“Poi dicono che gli italiani non leggono: non è vero. A confermarlo è Stefania Auci, l’autrice della saga dei Florio che anche questo, come lo scorso, ha scritto il romanzo più venduto dell’anno sia nelle librerie che su Amazon”. Lo scrive su Dagospia il critico letterario Gianpaolo Serino. Che non usa mezzi toni contro l’autrice siciliana: “I leoni di Sicilia, il primo volume di quella che più una saga è un sagone, lettura a vanvera di una Giovanni Verga Hag: è decaffeinata. Nessuno spunto, nessun guizzo se non una storia piacevole, una narrazione più che piatta ultrapiatta, uno stile di scrittura che sembra creato da un software talmente è perfetta per fare colpo sui lettori da autogrill e supermercati”. E continua: “Senza nulla togliere a questi ultimi anche il seguito “L’inverno dei leoni” è qualcosa che dovrebbe spingerci a riflettere: forse c’è bisogno non di corsi di inglese a dispense ma di italiano. I due romanzi di Stefania Auci sono la sciatteria da anticamera della paccottiglia narrativa che deprime chiunque faccia il critico letterario”.

L’affondo di Serino occupa un intenso (e lungo) articolo su Dagospia: “Due romanzi illeggibili – è l’assunto del critico letterario -: non c’è pagina che non contenga banalità. Prendiamo “L’inverno dei leoni” il più venduto dl 2021: si inizia alla seconda riga leggendo che “il mare è sfuggente” e quindi “l’essere umano non può che piegarsi al suo volere”. Quante caselle? Lasciamo la risposta su cosa significhi che “il mare è sfuggente” agli amanti della “Settimana Enigmistica” e andiamo avanti. Dopo mezza pagina dedicata al rapporto tra i siciliani e il mare da far invidia per originalità a “Il Gabbiano Livingstone” d’improvviso ci imbattiamo nella più pura poetica della Auci quando “un sussurro, un mormorio è portato da una bava di vento”. Una bava di vento? Converrò non uscire più nelle giornate ventose se non vogliamo rincasare con i vestiti inzaccherati come quando andiamo a trovare un amico con un mastino napoletano che sbava ovunque”. Gli esempi sono tanti, tutti pungenti: “Poi assistiamo alla morte di Vincenzo Florio, il capofamiglia e, attenzione, qui la narrazione diventa necrologio: “E’ morto in pace, nel suo letto, confortato dall’amore della moglie e dei figli”. Sul “Corriere” per i necrologi si pagano 6,50 euro a parola quindi fa un totale di 97,50 euro che in questo caso paga il lettore…”.