Su richiesta della difesa e delle parti civili, il giudice per le udienze preliminari di Catania, Nunzio Sarpietro, ha disposto, nell’ambito del procedimento sulla Gregoretti, un’ulteriore attività istruttoria che prevede, tra l’altro, l’audizione del premier Giuseppe Conte, dei ministri Lamorgese, Di Maio e degli ex ministri Trenta e Toninelli. Il giudice ha stabilito, inoltre, che il presidente del Consiglio sarà sentito nella prossima udienza fissata per il 20 novembre nell’aula bunker del carcere di Bicocca. Nella stessa data toccherà agli ex ministri Toninelli e Trenta. Per Di Maio e Lamorgese l’appuntamento è in programma il 4 dicembre. Il gup ha anche disposto l’acquisizione di documenti sugli altri sbarchi avvenuti nello stesso periodo.

“Era la mia prima volta in tribunale da potenziale colpevole e imputato, sono assolutamente soddisfatto di aver sentito da parte di un giudice che quello che si è fatto non l’ho fatto da solo. Era parte di una procedura”. L’ha detto il leader della Lega Matteo Salvini  in conferenza stampa, a a Catania, dopo l’udienza preliminare. L’ex Ministro ha deciso, invece, di annullare l’ultimo comizio alla Vecchia Dogana, dove la Lega ha trascorso gli ultimi tre giorni a discutere di “libertà”.

“La prossima volta tornerò in compagnia – ha detto Salvini, seduto al fianco della Bongiorno (che durante l’udienza si è procurata un infortunio) -. Adesso sarà qualcun altro a dover dire quello che ha fatto. Mi sono rifiutato di dire ‘sono colpevoli anche loro’ (Conte e gli altri ministri, ndr). La mia tesi è che sono innocenti anche loro. Avrei potuto dire il contrario per spirito di vendetta. E invece io spero che vengano qua per mezz’ora e poi si occupino di altro”. “Devo dire che la giustizia italiana è comunque una giustizia che funziona. Oggi sono ancora più tranquillo di ieri e non vedo l’ora di tornare dai miei figli”, ha detto ancora ai giornalisti. “È normale che l’unica presenza politica oggi in piazza era il Pd? Ma manco in Venezuela un partito di governo aderisce a una manifestazione di piazza che vede a processo il leader dell’opposizione”.

Come previsto, la Procura ha nuovamente richiesto, come nella prima fase del procedimento, il “non luogo a procedere” e quindi il proscioglimento per Salvini. L’avvocato Giulia Bongiorno per la difesa ha chiesto sentenza di “non luogo a procedere” perché il fatto non sussiste. Bongiorno inoltre ha richiesto un approfondimento probatorio da parte del giudice al fine di accertare se le procedure di sbarco indicate nel capo di imputazione sono tutt’ora seguite dal governo Conte 2, anche procedendo all’audizione del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese (ma solo per lei, ha specificato la difesa). La richiesta è stata accolta.

Meloni e Tajani a Catania per l’amico Matteo

Quello che Matteo Salvini aveva da dire, l’ha già scritto – in realtà – in cinquanta pagina di memorie difensive che ha fatto pervenire al gip Nunzio Sarpietro e pubblicato sul sito internet della Lega (“in nome della trasparenza”). Che non avesse voglia di parlare di fronte al Gup, invece, lo aveva preannunciato ieri sera a Catania, dove il Carroccio ha organizzato tre giorni per parlare di “libertà” (al plurale, s’intende). In una piazza non troppo piena, a causa delle regole del distanziamento, prima dell’intervista tête-à-tête con Maria Giovanna Maglie, Salvini aveva spiegato di essere “assolutamente tranquillo. Penso di aver fatto il mio dovere e ho totale fiducia nella giustizia italiana”. Questa mattina ha fatto colazione con Meloni e Tajani in un hotel del lungomare. L’incontro, inizialmente previsto in piazza Duomo, è stato cancellato per motivi di sicurezza.

 

Grazie davvero a Giorgia Meloni e ad Antonio Tajani che questa mattina a Catania, prima dell’udienza in Tribunale, mi hanno portato la loro solidarietà e il sostegno delle comunità politiche che rappresentano.

