Sono giorni di bilanci. Ma soprattutto di Bilancio. Quello della Regione sbatte sui 2 miliardi di disavanzo certificati dalla Corte dei Conti, che ha costretto il governo a tagliare numerosi capitoli di spesa in Finanziaria (250 milioni solo per il 2019). Scatenando polemiche nel mondo del lavoro, ma anche in quello della cultura, dell’istruzione e del trasporto pubblico. L’operato di Musumeci e Armao ha fatto registrare un’ondata di polemiche a livello politico, con il Pd in prima fila. I “dem” hanno dato la colpa dei conti sballati e di questa macelleria sociale proprio al governo in carica. Ma Musumeci la pensa diversamente: “Due miliardi e 134 milioni di euro: a tanto ammonta il disavanzo che la Regione Siciliana deve oggi ripianare. E’ la più pesante eredità lasciata ai siciliani dal governo Crocetta (assieme agli otto miliardi di debiti), risalente al bilancio del 2015. Già il 20 dicembre scorso, con largo anticipo, avevamo deliberato in giunta il bilancio 2019 (in passato lo deliberavano quattro mesi dopo), dotando i capitoli strategici di tutte le risorse necessarie per essere disponibili sin da subito ed evitare di aspettare l’autunno per le variazioni – insiste il governatore -. Ma tutto è stato vanificato dalla batosta della magistratura contabile che tre settimane fa ha confermato: nel bilancio 2015 del governo Crocetta c’è carenza di presupposti giuridici di crediti e di debiti contabilizzati”.

Il Pd, però, non è d’accordo e individua in Musumeci il primo responsabile di questo stallo: “Sono ipocriti” reagisce il leader di Diventerà Bellissima, che adesso si affida alla bontà del governo romano: “La soluzione – afferma Musumeci – non può essere che una e deve darla Roma: far comprendere al governo Conte che i 382 milioni di disavanzo la Regione non può ripianarli in due anni ma in trenta. Per lo Stato non cambierebbe nulla, ma per molti siciliani sarebbero lacrime e sangue”.