Questa famosa Finanziaria “a zero”, come l’ha definita il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè in attesa di buone nuove da Roma per la spalmatura del disavanzo, non è ancora legge. Ma ha già avuto la capacità di far accapponare la pelle a mezza Sicilia. Per quello che “promette” di tagliare. La parola che risuona forte (e sconcertante) è sempre una: taglio. Un po’ alla scuola e un po’ ai ciechi, un po’ ai teatri e un po’ ai dipendenti regionali. In questa Finanziaria, il cui esame è ripreso soltanto ieri a Sala d’Ercole, non c’è un solo capitolo di spesa che lascia dormire sonni tranquilli. A chi, per gli effetti di una gestione poco oculata, rischia di rimanere senza stipendio o senza posto di lavoro. O a chi – la situazione è ugualmente drammatica – non potrà vedersi riconosciuto un sussidio necessario. Come nel caso dei talassemici. L’elenco degli scontenti (e dei disastri) è talmente lungo, che merita di essere affrontato per macro-questioni.

I LAVORATORI

La questione dei lavoratori regionali, che hanno mosso i primi passi di protesta qualche giorno fa di fronte a Palazzo dei Normanni (vuoto, fra l’altro, perché l’Ars si è riattivata soltanto da poche ore), è quella più corposa. Protestano in tanti, ma in modo particolare chi rischia di vedersi strappare dal capitolo di spesa dedicato – quello dei Consorzi di Bonifica, in questo caso – 19 milioni di euro. Undici erano destinati ai lavoratori “effettivi”, quelli con un contratto a tempo indeterminato, che adesso se ne vedranno riconosciuto soltanto uno. Ma anche i dipendenti Esa, il famoso carrozzone dell’Ente di Sviluppo Agricolo che Musumeci aveva annunciato di chiudere, vedranno sfilarsi sotto il naso la bellezza di 8,7 milioni. Cioè tutti i fondi contenuti nella precedente Legge di Stabilità. Capitolo azzerato. “Qui si parla di 400 lavoratori Esa e di 800 dei Consorzi di Bonifica che a oggi non hanno un reddito” ha spiegato Tonino Russo, segretario regionale della Flai Cgil, durante la protesta palermitana. L’incontro con alcuni esponenti di governo (dei gabinetti dei vari assessorati, per lo più) non ha fatto sperare in un esito felice della trattativa: “Ad oggi non ci sono soluzioni positive. Solo alternative allo studio, ma senza nulla di concreto”.

Un’altra categoria “in bilico” – ma qui sussiste qualche speranza in più – è quella dei Forestali. Nella Legge di Stabilità sono stati decurtati addirittura 53 milioni di euro. Che però, spiegano fonti governative, verranno dirottati su un capitolo del Fondo di Coesione e Sviluppo (sono soldi che arrivano da Roma). Se ciò non dovesse avvenire, “sarebbe inaccettabile” ha spiegato il deputato dell’Udc Figuccia, che ha anche minacciato una serie di reazioni: “Dal non voto alla mia presenza in piazza per manifestare tutto il mio dissenso al governo”. Che al momento appoggia. Anche i sindacati, di fronte alle rassicurazioni, hanno comunque esternato una certa perplessità.

Così come è sempre viva la perplessità della sinistra – il fronte è compatto, dal Pd a Fava – contro la scure che rischia di abbattersi sulle “spese obbligatorie” che riguardano il trattamento di fine rapporto e le pensioni dei regionali. Il governo, anche qui, ha fatto i conti senza l’oste. E deciso di ripianare parte del debito con lo Stato (certificato dalla Corte dei Conti in 540 milioni fino al 2020), bloccando l’anticipazione di cassa nei confronti dei dipendenti regionali che vogliono comprare casa o curarsi (9,5 milioni da “sottrarre” al primo Bilancio utile). Il prossimo anno, addirittura, si rischia di dover intervenire con un taglio da 16 milioni al capitolo delle pensioni. Cracolici ha già minacciato le barricate.

