd (è stato uno degli arbitri nella partita congressuale che ha portato alla proclamazione di Faraone). Ora è spettatore nella battaglia a tre che domenica prossima, nei gazebo, porterà all’elezione del nuovo segretario nazionale.

Pumilia resta tangente alla politica attiva. Ma negli anni ha maturato la passione per la scrittura. Giovedì 28 febbraio, in compagnia di Giovanni Fiandaca e Marco Follini, presenta a Palazzo Branciforte, a Palermo, la sua ultima fatica letteraria. Il libro si chiama “Partecipazione e Cambiamento – Un’autobiografia della politica siciliana”. “Ho già scritto di altre vicende siciliane legate alla mia esperienza politica – ci precede Pumilia – Più memorialistica che testi storici. Questo libro, basato su documenti ufficiali, si riferisce ai miei primi trascorsi nell’Azione cattolica e fra i giovani dello scudocrociato, fino a quando nel 1972 fui eletto per la prima volta al Parlamento nazionale”. Da quando, cioè, la Sicilia non rappresentò più il suo interesse esclusivo.

Quello di Pumilia, per sua stessa ammissione, è anche il tentativo di colmare un vuoto. “Mentre esiste una ricca memorialistica di sinistra – spiega l’ex sottosegretario al Lavoro e alla Previdenza sociale – c’è molto poco sul fronte cattolico e democristiano”. Così arriva lui, con le sue storie e i suoi trascorsi. Con le battaglie che ne hanno segnato la crescita e l’evoluzione in senso civico: “La più intensa è quella che, assieme ad altri ragazzi dell’epoca, compiemmo negli anni ’60 contro la mafia. Con la rivista “Sicilia Domani”, sfidammo i centri di potere siciliano – allora erano gli esattori e la società finanziaria – e incidemmo sul piano politico, con una iniziativa che portò a chiedere unanimemente una commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia. Fu una bella esperienza”.

In questi giorni la parola “centro” è tornata di moda nel dibattito regionale. Merito di Musumeci e del suo movimento, Diventerà Bellissima, che hanno scelto di abbandonare la destra, dove non c’è più spazio, e rivolgersi a cattolici, liberali e moderati. Un elettorato stanco, deluso, assenteista. Quasi disperso: “Bisogna capire – ribatte Pumilia – se è un tentativo di posizionamento tattico o una scelta coerente. Ho l’impressione che si cerchi un centro che non c’è più. La realtà politica italiana è fortemente radicalizzata, e in modo sbagliato. Spero che un centro riemerga. Ma al momento non lo vedo all’orizzonte”. Qualcuno, sporadicamente, prova a riempire quel buco. A mancare non sono i pretendenti, ma gli elettori: “Bisogna sempre pensare all’inadeguatezza di una proposta politica prima che all’incapacità della gente di comprenderla. Il centro è intimidito, resta a casa, non partecipa alla vita politica. Colpa di questa radicalizzazione in atto a destra. Che sta tentando di cancellare, o comunque attenuare, gran parte dei valori che derivano dalla nostra costituzione e dalla nostra storia. E sta soffocando persino le intenzioni migliori del Movimento 5 Stelle”.

Non lo cita mai, ma il bersaglio è lui: Matteo Salvini. “Anziché gioire per il successo della sua coalizione in Sardegna, l’unica cosa di cui si è preoccupato è la polemica col Pd. Sono ultrà, tifosi, non hanno la cultura dell’avversario con il quale confrontarsi, e che va comunque rispettato. Ma del nemico da inseguire in qualsiasi occasione”.

Il tema del lavoro è caro a Pumilia. Il reddito di cittadinanza, secondo l’ex sottosegretario, non è un errore a prescindere: “Una risposta alla miseria, alla mancanza di lavoro bisogna pur darla. Quindi non c’è alcuna polemica preconcetta verso chi immagina di intervenire per alleviare questi problemi. Ma la sensazione è che lo strumento prescelto sia un’ulteriore precarizzazione, che introdurrà una sorta di LSU aggiuntivi rispetto ai tanti che popolano la Sicilia. Il tema, qui bisognerebbe soffermarsi a lungo, è la assoluta mancanza di prospettiva di uno sviluppo autentico della nostra terra”.

Il lavoro, invece, non è più pregnante nella proposta politica dell’attuale Pd, a cui Pumilia si sente di appartenere. E che domenica prossima, ancora una volta, cerca di riemergere attraverso un congresso: “E’ una fase difficile, di transizione, in cui il partito sconta una serie di difficoltà ed errori commessi negli ultimi anni. Ma anche il ritardo con cui sta avviando questa procedura delle primarie. Personalmente mi auguro ci sia una rifondazione del Pd e, più in generale, del centrosinistra italiano”. Ma la crisi “dem” meriterebbe un capitolo a parte. Forse, addirittura, un nuovo libro.