Pubblicato da Matteo Salvini su Sabato 3 ottobre 2020

 

Sul caso Gregoretti “abbiamo scritto di aver salvato salvato vite – spiegava ieri l’ex Ministro -. Non si è fatto male nessuno, non si è ferito nessuno. Abbiamo semplicemente ridato onore all’Italia, rispettato le leggi e svegliato l’Europa. L’Italia non poteva continuare ad essere il campo profughi d’Europa, cosa che è tornato ad essere con questo governo. I confini di un Paese sono sacri, la sicurezza va difesa. Era il mio lavoro, non ho torto un capello a nessuno. Anzi, durante il mio Ministero i morti si sono più che dimezzati”. Fermo restando la fiducia nella magistratura, “il mio processo è una violenza alla Costituzione – ha proseguito il segretario del Carroccio -. Sapevo che interrompere quel flusso di denaro delle Ong avrebbe comportato dei rischi. Ma non avrei mai pensato che il mio lavoro mi avrebbe portato un sabato mattina in Tribunale. Forse è la prima volta che in Europa un ex Ministro viene processato per un’azione relativa al suo governo. Ma andrò forte delle mie idee. Ho fatto quello che la legge permetteva”.

Salvini inoltre ha rivendicato la funzione “politica” della tre giorni catanese, sebbene Giorgia Meloni insistesse che “di fronte ai giudici politicizzati non resta che la protesta”. “Noi stiamo facendo dibattiti sul futuro dell’Italia – spiegava Salvini al Porto – Siamo ancora in democrazia oppure no? Se in piazza Pd e centri sociali ritengono di far casino mi spiace. Non lo merita Catania e non lo merita l’Italia. Noi stiamo facendo proposte. Possiamo parlare di bellezza, turismo, arte o dobbiamo chiedere il permesso a qualcuno?”.

Salvini in Sicilia fra tribunali e campagna elettorale

Il primo ad accogliere Matteo Salvini in questo tour dei tribunali – si comincia da Catania, ma verrà fissato un appuntamento anche a Palermo, per la vicenda Open Arms – si chiama Lorenzo Seminerio, candidato a sindaco della Lega nel paesino di San Giovanni La Punta. Sembra che l’ex Ministro dell’Interno sia stato abilissimo a unire l’utile al dilettevole. Ha utilizzato l’occasione – l’udienza preliminare di un processo dove è accusato di “sequestro di persona aggravato” – per spingere sull’acceleratore una campagna elettorale che il Carroccio, in Sicilia, ha condotto a fari spenti. La frammentazione del centrodestra e la scelta/esigenza di andare da soli, già alla vigilia appare un sacrificio dichiarato.

La presenza di Seminerio prima, e di Damiano Maisano e Massimo Casertano, rispettivamente candidati a Milazzo e Augusta, poi, hanno addolcito l’attesa del “capitano”, che varcando le soglie del Palazzo di Giustizia, entra in una nuova fase della propria esperienza politica. Prima di imbarcarsi per la Sicilia si è detto tranquillo. Ma come sempre le novità spaventano: così il segretario ha deciso di portarsi dietro un bel po’ di sostenitori. Di ricreare a Catania il clima caliente di Pontida, anche se le circostanze non c’azzeccano. Eppure ci saranno tutti: dalla Meloni, che si paleserà al grande circus sabato mattina, in occasione del comizio dell’alleato, ai forzisti, che Berlusconi ha mobilitato per partecipare a questa grande “festa di libertà”. Nessuno più del Cav., d’altronde, può capire e apprezzare l’origine dello sforzo.

E in questi giorni, tanti, fra gli addetti ai lavori, hanno segnalato la “berlusconizzazione” di Salvini. Quella capacità, figlia della strategia, di “scatenare” contro i giudici l’arma più mansueta e più convincente: il popolo. Il web è invaso dalle iniziative leghiste: ad esempio, la maglietta cattura-selfie, con la scritta “Processate anche me”, su sfondo blu.  A Catania la indosseranno in parecchi, anche se i posti a disposizione degli organizzatori sono contingentati a causa delle restrizioni Covid. Il rassemblement mediatico rischia di ridurre in poltiglia il processo vero e proprio, che Candiani ha etichettato come “politico”: “Matteo va alla sbarra dopo la votazione figlia di un accordo politico tra Pd e 5 Stelle”, ha spiegato al Corsera. Tuttavia Salvini è stato bravo a trasformarlo in “altro”. Un momento per parlare di libertà. E per affrontare i temi che il Paese, ma anche l’Isola, sentono molto: le infrastrutture, che ieri hanno aperto la kermesse, passando per i migranti. E poi il turismo, l’agricoltura, la pesca, le autonomie. La Lega e il Sud hanno in comune più di quanto farebbero credere i trascorsi. Anche se in tanti ancora non l’accettano.

