Nella tremenda battaglia con il Coronavirus, si notano finalmente squarci di sereno. La società Italconsult dell’ingegnere Antonio Bevilacqua, con sede a Roma, ha consegnato al presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, l’analisi aggiornata dell’evoluzione del Covid-19 in Italia. Ciò che balza all’occhio, al di là del calcolo statistico (affatto banale), sono le conclusioni: “Si chiarisce che l’analisi attraverso la curva di probabilità  – si legge nel documento – porterebbe ad un contenimento finale del virus dal 6 al 12 maggio 2020 e ad un numero di contagiati compreso tra 135.000 e 145.000. Si ridurrà il numero dei contagi giornalieri con un valore al di sotto di 1.000 intorno al 12-14 aprile ed al di sotto dei 100 contagi nell’ultima settimana” del mese.

Potremmo esserci liberati (definitivamente) del nemico invisibile entro metà maggio. Stato e Regione, però, già da adesso possono riavviare i motori e ipotizzare una ripartenza. Al netto della cautela che, come precisa Bevilacqua, resta di assoluta importanza e riguarda prevalentemente il rispetto delle misure di contenimento e contrasto: “Se il comportamento dei cittadini, specialmente nei prossimi giorni, ossia in questa fase centrale e cruciale, non sarà esemplare, avremo un ritardo con conseguenze gravissime”. Meglio fare gli scongiuri. Dall’analisi di Italconsult, che analizza i numeri forniti dalla Protezione Civile, la lettura più immediata riguarda la curva di variazione percentuale del contagio, che è passata dal 26,9% del 7 marzo al più modesto 5,6% di un paio di giorni fa (la proiezione di questo dato, in termini di probabilità, mostra la luce in fondo al tunnel). La crescita del numero dei contagi, negli ultimi tempi, è molto rallentata, sebbene, nel periodo di riferimento (dal 2 al 29 marzo) sia andata incontro a preoccupanti variazioni.

In sostanza, per buona parte del mese la curva italiana sarebbe sovrapponibile a quella dell’Hubei, la regione di Wuhan, dove si è innescato il primo focolaio a livello mondiale (che è stato anche il primo a esaurirsi). Ma qualcosa di significativo è accaduto fra il 17 e il 18 marzo quando, anziché continuare a crollare, la percentuale dei contagiati si è assestata o è addirittura cresciuta, passando dal 12,6% al 14,9%. “Purtroppo – scrive Bevilacqua nella sua disamina – si è intervenuti in ritardo (con le misure di contenimento, ndr) e la paura delle restrizioni ha causato il panico e lo spostamento di migliaia di persone dalla zona contaminata (focolaio) verso altre aree del Paese. Questa movimentazione del virus a partire dal 9-11 marzo, continuata per alcuni giorni, ha causato nei giorni successivi un rallentamento della curva di decrescita e un incremento non controllato dei contagiati”.

Più in generale, “gli interventi governativi sono stati posti in essere in Italia quando il Coronavirus era estremamente presente nel territorio – la prima chiusura totale del Paese è stata decretata l’11 marzo – e purtroppo l’effetto sia come numero complessivo dei contagi sia, in particolare, come effetto sulla gravità e mortalità, sarà di gran lunga superiore a quello “dichiarato” in Cina (82.000 contagiati e 3.200 deceduti). Dai dati precedenti emerge che in Cina il Governo è intervenuto con azioni restrittive quando il numero dei contagi era 1.130 mentre in Italia il numero dei contagi era superiore a 10.000. Questo ha influito significativamente”. Se il governo avesse agito per tempo e gli italiani si fossero adeguati prima, evitando dannosi controesodi, sarebbe andata meglio. Oggi, invece, abbiamo già superato le diecimila vittime (molto più che in Cina).

