“I voti falsi sono due, presidente. Non solo quello di Cappello, ma anche quello di Cafeo. E questa storia ho dovuto tirarla fuori io, un cittadino comune. Lei, invece, è il garante dell’Assemblea”. Così parlò Tuccio D’Urso, ex dirigente regionale all’Energia, durante l’infuocato dibattito tv con il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, a Casa Minutella. L’episodio a cui D’Urso si riferisce risale allo scorso 6 agosto, quando l’Ars bocciò una norma per il trattenimento in servizio (per non più di tre anni e non oltre il settantesimo anno d’età) dei “dirigenti di buona volontà”. Lui era tra questi. La proposta fu bocciata col voto segreto, ma di fatto interruppe la carriera di D’Urso, prossimo al pensionamento. Al burocrate non sono mai andate giù le modalità: aveva già parlato di “ben noti trucchetti di false votazioni”, riferendosi a un voto, quello di Cappello (deputato M5s in congedo) partorito dalla mano di un “pianista”. Non solo. D’Urso ha rievocato anche un altro precedente, del 7 luglio, in cui sarebbero stati addirittura sei – sulla medesima materia – i voti non risultati a verbale. Da qui l’attacco al presidente dell’Ars: “Se non si riesce a governare in un’assemblea il voto di 40 persone, è chiaro che siamo di fronte a un vulnus democratico gravissimo”. Sul caso degli immobili, D’Urso ha confermato i sospetti che alcuni immobiliaristi palermitani – fuori dalla partita delle società offshore – non vedano di buon occhio la nascita del centro direzionale, perché affittuari di parte degli immobili dove sorgono assessorati e dipartimenti regionali: “Fanno il loro lavoro. Percepiscono 16 milioni l’anno di affitti”.