L’esperienza consumata di Davide Faraone, due volte sottosegretario nei governi Renzi e Gentiloni, è quella a cui si aggrappa l’ala riformatrice del Partito Democratico per lasciarsi alle spalle una stagione amara, non solo in Sicilia. Faraone per qualche settimana ha “abbandonato” gli scranni del Senato per proseguire – stavolta con una motivazione in più – il percorso “casa per casa”, nel tentativo di convincere sostenitori nuovi ed elettori di un tempo a partecipare alle Primarie in programma il prossimo 16 dicembre. La rivale di Faraone si chiama Teresa Piccione. Che ha accusato il leader dei renziani di aver offuscato, proponendo il suo nome, quel percorso di unità che il Pd stava cercando di imbastire per venire fuori da un correntismo sfrenato che, soprattutto durante la segreteria Raciti, aveva finito per sfaldarlo.

“Ma la verità è un’altra e sfido chiunque a confutarla – esordisce Faraone –. La proposta che mi hanno fatto era quella di indicare una persona a me vicina, attorno a cui costruire un partito a tavolino. Dal nome del candidato alla segreteria, sarebbero dipesi quello del vice, quello di chi avrebbe retto il partito nelle province ecc… Ma siccome dentro al Pd ci sono idee diverse e modi differenti di approcciarsi con la società, non potevo accettare questo modello. Credo che sia meglio un Partito Democratico che costruisce attorno alle Primarie un’occasione di rilancio e mi candido pur sapendo di assumermi tanti rischi. E sfido pure chi sostiene che i politici nazionali hanno il posto garantito grazie alle liste bloccate. Io sono qui a misurarmi coi cittadini”.

Qual è il bilancio di queste prime settimane di campagna?

“Siamo di fronte a un congresso in cui si confrontano opzioni politiche diverse. Noi stiamo imprimendo al Pd un’idea di rinnovamento. Il primo risultato della nostra proposta è aver generato tanto entusiasmo, nonostante il clima attorno alla politica e al Partito Democratico, viste le ultime sconfitte elettorali, non sia il massimo”.

Che contributo può dare Davide Faraone al Pd siciliano? Unità, serenità, prospettiva?

“La priorità è innovare e aprire il partito all’esterno. Bisogna mettere in campo azioni che vadano in questa direzione. Il tema dell’unità è importante. Ma se l’unità è costruita su un patto fra notabili, sui giochini che si fanno nelle stanze chiuse, quella è una unità che non ci serve. Io ho rifiutato questo tipo di patto perché credo che al Pd serva altro. Decideranno i cittadini, nei gazebo, cosa”.

Ha stupito l’indicazione di Antonio Rubino, leader dei partigiani, come suo vice-segretario. Il suo gruppo è nato con l’idea di osteggiare la corrente renziana fin dalla compilazione delle liste alle ultime Politiche. Cosa condividete Lei e Rubino?

“Intanto esiste una condivisione generazionale. Non solo con Rubino, ma coi sindaci e tutti gli amministratori che hanno voglia di cambiare il partito. Basta guardare le squadre in campo per capire dove sta l’innovazione e dove la conservazione. Oggi il Pd è minoranza, ma vogliamo che torni ad essere competitivo. Che sia una casa capace di accogliere tutti coloro che si sentano alternativi a Lega e Movimento 5 Stelle. Questo nuovo campo non guarda alle tessere di partito, alle appartenenze e al voto espresso in passato. Oggi la società è cambiata: alcuni esponenti del Ppe e del socialismo europeo potrebbero stare insieme benissimo. Noi abbiamo il dovere di aggregare le nuove generazioni su progetti nuovi. Coloro che cercano di resistere al cambiamento rischiano di essere travolti”.

Il concetto di “campo nuovo” ha qualcosa a che vedere con la partecipazione di Micciché alla Leopolda o ad eventuali accordi fra Pd e Forza Italia? Molti le rinfacciano questa strategia…

“Chi ne parla in questi termini lo fa in maniera strumentale. Sono gli stessi che dicono che siamo con un piede furi dal partito. Io, invece, faccio un altro ragionamento che non ha nulla a che vedere con gli apparati politici esistenti. E’ un appello rivolto a tutti i siciliani, a quelli che credono possibile costruire un’alternativa alla Lega razzista, che pensa che il mezzogiorno debba essere una sorta di casa di riposo; e un’alternativa al Movimento 5 Stelle che,ha un’idea assistenzialista di questa terra”.

