A offrire un cambio di prospettiva alla politica siciliana, quasi in sordina, è stata la proposta federativa avanzata dal segretario regionale del Carroccio, Stefano Candiani, e dal deputato modicano Nino Minardo che a suo tempo – quando l’unica federazione prospettata ai leghisti era quella con Musumeci –  fermò i rotocalchi e disse: “Facciamola con tutti i partiti del centrodestra”. L’idea germogliata in questi giorni, più o meno, ci si avvicina. Non è ancora tempo di grosse koalition – sono lontani i grandi appuntamenti elettorali – ma qualcosa inizia a muoversi. E la prima fucina per sperimentare amicizie (politiche) vecchi e nuove è la data del 4-5 ottobre quando 62 comuni siciliani sono chiamati al voto per eleggere i nuovi sindaci. La Lega ha deciso di esserci col proprio nome e con il proprio programma, sul quale cercherà di far confluire le migliori risorse. In molti si stanno già prenotando.

Anche se Minardo ha parlato chiaro: “Non siamo interessati a federazioni in chiave elettorale. Noi facciamo accordi di natura programmatica, che possano durare nel tempo. Ma prima ci muoviamo, meglio è”. Non sarebbe corretto, in senso generale, asserire che il Carroccio vuole sfondare al centro (anche se i lombardiani sono tra i più interessati). Punta, bensì, a coloro che da tempo covano sotto il tappeto spinte sicilianiste e indipendentiste, come, per l’appunto, il partito dell’ex presidente della Regione, ormai al riparo dalla scena politica. Ma ce ne sono altri, tanti altri: uno dei primi movimenti ad aver aderito alla filosofia di Candiani&Minardo è l’Unione di Siciliani, di cui è presidente onorario l’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao. Che in un certo senso, alla Lega, ammicca già da un po’. Alle ultime Amministrative di Gela, la città della compagna Giusy Bartolozzi, scelse di sostenere pubblicamente il candidato del Carroccio Giuseppe Spata, mandando su tutte le furie gli Stati Generali della Forza Italia siciliana, con cui è in rottura prolungata da più di un anno. E’ stato il suo portavoce, Rino Piscitello, a manifestare “interesse e disponibilità al confronto”.

Ma sono tanti, a livello regionale, i movimenti civici che vorrebbero, o potrebbero, aderire alla proposta: sulla bocca di tutti c’è, ovviamente, Diventerà Bellissima. Che per la verità si era mossa con qualche mese d’anticipo, cercando di corteggiare Salvini fin nelle segrete stanze del Senato, la scorsa estate. Il matrimonio d’interesse non s’è mai fatto e l’infatuazione degli inizi s’è un po’ spenta. La manovra tardiva della Lega non sembra, per la verità, averla riaccesa. Diventerà Bellissima, come sostengono i bene informati, vorrebbe un rapporto d’esclusiva, che al momento – però – appare scongiurato. L’altro obiettivo, nemmeno così nascosto, si chiama “Sicilia Vera”: è il movimento di Cateno De Luca e Danilo Lo Giudice (che ne fa le veci all’Ars da quando Scateno è diventato sindaco di Messina). Tra De Luca e Salvini la stima è reciproca e i messaggini si sprecano. Mentre il primo cittadino non sembra più coinvolto nel progetto dell’Udc. Da cui – non è un mistero – ha preso facilmente le distanze (quando si è reso necessario) pure Vincenzo Figuccia, altro esponente di grido all’Ars, e fondatore di “Cambiamo la Sicilia”. In passato pensava di fare del suo movimento un polo attrattivo per tutte le anime perse della Trinacria (se ne contano a decine), ma l’idea non è mai attecchita del tutto. La Lega potrebbe offrirgli un’altra chance.

