Se le parole dell’imprenditore Giuseppe Taibbi fossero risultate profetiche, e non tentativi rabberciati per fare pressione, oggi Antonio Candela ce lo saremmo ritrovati assessore alla Sanità, anziché ai domiciliari con l’accusa di corruzione. Invece, l’ex manager dell’Asp 6 di Palermo, perfetta istantanea di un sistema che dovrebbe prendersi cura delle persone e invece risulta malato, era “a stento” il soggetto attuatore della task force anti-Covid. Una struttura messa su dal “vero” assessore alla Salute, Ruggero Razza, e dal governatore Nello Musumeci, per “adottare tutti gli atti di esecuzione degli indirizzi di programmazione sanitaria e di osservazione epidemiologica individuati dall’assessore per la Salute”. Candela, uscito dal portone nel 2018 – rimpiazzato a Palermo da Daniela Faraoni – era rientrato dalla finestra dopo un’attesa snervante di quasi due anni. E dopo il “colpo basso” subito da Musumeci e Razza, che avevano scelto di escluderlo dalla lottery dei grandi nomi che sarebbero stati nominati commissari straordinari di ospedali e Asp, e in seguito direttori generali.

C’è voluto un po’ di tempo per partorirli, a causa di una serie di paletti disposti lungo il tragitto, quasi a voler garantire a tutti i costi la trasparenza delle procedure selettive. Ma si tratta pur sempre di nomine della politica, in ottemperanza alla legge. Così capita che all’Asp di Siracusa, falcidiata dal Covid, finisca Lucio Salvatore Ficarra, bersaglio immobile (nel senso che non hai mai risposto alle domande) della trasmissione Report, intenta a far luce sui bug dell’Ospedale Umberto I di Siracusa di fronte all’esplosione della pandemia. E per lo stesso principio, all’Asp di Trapani, finisce Fabio Damiani, ex responsabile della Centrale Unica di committenza della Regione siciliana, alla perenne ricerca di qualche sponsor che gli garantisse una poltrona buona. La politica è sempre stata “in debito” nei suoi confronti per aver sventato da capo del Provveditorato, assieme all’allora direttore amministrativo Candela, la fantomatica gara sulla fornitura dei pannoloni all’Asp di Palermo (che costò l’arresto all’ex manager Salvatore Cirignotta).

Corsi e ricorsi storici, ma quello che più conta è il filo di Arianna che – da sempre – lega la politica ai “professionisti” della sanità. Da qui la definizione di Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia, che ha definito la sanità il “bancomat” della politica, e viceversa (ieri ha condiviso la necessità e l’urgenza di aprire un’indagine che prenda spunto “dalle parole del gip che parla di intollerabili interferenze e di nomine senza criterio meritocratico”). D’altronde, come spiega in un articolo su ‘Repubblica’ Emanuele Lauria, gli interessi in ballo sono altissimi. Impossibile chiudere gli occhi di fronte alle “lusinghe e le insidie di un mondo che conta 50 mila dipendenti e incide sul bilancio regionale per 9,2 miliardi di euro”. Nessuno dei governi precedenti è rimasto immune al virus. Dall’edonismo di procedere a una nomina per fortificare il consenso.

Lo stesso Ruggero Razza, intervenendo nel dibattito con un post su Facebook, ha detto che “non mi sorprende che nel più ampio “salvadanaio”, che rappresenta quasi il 50% del bilancio della Regione, possano annidarsi interessi illeciti”. E che al netto di tutte le contromisure possibili, adottate anche dal governo Musumeci, l’unica  soluzione sia “denunciare”. “Nessuno pensi che un cancro come la corruzione possa essere debellato con strumenti ordinari – ha spiegato l’assessore -. Perché i funzionari infedeli, quando ci sono, diventano sempre più bravi nel provare a utilizzare strumenti in apparenza legali, che poi si rivelano fatalmente indebite coperture di odiosi traffici. Alla trasparenza, come anelito di libertà, si può rispondere in un solo modo: con la durezza delle decisioni”. Nessuno, comunque, “pensi di scalfire la mia e nostra determinazione al cambiamento”.

Gli interrogativi dei Cinque Stelle, invece, si sviluppano a valle. “Ci piacerebbe capire – hanno detto i deputati grillini della commissione Sanità all’Ars – quali meccanismi hanno portato a scegliere Candela per guidare la macchina anti-Covid siciliana, quando evidentemente non lo hanno ritenuto all’altezza della riconferma ai vertici dell’Asp palermitana. Vorremmo avere anche delucidazioni sui criteri che hanno regalato a Damiani la  poltrona più alta dell’Asp di Trapani, visto che il governo Musumeci non era per nulla soddisfatto dell’operato della Centrale unica di committenza che Damiani guidava in precedenza e che, lo stesso esecutivo, in commissione Salute, definiva lenta e non remunerativa”.

