Un affezionato cliente del mio bar ha una figlia che studia in una piccola città belga dal nome drammaticamente impronunciabile. Lo chiamo il vedovo. È vedovo della figlia che studia fuori e cerca di attenuare il dolore della vedovanza spedendole qualsiasi tipo di cibo siciliano: dalla caponata alle arancine, dagli anelletti al forno all’olio d’oliva. L’olio d’oliva. Lo stesso olio che, più o meno, puoi trovare in tutti i supermercati disseminati per la galassia, compresi le città belghe dai nomi drammaticamente impronunciabili.

La mia amica Pina, una palermitana che vive a Lodi da vent’anni, giusto ieri mi chiedeva come tornare a casa con una cassata, su da lei, senza incorrere nella scure dei severissimi controlli in aeroporto, manco trasportasse esplosivo. Più che una richiesta mi è parso un appello alla mia sensibilità e alle mie eventuali conoscenze per consentirle di fare ritorno nella nebbia lodigiana con il dolce siculo per eccellenza.

Qualche mese fa una donna entrò al bar chiedendomi, vi prego di credermi sulla parola, l’esatta circonferenza di un’arancina per calcolare la quantità da stivare nel bagaglio a mano. Non la mandai al diavolo solo perché col tempo ho imparato a conoscere, e in qualche modo a comprendere, l’inguaribile nostalgia del siciliano trapiantato in un posto che non sia il suo. Quello che un tempo guardavo con la severità di un giudice ora lo guardo con benevolenza. L’età, che volete farci.

Il cibo è il cordone ombelicale supremo con la nostra terra, il discrimine fra l’essere e il non essere meridionali. Non c’entrano gli stereotipi. Siamo fatti così e basta. Per questo la pubblicità della Conad che sta sollevando chilate di indignazione mi piace. Mi piace perché è lo specchio fedele di quel che siamo stati, di quel che siamo e di quel che saremo nei secoli dei secoli amen.

Il figlio che riceve la telefonata di lavoro e la madre piangente che gli riempie la valigia di camicie bianche e caciotte. È così, e chi lo nega bara, non è sincero con se stesso o non percepisce la realtà in cui è nato e cresciuto. Qualcuno è disposto a negare che i nostri nonni non sono stati così? Che i nostri genitori, le nostre mamme, non sono così?

Lo spot – girato da Salvatores, uno che fra l’altro ha sangue napoletano – non denigra il Meridione, non è classista e non dà immagini diverse da quella che è la realtà. Perché noi siamo questi. Noi siamo una madre che piange perché il figlio va a lavorare (o a studiare) a Milano e una caciotta da infilare per forza in valigia. Questi siamo, e sincerità per sincerità non è neanche detto che siamo fatti male.