Un nuovo triumvirato alla guida del Palermo. A pochi giorni dall’ufficializzazione del closing – il passaggio di proprietà da Zamparini agli inglesi – per il club rosanero è scattata davvero una nuova era calcistica. Dell’oro o della pietra si vedrà col tempo. Sono stati rivelati anche i protagonisti di questa nuova avventura, volti e nomi che fin qui erano stati mascherati a tal punto da far venire qualche prurito ai tifosi e più di un dubbio ai giornalisti che in queste settimane hanno seguito l’evoluzione della compravendita. A presiedere il nuovo cda del Palermo calcio è Clive Richardson, un signore inglese poco loquace (si è intuito dalla conferenza di presentazione: fare scorbutico, parole misurate). Al suo fianco l’amministratore delegato Emanuele Facile, uno dei soci principali dell’advisor che ha seguito la cessione del club per conto di Zamparini (nel giro di qualche giorno è passato dal parco mediatori a quello dei compratori); e nel comunicato ufficiale si fa accenno a una terza persona, nel ruolo di consigliere: ossia John Treacy, che sarebbe anche il socio “forte” del gruppo che si assunto l’onere di traghettare il Palermo verso la Serie A.

Esser passati dal nulla assoluto del 4 dicembre (giorno della presentazione alla stampa) a dei nomi e un documento (finalmente) ufficiale non è roba da poco. Perché in questa storia a tinte gialle, più che rosanero, si è sempre temuto il peggio. Un po’ a causa di Zamparini, che aveva abituato gli addetti ai lavori ad atti di vendita annunciati e mai completati (nonostante le foto di rito, per dirne uno, con l’ex Iena Paul Baccaglini). Dall’altro perché questi inglesi – la società quotata in borsa si chiama Sport Capital Group Investments Ltd – non ha mai potuto e voluto rivelare i nomi degli investitori che ci stavano dietro, e che lo stesso Zamparini ha sempre ritenuto e presentato come persone serie. Insomma, nessuno ci credeva. L’ex presidente ha osato e ostentato a tal punto negli ultimi anni della sua gestione, da aver azzerato la credibilità non solo presso i giornalisti ma soprattutto verso i suoi tifosi.

Anche nel calcio il tifo è diventato una roba liquida. Al di là dell’appartenenza e dell’attaccamento alla maglia, non esiste quella ai calciatori – figurarsi, i calciatori sono i primi a mollare un progetto in nome del dio denaro – né tanto meno di reggenti e dirigenti. Al Milan non si sono fatti scrupoli nel lasciarsi alle spalle l’esperienza ultraventennale di Galliani e Berlusconi, due che hanno vinto tanto. Ma tornando al Palermo, sebbene l’operazione, che prevede un aumento di capitale immediato pari a 20 milioni, andrà misurata nel tempo e non è ancora totalmente limpida, il fatto di aver rivelato i registi dell’operazione e, da questo momento, gli esecutori materiali della nuova pellicola, tende a rassicurare un pochino. Facile, per dirne una, si è fatto vivo nell’ultima trasferta dell’anno a Cittadella. Segno che qualcuno comincia a interessarsi per davvero al Palermo, inteso come gruppo di calciatori che scende in campo, dà calci a un pallone e tenta la scalata alla Serie A (da questo punto di vista le premesse sono ottime, dato che la squadra veleggia in testa al campionato di Serie B, Stellone e i suoi ragazzi meritano un plauso enorme).

Oltre ai tre sopracitati, daranno una grossa mano in questa prima fase anche Dean Holdsworth, un altro signore inglese di cui si sa poco o nulla, e il vecchio management, che porta il nome di Rino Foschi. L’uomo forte del Palermo, voluto, cacciato e ripreso da Zamparini nel corso della lunga epopea del patron friulano a Viale del Fante. L’uomo che garantisce un tessuto di connessione fra presente e passato, uno dei pochi, forse l’unico, che può garantire continuità amministrativa (per buttarla in politica) ed evitare sbandate precoci che rischiano di provocare ferite profonde. Ma proprio la presenza di Foschi, uomo dal temperamento forte, più simile a Zamparini di quanto non dica il loro vissuto, apre un altro capitolo di questo thriller appassionante: che fine farà il vecchio presidente?

Il congedo con Palermo, scandito da qualche lacrima e da parecchio vittimismo in conferenza stampa, ha avuto un sequel nelle dichiarazioni rilasciate alla testata Mediagol: “Ho fatto arrivare questa squadra in posizioni che non aveva mai visto e come ringraziamento sono stato gettato via come uno straccio, dicendo che sono un bugiardo – si è lamentato Zamparini – So che il 95% della gente è sempre stata con me, non avrei mai pensato di andare via perché cacciato da Palermo. Dispiace che dopo aver riportato la squadra in A dopo 34 anni, è stato quasi un fastidio per tutti che io abbia trovato della gente serie pronta a investire”. E anche nei giorni del lascito una porticina rimane socchiusa: “Potrei fare il consulente gratuito se qualcuno me lo chiedesse. Lo farei gratuitamente e da casa mia, non certo da Palermo”.

Il Zampa potrebbe diventare un anello di congiunzione importante, magari nel ruolo di mediatore, fra la nuova proprietà inglese – che nulla sa e tutto aspira – e l’amministrazione comunale di Palermo per la questione dello stadio. E’ interesse degli inglesi mettere mano al nuovo progetto e garantire una struttura all’altezza, che generi ricavi e prenda il posto del “Barbera”. Sarà compito del sindaco Orlando, con cui Zamparini non si è lasciato benissimo (neanche a lui ha rivelato chi fossero i nuovi acquirenti), poter ascoltare le proposte: “Il sindaco ha bisogno degli imprenditori per costruire il nuovo stadio – ha concluso l’ormai ex patron -. Il primo cittadino mi aveva già dato piena disponibilità, ama questa città da sindaco vero e io so che si metterà a disposizione”. Se serve un pontiere, lui c’è. Il solito Zamparini.