Alle sette e quaranta il tetto è crollato, senza rumore, con un passo leggero, ma tutto insieme e in un batter d’occhio, è crollato come un castello di carte, in un pomeriggio d’aprile sereno, terso, azzurro, e dopo un quarto d’ora dal ponte dell’Arcivescovado, tra la folla derelitta e incredula, tra le sirene di polizia e pompieri, ho visto sinistro e piangente il reclinarsi della flèche di Viollet-le-Duc, l’esile torre con la croce in cima, quindici minuti di un… L’articolo completo su ilfoglio.it