Il 20 settembre scorso sembrava l’alba di un nuovo giorno. All’Irsap – la partecipata regionale che ingloba le vecchie Asi, finita, al pari della Camera di Commercio di Caltanissetta, nello scandalo Montante – veniva nominato Gianni Occhipinti, un imprenditore (alberghiero) dalla consumata esperienza, vicino a Diventerà Bellissima e utile alla rielezione del deputato comisano Giorgio Assenza, il braccio destro di Musumeci a Ragusa. Sembrava l’alba di un nuovo giorno. In realtà il nome di Occhipinti non è ancora arrivato in Prima Commissione per il via libera definitivo. Quelli che sembravano giorni sono diventate settimane. E infine mesi. Perché qualcuno si è messo di traverso, contestando i titoli del fondatore di “Insieme”, movimento politico territoriale nato nell’agone del centrodestra.

La commissione Affari Istituzionali, in realtà, è un postaccio in cui la maggioranza non esiste. Una sorta di camera caritatis dove è possibile vendicarsi per il mal tolto (altrove). Una zona d’ombra dell’Ars dove si arenano le nomine del governo, se è così che vogliono le opposizioni. Ne è prova la bocciatura di cinque nomi, tutti papabili direttori degli Iacp siciliani – gli istituti autonomi per le case popolari – avvenuta qualche giorno fa per una pregiudiziale posta da Fava, Pd e 5 Stelle. Insomma, pur di non bruciare una nomina di valore, in cui tutta la coalizione di governo – da Forza Italia in giù – continua a puntare in modo trasversale, si è preferito svolgere un controllo certosino sul curriculum di Occhipinti, che nelle prossime settimane, al massimo entro la prima decade di gennaio, dovrebbe ottenere l’agognato incarico.

Il casus belli attorno all’imprenditore ragusano è prova dell’incancrenimento di certe logiche – il manuale Cencelli applicato al sottogoverno siciliano – in cui non sempre vince il merito. Ma si impone la politica. E la politica spesso sbaglia. Lo ha ammesso a Buttanissima anche il presidente dell’Assemblea Gianfranco Miccichè, dopo aver “bruciato” il numero uno della Sas, Marcello Caruso, in diretta televisiva da Minutella. Perché ci sono quelli che meritano di essere ricompensati per l’attaccamento al partito. E poi ci sono gli incompetenti, di cui bisogna liberarsi e in fretta. La macchina del sottogoverno risponde a logiche partitiche: se così non fosse, rischierebbe di incorrere in un lassismo persino più pronunciato. Come è successo, d’altronde, in questo primo anno di legislatura in cui il governo Musumeci, per buona parte, ha dovuto lavorare (e collaborare) con gli uomini di Crocetta al timone delle partecipate. Con risultati a tratti inaccettabili.

Da qui gli incarichi fiduciari e le note spartizioni. Che spesso si ingolfano in commissione e, sempre più spesso, nelle vicissitudini dei protagonisti: alla Sis (la Società Interporti Sicilia) si sono avvicendati quattro amministratori in quattro mesi. L’ultimo risponde al nome di Rosario Torrisi Rigano, che ha preso in mano la società dopo le dimissioni volontarie di Alessandro Albanese, Carmen Madonia e Benedetto Torrisi. E che dire di Riscossione Sicilia. Qui la politica c’entra eccome. La governance indicata dal governo Musumeci si è dimessa in blocco a pochi mesi dall’affidamento dell’incarico. Due delle nuove nomine sono state stoppate in I Commissione, costringendo l’esecutivo a fare nuovi calcoli (le new entry sono il commercialista Ettore Falcone e l’avvocato Ketty Favazzo). Mentre il presidente, insediato a luglio con tutto il cda, è il tributarista catanese Vito Branca.

L’impasse del mondo delle partecipate è emblematico nel caso di Sicilia Digitale, dove di recente l’avvocato Marcello Dell’Utri (in quota Popolari e Autonomisti) ha preso il posto dell’ex amministratore unico Paolo Corona. Che, prima di togliere il disturbo, aveva vuotato il sacco in Commissione Bilancio all’Ars, lamentandosi per la gravissima situazione finanziaria della partecipata (ex Sicilia e-servizi) che si occupa dei sistemi informativi della Regione. Metteteci – e anche questa è una dichiarazione genuina di Micciché – che i capi di queste “controllate” guadagnano una somma vicina alle 1300 euro mensili e capirete perché nessuno, o quasi nessuno, è disposto a dare l’anima per la loro sopravvivenza. Chi l’ha fatto, e non è stato ricompensato, è Nicola Caldarone, Forza Italia, che in alcuni mesi è riuscito a far approvare i bilanci passati di Esa, l’ente di sviluppo agricolo nato ai tempi della riforma agraria, “l’ultimo carrozzone della Prima Repubblica” (per dirla con Musumeci) che non si è riuscito a sopprimere nonostante le intenzioni bellicose. E proprio al posto di Caldarone, che sapeva dell’incarico “a tempo”, arriverà un uomo vicino a Diventerà Bellissima. Il movimento del governatore che si è già preso la Camera di Commercio di Caltanissetta (Giovanna Candura) e il Cefpas, l’ente di formazione dei medici (con Roberto Sanfilippo).

Tra gli enti già “assegnati” e stabili figurano l’Irfis, che è nelle mani di Giacomo Gargano, altro fedelissimo di Musumeci; l’Ast, la società dei trasporti guidata dal “lombardiano” Tafuri; l’Aran, società che ha il compito di trattare coi sindacati per conto della Regione, presieduta dall’avvocato Accursio Gallo; l’Urega con Francesco Greco e Sicilia Acque con Dario Allegra. Alla Sas, per colmare il vulnus dopo l’addio di Caruso, andrà un forzista: trattasi dell’avvocato Giuseppe Distefano, che domenica era in platea a Palermo per l’evento organizzato da Giulio Tantillo e Giuseppe Milazzo, e replicava soddisfatto al semi-annuncio del suo leader. Distefano in quel posto sarebbe dovuto finire da tempo. Toccherà a lui gestire le sorti dei 134 lavoratori, iscritti all’albo regionale dei “licenziati”, che il suo predecessore preferì non assumere nonostante l’invito a procedere dell’assessorato all’Economia (e dello stesso Micciché).

In attesa dello sblocco di Occhipinti e degli Iacp, si aprono nuovi squarci di sereno al Ciapi di Priolo e al Parco dei Nebrodi, dove dovrebbero finire Rosario Cavallo e Domenico Barbuzza, entrambi in quota Forza Italia. Nessun discorso, invece, è stato imbastito sul futuro dell’Irca, il nuovo ente che nasce dalla fusione di Ircac e Crias, si occupa di credito agevolato alle imprese, per il quale bisogna provvedere ancora a redigere un regolamento e tutto il resto. Ci vorrà almeno un anno.