Hanno davanti uno scandalo grande quanto una casa, uno sporco affare che è costato alla Regione qualcosa come novanta milioni ma loro, le anime belle dell’antimafia, gli eroi della comoda Sesta Giornata, preferiscono strapparsi i capelli per una storia raccattata nella periferia palermitana; dove una poveraccia, travestita da cantante neomelodica, ha mandato – dal palco di una festa rionale – il suo saluto a un boss morto tre anni fa. Per carità, è sempre dovere della cultura indignarsi per i peccati della sottocultura. Ma l’accanimento che spinge i maestrini dalla penna rossa a flagellare con tanto zelo la peccatrice di Passo di Rigano, chiamiamola così, suscita qualche perplessità. E anche qualche interrogativo: è mai possibile che le anime belle della nostra antimafia si risvegliano solo per le pagliuzze e mai per le travi che pure entrano nei loro occhi?