La “sorpresa” dei Cinque Stelle una verità di fondo la possiede. La Cuc siciliana, istituita nel 2015 sotto l’egida dell’assessorato all’Economia (con Fabio Damiani al vertice), pian piano ha smarrito la sua strada e abbandonato le sue funzioni. Inizialmente espletava gare per 3 miliardi l’anno, poi sono venuti a mancare persino i dipendenti. Tanto che otto mesi fa, il governo regionale approvò una delibera in cui, “per l’attuale condizione di asfittica gestione della Cuc” (parole di Razza a Buttanissima), era possibile rivolgersi alle centrali uniche di altre regioni  (in primis quelle di Lombardia e Campania) per la gestione degli appalti riguardanti la fornitura di beni e servizi. Secondo il governo Musumeci, infatti, la Cuc siciliana non rispondeva più “alle esigenze di razionalizzazione e controllo della spesa in relazione alle quali è stato introdotto il sistema di centralizzazione delle committenze”. Nel contempo, però, andava rafforzata. A tale scopo, nel dicembre scorso, è stata promossa a “ufficio speciale” per i prossimi tre anni. Nelle more – come è evidenziato nella delibera n.476 – “dell’istituzione di un apposito Dipartimento regionale da destinare alle attività della CUCRS o della trasformazione della stessa Centrale in società in house a partecipazione regionale”. E’ come se la Cuc, che sembrava un malato terminale, fosse improvvisamente guarita. Fino alla vicenda delle mazzette, che non può non rimettere tutto in discussione e pretendere un supplemento d’indagine.

La governance della sanità è un sistema talmente marcio che non merita di essere accostata ai professionisti, stavolta quelli veri e senza virgolette, che ci lavorano. E che l’hanno tenuto a galla di fronte a una congiuntura – il Covid – così inattesa e imprevedibile. La Sicilia in questi mesi ha resistito, la rete ospedaliera ha retto e da domani si appresta a tornare alla normalità. Con uno strascico polemico. L’ultima conferenza di Ruggero Razza, coincisa con lo scoppio della bolla ai piani alti, in realtà serviva per fare il punto sulla Fase-2 e prevede: la progressiva scomparsa dei Covid Hospital, in linea col drastico calo dei “nuovi positivi”, e la ripartenza di tutte le prestazioni ambulatoriali (anche non urgenti), ma anche di cliniche, studi odontoiatrici, consultori, centri di vaccinazione e prevenzione per gli screening oncologici. Oltre che degli interventi chirurgici, delle visite e degli esami non urgenti.

Persino l’affollamento dei pronto soccorso – nei mesi scorsi gli accessi erano crollati – testimoniano un parziale ritorno alla normalità. Alcune cose, però, non sono andate giù al comitato tecnico-scientifico che fu di Antonio Candela. Tanto che i tredici saggi che lo compongono, giovedì pomeriggio, sono arrivati a un passo dallo strappo: pretendevano che venisse garantita la gestione dei pazienti Covid negli ospedali dedicati – e non nei reparti, che rischiano di riproporre casi di “promiscuità” – e che i tamponi venissero somministrati a tutti i pazienti in attesa di un ricovero programmato. Razza, invece, ha predisposto che al test vengano sottoposti soltanto coloro che devono subire un intervento chirurgico ed essere intubati. A tutti gli altri invece, verrà fatto un accertamento sierologico, che non ha valore diagnostico ma sarà utile, quanto meno, a individuare chi ha sviluppato gli anticorpi (solo dopo, eventualmente, verrà effettuato il tampone).

La prospettiva di “ospedali misti” per la cura del Coronavirus è stata definita del M5s una “decisione folle”. “È un gravissimo errore da parte dell’assessore Razza – dicono i deputati grillini della commissione Salute all’Ars – avere deliberato la riapertura indiscriminata di tutti gli ospedali senza prima avere predisposto quanto stabilito dalle norme del decreto rilancio e cioè: 1) il piano di riorganizzazione della nuova rete ospedaliera che deve contenere l’individuazione dei presidi dedicati alla cura dei pazienti Covid e le indicazioni per la ristrutturazione dei pronto soccorso per adeguarli alla presa in carico dei potenziali pazienti contagiati; 2) il piano di assistenza territoriale che contenga le misure per il potenziamento e la riorganizzazione della rete assistenziale; 3) il potenziamento dell’attività di assistenza domiciliare; 4) la centrale operativa regionale. Vorremmo tra l’altro capire che senso ha nominare un comitato scientifico e fare poi l’esatto contrario”. Razza, però, ha provato a spegnere le fiamme, spiegando che “il lavoro del Comitato tecnico scientifico e dell’assessorato prosegue con fiducia reciproca immutata e mai venuta meno”.

La sanità siciliana riparte dai successi contro il Covid, dalle liste d’attesa interminabili (gli ambulatori potrebbero rimanere aperti anche di notte) e dai soliti cenni di polemica. Meglio una polemica oggi che una tangente domani.

Salute: Sicilia premiata con 400 milioni per Piano di rientro

Una premialità di 400 milioni di euro per la Sanità dell’Isola. E’ quanto riconosciuto alla Regione, nei giorni scorsi, dal Tavolo composto dai rappresentanti dei ministeri dell’Economia e della Salute, che monitora l’andamento del Piano di rientro a cui la Sicilia è sottoposta. Si tratta di fondi che sono stati ‘liberati’ in virtù degli obiettivi raggiunti nel 2019 dal governo Musumeci, relativamente al contenimento dei costi e al contestuale miglioramento nell’erogazione dei servizi sanitari. La comunicazione dell’assegnazione della premialità è avvenuta in occasione della periodica riunione di controllo del Piano a cui partecipano i delegati degli uffici ministeriali e quelli dell’assessorato regionale alla Salute. “È un risultato – evidenzia con soddisfazione il presidente Nello Musumeci – che premia il percorso avviato dal governo regionale. Da un lato si prosegue con un’azione di risanamento dei conti pubblici, dall’altro si ottiene una premialità di centinaia di milioni di euro che potranno essere utilizzate per potenziare ancora di più il Sistema sanitario siciliano. Un plauso all’assessore alla Salute Ruggero Razza e ai suoi uffici per l’ottimo lavoro svolto e per il risultato raggiunto. Andiamo avanti”.