IL TRASPORTO PUBBLICO

Ma i siciliani rischiano di subire un forte rallentamento anche in settore che, di per sé, non è mai andato benissimo. Quello relativo al trasporto pubblico. Gli addetti ai lavori segnalano un taglio massiccio da 42 milioni di euro. Che ha fatto drizzare le antenne agli operatori del settore e, soprattutto, ai vertici di Asstra Sicilia e Anav Sicilia, le associazioni che rappresentano l’intero settore delle aziende urbane ed extraurbane, a capitale pubblico e privato, del Trasporto pubblico locale con autobus e tram. “I tagli, se attuati, metteranno in forte crisi la mobilità dei cittadini e la tenuta delle aziende, per cui le associazioni hanno deciso di chiedere una convocazione urgente alla Commissione bilancio dell’Ars” si legge in una nota. “Senza gli adeguati stanziamenti si è impossibilitati dal pianificare alcunché per il futuro”, hanno dichiarato Claudio Iozzi, presidente di Asstra Sicilia, ed Antonio Graffagnini, presidente di Anav Sicilia. “Auspichiamo che la politica si faccia carico di evitare gravi ripercussioni ad un settore importante per l’economia regionale, che ha già subito diversi tagli negli anni passati”, aggiungono Antonio Natale, direttore di Anav, e Massimo La Rocca, segretario generale di Asstra. “E’ impensabile che il 30% delle risorse in meno possa essere risolto unicamente con le solite cause legali per inadempienza contrattuale della Regione. Le aziende non potranno attendere i tempi della giustizia, ne risentiranno i servizi ai cittadini”. All’orizzonte, e in attesa di conoscere che direzione prenderà il tentativo di riequilibrare il passivo con lo Stato in trent’anni (anziché in tre), si profila “il ridimensionamento di un intero sistema, danneggiando enormemente la mobilità collettiva nelle città e nell’intera isola”. Bene ma non benissimo.

LE CATEGORIE SOCIALI PIU’ DEBOLI

Un altro aspetto grottesco del “taglificio”, è quello legato alle categorie più in difficoltà. Secondo un report presentato dal Pd, le decurtazioni del governo regionale non risparmieranno nemmeno coloro che vivono sulla propria pelle, e non per colpe proprie, una condizione di disagio. Sono previsti 2,4 milioni in meno per i progetti individuali dei disabili e meno risorse per gli istituti dei ciechi: per l’Istituto Braille (meno 576 mila euro), per l’Unione dei ciechi (meno 573 mila euro), per Helen Keller (313 mila euro), l’Istituto dei sordomuti (meno 38 mila euro). Ma un caso emblematico è quello dei talassemici, ossia le 1.800 persone affette da forme gravi di anemia mediterranea. Verranno meno, in questo caso, 2,3 milioni destinati all’indennità vitalizia (si passa da 9 a 6,7 milioni). Al momento percepiscono poco più di 400 euro al mese. “È uno di quei capitoli che non possono proprio non essere spesi – dice il coordinatore di Fasted, Loris Giambrone – perché viene misurato esattamente sugli aventi diritto. Non ci sono programmi o istanze falsi”. Non c’è nessuno che vuole ingannare. C’è solo gente che sta male e ha bisogno di curarsi. Che da sola non può sostenersi. La spesa media mensile – solo per i farmaci, sia chiaro – è calcolata in 200 euro. Poi ci sono gli spostamenti, le permanenze nei centri di trasfusione autorizzati e un sacco di altre voci. Tra i mancati stanziamenti nel Bilancio regionale, ci sono anche 1,5 milioni per i ricoveri dei minori, 612 mila euro in meno per le vittime delle richieste estorsive e 800 mila euro per i trasferimenti agli enti locali per i centri antiviolenza e le case di accoglienza.