Attorno al progetto delle identità e delle autonomie di matrice leghista (Minardo ha specificato che “noi siamo già una federazione e un partito storicamente legato ai territori”), potrebbe convogliare pure l’ex Mpa. Le prime aperture sono arrivate dal vicepresidente dell’Ars, Roberto Di Mauro, che ha ripreso a giocare di squadra con gli altri due deputati del suo schieramento: Compagnone e Pullara. Quest’ultimo, però, ha presentato settimane fa un disegno di legge per “scippare” al neo assessore Samonà la delega all’identità siciliana e restituirla al presidente della Regione. Non esattamente un gesto di galanteria nei confronti dei (potenziali) alleati di domani. In questo modo, la Lega potrebbe ricostituire attorno a sé una galassia variegata e sensibile alle dinamiche siciliane, che nessuno – da Lombardo in giù – è mai riuscita a ridisegnare adottando criteri d’efficienza e d’appartenenza.

Chi non sarà della partita, perché con Candiani non corre buon sangue dai tempi delle Europee, è Ora Sicilia di Genovese jr. Mentre è tiepido l’interesse di Attiva Sicilia, i grillini scissionisti dell’Ars: a suo tempo Angela Foti disse che si sarebbe fatta bionda piuttosto che leghista. L’obiettivo (dichiarato) di Minardo non è soltanto fare incetta di “compagni” a Palermo, ma soprattutto a livello locale. Tra quei movimenti civici – preferibilmente nel campo del centrodestra – che si apprestano a partecipare alle prossime Amministrative e un domani, nelle realtà locali, potrebbero garantire un bel granaio di voti e di spunti utili. Al check in, il Carroccio dovrebbe mantenere lo stesso rigore morale utilizzato per la selezione della classe dirigente, ma non potrà essere schizzinoso se l’obiettivo è allargare il campo, e non restringerlo. In questa federazione in fieri, la Lega è come il sole, e tutti le ruotano intorno.

Ma il partito di Salvini non è l’unico a provare l’ebbrezza dell’accoppiamento, soprattutto in questa fase. La mossa di Candiani, infatti, potrebbe scalfire le (poche) certezze del centrodestra siciliano e, soprattutto del mondo dei “moderati”, rimasti orfani – dai tempi di Totò Cuffaro – di un punto di riferimento imperituro. Le ultime manovre in atto all’Ars, ma soprattutto nella composizione delle liste per l’appuntamento di ottobre, mostrano infatti una certa attrazione tra Forza Italia e Italia Viva. Tra berluscones e renziani. Che almeno non si guardano più in cagnesco. L’approvazione della legge sulla semplificazione delle procedure amministrative, qualche giorno fa, è il capolavoro balistico di Gianfranco Micciché e Luca Sammartino, che hanno osato sfidare il governo per portare a casa la pagnotta. E sono riusciti nell’intento, pur dovendosi turare il naso di fronte all’emendamento che consegna al presidente della Regione pieni poteri commissariali in caso d’emergenza.

L’asse tra i due partiti c’è ed è solido, e anche a livello locale sono caduti tutti i paletti. Non sarà un dramma né una sorpresa ritrovarsi dalla stessa parte della barricata. Era successo qualche tempo fa a Gela, quando forzisti e renziani (l’ala del Pd riconducibile a Davide Faraone) sostenevano entrambi Lucio Greco, poi sindaco vittorioso. L’esperimento sarà tangibile anche stavolta, sebbene la presenza delle liste civiche – in qualsiasi momento – metterà al riparo da eventuali imbarazzi o responsabilità. Ad Enna, sia Forza Italia che Italia Viva potrebbero sostenere la ricandidatura dell’uscente Maurizio Dipietro; a Carini, il centro più grosso del Palermitano in cui si vota, Salvatore Sgroi, contro il candidato del Pd. Persino ad Agrigento l’asse potrebbe ricompattarsi. Il laboratorio siciliano, che entra in funzione almeno una volta l’anno, sta lavorando a un prodotto che nessuno ha ancora avuto il coraggio di testare. Renzi e Berlusconi insieme? Sia mai, dicono altrove. Altrove, tranne che in Sicilia. Dove l’unico antidoto al proliferare del destra-centro (consolidato al governo della Regione), sembra proprio il Renzusconi. Con la benedizione di Sammartino e Micciché.