“Fermo restando che bisogna invitare tutti alla massima prudenza – è il commento del presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché – credo che un governo serio, sia a livello nazionale che regionale, debba cominciare a studiare le strategie di riapertura. Pensavamo che questo virus non andasse più via, ma almeno questa ipotesi è scongiurata. Dobbiamo fidarci delle analisi, e lo studio di Bevilacqua in tal senso mi tranquillizza, è credibile. Anche oggi, per la Sicilia, avevano previsto un numero di casi – 92 positivi – che sono corrisposti a quelli reali. Ci restano da scontare le ultime settimane di “detenzione” a casa, ma entro la fine del mese bisogna mettere a punto le strategie per rilanciare la Sicilia, e tirarla fuori dai guai. Anzi, chiederò personalmente a Musumeci di creare uno staff che possa lavorare alla fase-2”.

Miccichè ha provato un certo sollievo nel leggere i numeri, ma non ha alcuna intenzione di abbassare la guardia: “Credo che i siciliani siano tra quelli che si sono comportati meglio. Hanno anche subito meno multe rispetto ai residenti di altre regioni. Siamo entrati nella fase calante del contagio, a patto che si mantengano le misure utilizzate fino a oggi. Basterebbe una sciocchezza, come uscire di casa per un giorno, per rovinare tutto. Non possiamo permettercelo. E’ necessario continuare a mantenere alto il livello di attenzione da parte dei governi e dei cittadini. Penso che guanti a mascherine, per un po’ di tempo, faranno parte del nostro corredo intimo. Non sarebbe prudente ricominciare a uscire senza protezioni, e sarà necessario continuare a mantenere la distanza di sicurezza all’interno dei negozi finché un vaccino non avrà annientato il virus. Bisogna restare vigili, ma nel frattempo iniziamo a riflettere su come salvare economicamente i nostri territori”.

Forza Italia, nella fattispecie, ha presentato un pacchetto di diciotto proposte al presidente della Regione: dalla sospensione del pagamento dei canoni demaniali all’aumento dei fondi regionali per le vittime dell’usura (che in questa fase rischiano grosso), passando per misure di “settore”, come l’incremento delle quote tonno per i pescherecci siciliani o la costruzione di un fondo di solidarietà per 24 mesi a favore del comparto del florovivaismo. Miccichè, poi, non perde smalto riguardo ai suoi cavalli di battaglia. Ne cita tre: “L’abolizione delle tasse per le aziende che oggi si ritrovano a “fatturato zero”. La sospensione del Durc, che danneggia le imprese, per i prossimi dieci anni, in attesa che riparta l’economia; e l’abolizione di una follia tutta italiana, quelle delle autorizzazioni preventive, che non esiste in alcun Paese al mondo”.

Ho letto che per il Coronavirus rischiamo di perdere dieci punti di Pil – rilancia il presidente dell’Ars e commissario regionale di Forza Italia –. Significherebbe bruciare migliaia di miliardi. Sarebbe un danno incalcolabile per le aziende e la produzione in generale”. E la Regione? “L’intervento da 100 milioni è stato un bel segnale, ha impedito a molta gente di morire di fame o di assaltare i supermercati. Abbiamo addirittura preceduto di qualche ora il governo nazionale. Ma se da un lato bisogna continuare a lavorare sulla povertà, perché i soldi già stanziati non basteranno, dall’altro ci si deve muovere su quello dello sviluppo. Le aziende vanno aiutate”.

Il giudizio sulla gestione dell’emergenza è positivo: “Ma non dobbiamo commettere l’errore di parlarne al passato – ammonisce Micciché – perché il virus c’è ancora. Non posso che dire grazie a Musumeci e a quelli che hanno lavorato con lui. In questi giorni l’ho sentito spesso al telefono: il presidente era stanco, avvilito, rattristato per la situazione. Sulle sue spalle ha gravato il peso di una responsabilità senza precedenti. L’ha sentita in modo forte e ha reagito da persona seria e da leader. Anche i siciliani sono stati all’altezza della sfida. Ma bisogna continuare a comportarsi bene. Fin qui l’abbiamo fatto e i risultati, finalmente, si vedono”.