È morto, all’età di 92 anni, il magistrato Alfonso Giordano, noto per avere presieduto il primo maxiprocesso a Cosa nostra. A darne conferma il figlio Stefano, avvocato penalista: «Oggi alle 13:30 il Presidente Alfonso Giordano è tornato serenamente alla casa del Padre. Le esequie – comunica Stefano Giordano via Facebook – si svolgeranno in forma strettamente privata. Ne danno notizia i figli, uniti nel dolore e nella Speranza della Risurrezione».

Nato il 22 dicembre del 1928, entrò in magistratura nel 1952, iniziando la carriera in Sardegna. Dopo vari incarichi, rientra a Palermo come sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale, dove nel 1960 si occupa dei moti di luglio, svolgendo le funzioni di pubblico ministero nel processo a carico di decine di rivoltosi accusati di devastazione, saccheggio, ed altri reati, conseguendo numerose condanne.

Passato alla prima sezione civile del Tribunale di Palermo, dopo il rifiuto di diversi colleghi, accettò di presiedere la corte del primo maxiprocesso alla mafia (giudice a latere Pietro Grasso, che poi divenne procuratore nazionale antimafia e presidente del Senato). Accettò così l’incarico di condurre il dibattimento con 475 imputati scaturito dalle inchieste del pool antimafia, di cui facevano parte Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Divenne successivamente presidente della prima corte di Assise di Palermo. Il maxiprocesso iniziò a Palermo il 10 febbraio 1986. La corte lo portò a termine, superando anche gli ostacoli procedurali sollevati dai difensori degli imputati. Nei confronti dello stesso presidente venne avanzata la ricusazione. Il verdetto, emesso dopo una camera di consiglio durata 35 giorni, sancì condanne a 19 ergastoli, 2.665 anni di reclusione e 11 miliardi di lire di pene pecuniarie inflitte ai vertici di Cosa nostra. Era il 16 dicembre 1987. La sentenza, al termine dei tre gradi di giudizio, fu in massima parte confermata dalla Cassazione nel 1992.