La prima cosa che mi viene in mente è il ricordo di quando, in genere, il sabato poco prima di pranzo (diciamo verso mezzogiorno), arrivava il nonno e allora noi bambini, dopo il saluto di rito, eravamo spediti nella nostra stanza a giocare alla guerra o a leggere un libro – cultura e difesa, appunto – mentre ‘i grandi’ andavano in salotto a parlare di ‘cose serie’. E’ più o meno la fine del PD, con il suo leader che, ormai privo del Cavaliere thailandese, cerca di convincere se stesso e poi, forse, quelli che lo ascoltano che, appunto ‘raccogliamo i risultati del nostro lavoro’. Se così è, il risultato è: via dal ministero dell’Economia, via dalle Infrastrutture, via dal Turismo, via dal Sud e tutti in camera vostra a giocare alla guerra e a leggere un libro o guardare la televisione! Dimenticavo, il PD, mentre la Lega pensa, con il premier, allo Sviluppo economico, avrà il compito non proprio divertente di ‘dialogare’ con i sindacati alla vigilia della fine del blocco dei licenziamenti. Neanche Gianni Agnelli sarebbe stato così bravo.

Il governo è un’opera di ricamo di tale qualità che neanche le monache benedettine di San Giovanni avrebbero saputo immaginarlo. C’è del sadico, una lunga vendetta democristiana. Il PD, partito moderno e all’avanguardia dei diritti civili, non ha alcuna donna ministro. I Cinque Stelle, forti al Sud Italia, hanno ministri di Belluno, Trieste e Cuneo, a parte il bravo ragazzo napoletano, che con Draghi premier, farà più che altro il capo di un’agenzia di viaggi all’estero. Per Forza Italia, poi, ministri o ministre rigorosamente ‘senza portafoglio’, che per il Cavaliere è un ossimoro. Superministero? Sì, certo, ma a un tecnico della Normale, mica a Toninelli! Salvini deve digerire Giorgetti, che è più vicino a Draghi che a lui stesso, ma è felice del Turismo, forse in memoria del Papeete. Leu rimane dov’era, con il sospetto che Arcuri dovrà presto lasciare qualche responsabilità ad altri. Per Conte, è servito Colao che adesso troverà qualcuno che lo ascolta veramente. Renzi aspetterà il secondo giro, ben sapendo che a questo gli toccava il dessert.

Alcune cose, per la storia. Il governo sarà ambientalista, dice il Primo Ministro. Una sdoganatura coi fiocchi. Checché ne pensi Grillo, l’ambiente, ora che è un affare da 40 miliardi di euro, non è più una questione identitaria di sinistra o di uno sparuto gruppo di ambientalisti, ma diventa quello che deve essere, un patrimonio e un valore comune. E questo è bene. Tecnico o politico? Dal 1947 all’ultimo governo Andreotti VII (o Amato I), nessun governo fu mai presieduto se non da un eletto, politicamente attivo. Dal 1992, fisiologia o traumatica sia stata la fine dei partiti ottocenteschi e novecenteschi, ben quattro governi ‘tecnici’. Qualcosa vorrà pur dire. Forse che la costruzione di una nuova classe politica non può passare facilmente attraverso i partiti del leader o della piattaforma sul web, ma richiede una formazione libera e aperta.

Il vuoto c’è e si vede, milioni di italiani cambiano idea anche troppo rapidamente e i sondaggi dichiarano troppo in fretta morti e resurrezioni. Le decine di milioni di Italiani che votavano al centro la Dc e a sinistra il PCI, sono passati dal confronto di titani a un arcipelago di partiti dalle dimensioni polinesiane. Forse che lavorare con il consenso è una cosa, farlo per il consenso è ben altra cosa. Una cosa è certa programmare la spesa e immaginare come farlo sarà compito del premier e dei ministri della sua squadra e questo sarà fare politica, altro che tecnica. Gli altri, se saranno capaci di uscire dalla infinita campagna elettorale forse perderanno un poco di consenso, ma guadagneranno il rispetto degli Italiani. Speriamo bene. Buon lavoro a tutti.