“Signor Questore di Palermo abbia l’accortezza di rivedere quanto dichiarato”. Mettiamola così: Nicola Caldarone non la tocca piano. Con un post su Facebook se la prende con Renato Cortese che in un’intervista al Sole24 Ore sul conto di Matteo Messina Denaro dice che “probabilmente non ha più alcun ruolo nell’organizzazione e che quindi è defilato, non lascia tracce, non partecipa alle riunioni, non ha strategie criminali, gli affiliati non rendono conto a lui”. Insomma, un mafioso per nulla operativo.

La tastiera di Caldarone, dirigente regionale, capo di gabinetto vicario dell’assessorato all’Agricoltura, vicino a Forza Italia, si è fatta bollente. L’immagine del Messina Denaro non più in servizio mafioso permanente ed effettivo non gli è andata giù: “Per una vita ci convincono che questo Messina Denaro – scrive sul social network – è la ‘primula rossa’, la rappresentazione terrena di ogni male. Nel trapanese le forze di polizia chiudono e sequestrano sistematicamente ogni genere di attività commerciali ed imprenditoriali al solo sospetto di essere ‘vicine al ‘superlatitante’… ed ora si scopre che è, magari, un vecchietto innocuo e malato?”. Ed ecco l’affondo: “Signor Questore di Palermo, abbia l’accortezza di rivedere quanto dichiarato. Lo faccia per gli innumerevoli milioni di euro che è costata, e costa, la caccia a questo signore e per il prezzo che hanno pagato i cittadini siciliani nel sentirsi ostaggio di questa figura da voi, ampiamente, mitizzata”.

Viva la libertà di pensiero. Ma anche di critica. Alcune cose dette sono giuste, altre meno. Che per molti, non per Cortese per la verità, Messina Denaro sia la carta da giocare per scalare la popolarità mediatica è un dato di fatto: senza il latitante molte notizie resterebbero relegate alla pagine della stampa locale. Altro che titoloni sui giornali. Tutto ciò ha provocato, e anche questo è un dato riscontrabile, la desertificazione economica di un’intera provincia.

Nessuno, però, ha sostenuto che Messina Denaro sia oggi soltanto un vecchietto innocuo. E anche se lo fosse diventato? Di certo è stato merito di chi ha arrestato tutti i suoi uomini più fidati, parenti inclusi, poi condannati dai Tribunali italiani. In ogni caso, la sua attuale posizione di latitante impegnato a scappare piuttosto che indaffarato a gestire il potere mafioso non giustificherebbe un passo indietro nelle ricerche. Che sono certamente dispendiose, ma sono soldi, una volta tanto, ben spesi perché le stragi di mafia, i morti ammazzati, l’offesa alla terra di Sicilia ad opera di Messina Denaro e di tutti gli altri boss non sono mito, ma lacrime e sangue. Criticare sì, dimenticare mai.