TEATRI E CULTURA

Assodato che la vecchia affermazione “con la cultura non si mangia” è destituita di ogni fondamento, bisognerebbe spiegare al governo che la manovra economica, approntata così com’è, rischia di mandare in malora tantissime fondazioni che negli ultimi anni hanno offerto alla nostra terra, e alla sua gente, un nuovo slancio anche dal punto di vista turistico, oltre che culturale. Al teatro Stabile di Catania e al Teatro Massimo di Palermo, per citarne due, il botteghino ha subito un favoloso incremento. Ma l’attenzione riservata a questi due istituti è prossima allo zero. Il Massimo subirà un taglio da 265 mila euro (“Così faticheremo a tenere in ordine i bilanci” ha spiegato il sovrintendente Francesco Giambrone), lo Stabile si ferma a 100 mila. Per il Bellini di Catania sarà una mazzata da 1,8 milioni, per il Teatro di Messina da 918 mila euro. Il Biondo, che è ancora alla ricerca del successore di Alajmo, vedrà arrivare 84 mila euro in meno. Subirebbero una riduzione certa anche i finanziamenti all’Orchestra Sinfonica Siciliana per 429 mila euro, all’Inda di Siracusa per 48 mila euro e alle Oresteadi per 12 mila euro. Più che con la cultura non si mangia, la cultura se la mangiano.

E un capitolo a parte merita il Brass Group, la fondazione nata da un’idea di Ignazio Garsia, che approdò a Palermo 45 anni fa. Il suo “cachet” sarà più che dimezzato (da 765 mila euro a circa 250 mila, un taglio complessivo del 65%). Lo stesso Garsia ha spiegato che così non va: “Significa proprio eliminare un soggetto dalla geografia delle attività musicali –. Ed è una storia che si ripete, perché il Brass Group è già stato azzerato dallo scorso governo per due esercizi finanziari. Su di noi – ha spiegato il presidente della Fondazione – gravano la gestione del teatro Santa Cecilia e del ridotto dello Spasimo in cui organizziamo concerti per i giovani, le attività musicali, e un’orchestra di circa 20 strumentisti oltre gli aggiunti”. Più una settantina di lavoratori tra collaboratori, docenti della scuola e impiegati e professionisti vari. La scure di Musumeci & friends, però, si è abbattuta anche sul Furs, il Fondo unico regionale per lo spettacolo che finanzia i teatri pubblici e privati, ma anche le bande. Un altro milione e 600 mila euro che si volatilizza.

SCUOLA E ISTRUZIONE

Infine, e non per ordine di trascuranza, c’è anche la scuola. La Finanziaria non risparmia neppure l’istruzione: ventimila euro in meno per il personale impiegato nella pubblica istruzione regionale, 188 mila per l’assistenza sociale nelle scuole, 570 mila per i consorzi universitari, 32 mila per il Cus, 38 mila per le Accademie di Belle Arti e i Conservatori. Anche i lavori di riqualificazione degli edifici scolastici subiranno un taglio da 261 mila euro. E un approfondimento a parte merita la questione delle scuole “parificate”, ossia quegli istituti riconosciuti dalla Regione e alternativi alle scuole statali o private. Anch’esse garantiscono un titolo di studio e in Sicilia contano circa 40 mila studenti. E da domani 600 mila euro in meno di trasferimento. Si passa da 4,5 a 3,9 milioni. In questo modo, fanno sapere le associazioni di categoria, vengono messe a repentaglio le iscrizioni, i posti di lavoro (coinvolti 5 mila addetti fra corpo docente e non) e le scuole stesse.

“Per compensare le perdite, le scuole sono costrette o ad aumentare le rette o a chiudere – ha spiegato Dario Cangialosi, presidente di Fism Sicilia (Federazione italiana scuole materne) –. Nel giro di un decennio si sono ridotti di almeno della metà gli istituti che vanno dalla scuola primaria a quella superiore, e non parliamo di diplomifici ma di scuole serie e regolari. Preferiscono chiudere, a fronte di interventi economici impossibili, perché non accettano i compromessi che danneggerebbero la qualità del servizio”. Alle chiusure eccellenti potrebbero seguirne altre. E il diritto allo studio finirà per essere non garantito. Alla faccia di une Regione che ha voglia di tenersi stretti i “cervelli in fuga”.