E’ che nella bella Siracusa tutto è evocazione, metafora, citazione dotta o triviale e così di ‘sti tempi post (ma fors’anche pre) elettorali ci si dibatte fra Caron Demanio con bandi di brace e istituzioni-Pasquale.

La vicenda è nota assai, che ne scrisse dotta e copiosa articolessa su Corrierone una prima firma come Gian Antonio Stella, che ne fece ineluttabile diretta feisbuc, e conseguente corsivo sul Giornale, Vittorio Sgarbi, che perfino Oliviero Toscani fotografo ed esperto tout court ne commentò su Radio Radicale. Trattasi della concessione operata dal Demanio (con il nulla osta di Comune e Soprintendenza) della piazza d’armi antistante l’ingresso del Castello Maniace, maniero federiciano, sulla punta di Ortigia. E insomma cinquemila-metri-quadri-cinquemila sono stati dati in concessione per 12 anni al prezzo dell’affitto medio di un appartamento di 100mq a Roma, ma, beninteso, non in centro: 1230 euri mensili. Sui 5000 mq, aggiudicati al massimo ribasso – come fosse una fornitura di articoli di cancelleria o di battiscopa in simil-legno – i fortunati e fortunosi concessionari stanno realizzando un manufatto (dai rivendicati riferimenti estetici archimedei) con ampia tettoia per bar e tavolini. Il tutto su una base di cemento e con quel tanto di scavi necessari per far passare cavi, tubi e servizi.

La polemica brucia ed è trasversale. Da un lato la nuova giunta (ma soprattutto il neo-sindaco Francesco Italia che della vecchia giunta che ha dato l’ok all’operazione era vicesindaco e assessore a Ortigia), dall’altro i paladini della intangibilità del piazzale con il centrodestra fresco di sconfitta elettorale e quindi assai agguerrito e con tutta un’area di intellettuali ambientalisti (che Salvini e la Meloni oggi definirebbero radical-chic) molto attivi nel dibattito cittadino. Questi ultimi, che teoricamente in gran parte dovrebbero aver appoggiato Italia al ballottaggio e che esprimono il vicesindaco Giovanni Randazzo, rappresentano il “fuoco amico” che sta mettendo in imbarazzo la compagine amministrativa appena insediata.

E mentre a Siracusa ci si accapiglia furiosamente, con una post-campagna elettorale forse ancor più calda della campagna stessa, mentre è tutto un brusio di nomi e cognomi, di comparaggi, di sex&drugs&rock’nroll passati, presenti e futuri, tutto un venticello di “non-te-lo-posso-dire-al-telefono”.

Mentre sulla lava incandescente del Maniace piomba la notizia che era stata chiesta anche la concessione della spiaggetta sotto il camminamento che conduce dalla sacra piazza al sacro castello, a conferma che ovviamente era tutto un programmato magna-magna, salvo poi apprendere che la Soprintendenza non ha dato l’ok.

Mentre la città brucia, a Roma e Palermo se ne fregano serenamente. Perché in realtà sono Roma e Palermo a decidere.

Roma ha prodotto e aggiudicato il bando perché la piazza è Demanio, cioè carne di porco (ops!). A Siracusa si fanno le barricate per le spiaggette sfigate, ci si incatena per una ipotesi di restauro che non sia neutrale e in perdita di una fabbricona lungo il porto (quello del mito di Alfeo e Aretusa, per capirci), si organizzano manifestazioni di piazza per bloccare bar e ombrelloni in una parte di una spiaggetta di Ortigia. Questa è la sensibilità e la capacità di mobilitazione del popolo siracusano.

Quasi sempre. Quasi.

Se c’è il demanio allora storia, ambiente, spirito dei luoghi, cultura millenaria, respiro dei padri greci, alito normanno, non contano più una mazza. Sta succedendo al Maniace dove per far cassa lo Stato regala un pezzo di storia a un privato. Sta succedendo lungo il porto (sempre quello di Alfeo e Aretusa) dove un’area dismessa dall’aviazione, che poteva essere rigenerata e restituita alla città, è stata regalata ai Carabinieri per costruirci – dentro il porto grande patrimonio Unesco – una nuova caserma. E’ accaduto lungo le mura dionigiane, lungo le quali da decenni si combatte una asperrima guerra fra esigenze di tutela e richieste di insediamenti di un privato (si veda anche inchieste sul “Sistema Siracusa”). Ebbene lungo quelle mura prima stava una postazione dell’aeronautica militare, affacciata a strapiombo sulla balza di Tremmilia e quindi sul porto grande. Ebbene quell’area è stata simpaticamente ceduta – nel silenzio generale – agli ex militari dell’aereonautica che ora ci abitano in simpatiche palazzine con le loro famiglie e addio mura dionigiane.

Carne di porco si diceva, e miopia culturale, e paraculismo politico e cuordileonismo tanto al chilo, che contro i carabinieri chi è che ci si mette?

Ma non c’è solo Caron Demanio a far strame, abbiamo anche l’assessore-Pasquale, al secolo Sebastiano Tusa, responsabile dei beni culturali del governo Musumeci, la cui nomina è stata acclamata sia dal suo predecessore Vittorio Sgarbi che dall’attuale assessore siracusano alla cultura (ed ex assessore regionale) Fabio Granata. Tusa finora è non pervenuto. Da una decina di giorni escono le paginate (sul Corriere della Sera mica La “Webzine di Valguarnera”), ne parlano i suoi amici uomini della cultura isolana, si adirano assai i suoi danti causa politici del centrodestra e lui, meraviglioso, come Totò nella leggendaria scenetta con Mario Castellani e Tusa, lui capo della soprintendente che ha dato l’ok al manufatto, lui responsabile di tutte le antichità siciliane, sembra di sentirlo ridere e chiedersi “chissà questi dove vogliono arrivare”.

Tanto che gli frega. Mica è Pasquale lui.