Specializzato in gestione aziendale e finanza, il professor Emanuele Salamone, palermitano, si occupa di “advocacy” presso i politici italiani, ma anche alla Commissione Europea a Bruxelles. “Rappresento diverse aziende, tra cui alcune big company del settore farmaceutico, e i loro interessi. Trovo di capitale importanza il coinvolgimento delle stesse nel processo di questa nuova rivoluzione economica”. Tra le sue mansioni, spiccano Public & government affairs, relazioni istituzionali e marketing politico.

La fase storica che stiamo attraversando, condizionata dalla pandemia in atto e da un calo drastico dei dati sull’occupazione, merita una riflessione accurata. Per evitare di trascinare a fondo le numerose imprese danneggiate dal lockdown, lo Stato ha ottenuto da Bruxelles il riconoscimento di 209 miliardi di euro che, probabilmente, saranno spendibili dalla seconda metà del nuovo anno. Il cosiddetto Recovery Fund. Bisogna organizzare al meglio la ripartizione dei fondi, per evitare di aggravare un gap strutturale che fra Nord e Sud del Paese è già atavico: “Il Recovery è stata una manovra senza precedenti, non era mai stata concessa una somma così consistente – ha spiegato Salamone a Libero -. Inutile sottolineare che il nodo centrale sarà trasformare quegli impieghi in riforme basilari che stravolgano in meglio l’economia. L’Italia è un paese che ha enormi potenzialità, ma che purtroppo si perde in un oceano di norme senza pensare alle grandi leggi strutturali: per questo è necessaria una sburocratizzazione dell’intero sistema”.

Il problema, a monte, non è da poco. Ma sull’utilizzo delle risorse, Salamone è pragmatico: “Non sono molto d’accordo sul fatto che lo sviluppo del Mezzogiorno debba costituire una priorità, come ha annunciato il governo. Il Ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, aveva spiegato che “l’azione dell’esecutivo “è orientata a uno sforzo globale per il riallineamento del Mezzogiorno all’asse del Paese e soprattutto alla lotta alle diseguaglianze sociali”. Giustissimo, aggiungo io. Ma se si parla di danni provocati dal Coronavirus, allora l’angolazione con cui affrontare il tema è diversa: i maggiori danni sono stati proprio al Nord. Quindi, lottiamo sempre per ridurre le diseguaglianze sociali Nord-Sud, ma aiutiamo in questo particolare le aree più duramente colpite negli ultimi mesi”. “Lo Stato nei confronti del Mezzogiorno – continua Salamone nella sua disamina – ha adottato sempre delle politiche assistenzialistiche che si sono rivelate sterili e non funzionali. Oggi perseguire lo stesso modello sarebbe deleterio: bisogna invece ridisegnare un piano strategico che preveda di supportare il Sud con opere reali per renderlo competitivo”.

Tra i provvedimenti più importanti da varare, in questa fase, rientra “la costituzione di una commissione permanente in Italia, con un tavolo di confronto sulle tematiche attuali”. Anche il potenziamento dello smart working, checché se ne dica in Sicilia (col presidente della Regione che ha implorato il ritorno dei dipendenti in ufficio) è uno strumento utile. Come evidenzia un osservatorio del Sole 24 Ore, citato da Salamone, “si evince che le performance delle aziende sono aumentate e l’efficienza dei dipendenti è uguale a quella prodotta all’interno gli uffici. Una notizia che certamente cambierà l’impostazione del lavoro”. E nell’Isola? “Lo smart working è il futuro, anche dopo l’emergenza Covid. Ma logicamente, dove le infrastrutture sono carenti come in molte aree del sud, non si riescono ad ottimizzare ancora i vantaggi del lavoro da remoto”. Mai disperare, però. “Il lavoro agile conviene a tutti”.