Voi siete per l’abbattimento degli steccati, ma oggi parlare di “europeismo” non va di moda…

“Non abbiamo fatto abbastanza per l’Europa. Lega e M5S sono per la macro regioni, per il sovranismo, per alzare le barriere. La nostra forza politica, invece, non deve aver paura di costruire un’Europa che funzioni, con delle forze armate e una vita proprie. E in cui le decisioni prese dalla Commissione non siano bloccate nei singoli Stati membri. Dobbiamo sfidarli su questo terreno. Il campo da gioco non è più quello a cui siamo stati abituati nel passato. E’ un nuovo campo da gioco, e chi lo capisce per tempo vince. I Cinque Stelle e la Lega hanno leadership forti e stanno portando avanti un modello. Noi non possiamo più perdere tempo”.

C’è qualcuno dei leader nazionali che l’ha spinta a scendere in campo o, al contrario, ha provato a dissuaderla?

“Nessun leader nazionale ha avuto un ruolo in questa vicenda. Noi stiamo giocando una partita tutta siciliana. La Sicilia, assieme al Mezzogiorno, è stato il luogo in cui il Pd ha subito la sconfitta più sonora. In passato, prima di prendere delle decisioni, abbiamo ascoltato troppo i “suggerimenti” che arrivano da Roma. E abbiamo commesso degli errori”.

Come, ad esempio, non interrompere l’esperienza del governo Crocetta?

“Esatto, all’epoca fummo frenati. Ho il rimpianto di non essere stato più determinato. Il Pd siciliano deve diventare un modello per il resto d’Italia e non subire le decisioni da Roma. Questo è il mio obiettivo”.

Come sta operando il governo Musumeci?

“Credo che sia nostro dovere farci perdonare i cinque anni di governo Crocetta. Abbiamo avuto un’occasione e l’abbiamo sfruttata male. Dobbiamo ricreare una nostra idea di sviluppo della Sicilia”.

Quale sarà la prima mossa da nuovo segretario?

“Ridare dignità al partito, rimetterlo in piedi, tornare nei territori e investire su quelli che costruiscono consenso. Sono stanco dei padroni delle tessere, che detengono un pacchettino di tessere in un comune e tengono fuori dall’aggregazione e dal coinvolgimento tutti quelli che si trovano fuori da quel recinto minuscolo. Il Pd, anche in Sicilia, è troppo contaminato da questi signori. I cittadini normali, i giovani amministratori che vanno nelle fabbriche e si confrontano coi lavoratori, sono tenuti lontani e distanti. Noi invece dobbiamo aprire il Partito Democratico e aggregare più gente possibile. Qualcuno ebbe paura quando nel 2014 raggiungemmo il 41% alle Europee. Io invece ero entusiasta e mi piacerebbe ritornare a quei numeri”.

Qual è il modello di Mezzogiorno che propone?

“Alternativo a quello di Lega e Cinque Stelle. Bisogna attuare delle misure che facciano emergere un elemento di differenziazione. Se loro pensano al reddito di cittadinanza, noi dobbiamo pensare alla detassazione totale per le imprese che investono nel Mezzogiorno e in Sicilia; se loro pensano alla casa di riposo, noi dobbiamo pensare alle infrastrutture; se loro pesano a bloccare le opere pubbliche, noi le dobbiamo realizzare. Un Pd forte queste cose le può fare”.

Anche la bellezza è un concetto che torna spesso nei suoi discorsi

“E’ un tema centrale. Se si riparte da lì davvero possiamo rilanciare la Sicilia. E’ un’idea che va in contrasto, ad esempio, con quella perversa del sindaco di Bagheria, che salva gli ecomostri per fare affari. In questo ambito, e lancio un messaggio anche a tutte le forze politiche presenti in Assemblea regionale, ci vuole più coraggio e determinazione. Pensare che questa regione si governa galleggiando è un’idea sbagliata”.

Ultimo cruccio. Tutti prendono le distanze da Matteo Renzi, Lei non lo ha ancora fatto. E’ il modo più originale per avere maggiori chance di vittoria?

“Sono ridicoli quelli che prima lo applaudivano, facevano a gara per scattarsi un selfie con lui, magari gli votavano le riforme in Parlamento, e oggi affermano che ha sbagliato tutto. Questo saltare sul carro del vincitore – prima Bersani, poi Renzi, poi qualcun altro – è un’idea perversa della politica italiana, da cui io sono lontano anni luce. Io sono coerente: ho delle idee e le porto avanti. Si perde, si vince, ma la coerenza è un elemento discriminante. Vedere quelli che mi contrastano, e che hanno litigato fra loro in modo incredibile, farmi una coalizione contro e diventare i paladini dell’anti-renzismo è veramente ridicolo. E credo che i cittadini se ne accorgeranno”.