Salvini, con questo tentativo di dissimulare (o esorcizzare) l’appuntamento in tribunale, ha l’obiettivo di rinsaldare la propria posizione agli occhi dei sostenitori. Ma anche del Paese. E soprattutto degli avversari politici, che, almeno parzialmente, pensavano di esserselo scrollato di dosso. Gli ultimi risultati, ad esclusione del Veneto, lo hanno fiaccato nello spirito e nell’orgoglio. Ne hanno rallentato, e di molto, la scalata. Da qualche parte bisogna ripartire: ecco la teoria dell’utile e il dilettevole. Anche se nei tribunali – Berlusconi insegna – si rischia di restare impantanati.

A Catania è solo un’udienza preliminare (interlocutoria e dedicata alla costituzione delle parti civili). Nelle prossime settimane i giudici dovranno stabilire se mandare l’ex Ministro a processo oppure no. I fatti, ormai noti, risalgono al luglio 2019. Quando Matteo Salvini trattenne 131 migranti – raccolti nel Mediterraneo attraverso due distinte operazioni di salvataggio – a bordo della nave Gregoretti, una motovedetta della Guardia costiera. Sei giorni in mare, ad eccezione di donne e bambini che furono “rilasciati” dopo quarantott’ore. L’allora capo del Viminale, che sostiene di aver difeso il suo Paese, dichiarò di aver preso tempo in attesa di un accordo sulla redistribuzione fra i Paesi europei. Accordo che sarà raggiunto, contestualmente al “liberi tutti”, la notte del 31 luglio. Da quel momento solo peripezie. Che l’ex Ministro, mollato sull’altare del Papeete da Conte, Di Maio e compagnia cantante, ha dovuto affrontare da solo. Nel febbraio di quest’anno, di fronte alla richiesta del Tribunale dei Ministri, il Senato ha concessione l’autorizzazione a procedere. Con un capo d’imputazione assai grave: sequestro di persona.

Aver fatto l’interesse degli italiani, nella visione di Salvini, gli è costato un prezzo enorme, un’accusa infamante. Il messaggio è questo. Ma il tentativo di discolparsi è al centro di un disegno più grande che prevede la partecipazione di migliaia di persone. E contestualmente un “allargamento” del campo. Saranno protagonisti, per nulla silenziosi, anche i vari gruppi di sinistra, compreso il Partito Democratico, che scenderanno in piazza contro quella che definiscono “caciara giudiziaria”. L’appuntamento in tribunale – dove il capo dei gip di Catania, Nunzio Sarpietro, ha promesso un clima sereno – si trasforma così nell’ennesima contrapposizione politica che l’atmosfera un po’ smorta della pandemia era riuscita a smorzare. Come, d’altronde, i risultati più recenti di Salvini: che non è più, non in questa fase, il temutissimo “leader nero” all’assalto di Palazzo Chigi. Detentore del 40% dei consensi. La data del processo giunge, inoltre, alla vigilia di un Consiglio dei Ministri in cui verrà deciso di cassare i decreti sicurezza. Di riaprire i porti, parafrasando la Lega. Di rendere il Paese meno sicuro e più derelitto di quanto non sia già. Una congiuntura astrale che il “capitano” ha provato a indirizzare sui binari a lui più congeniali.

L’appuntamento di via cardinale Dusmet, inoltre, servirà a esplorare altri due elementi di cruciale interesse. Da un lato, capire chi sta con Salvini e chi no. Dall’altro, se la Lega, in Sicilia, è diventato un progetto maturo. Su chi ci sarà, si è ampiamente detto: è toccato a Gianfranco Micciché, che non più tardi di alcuni mesi fa, prima di riceverlo all’Ars, aveva subissato il rivale di critiche (e insulti) per questa ostentazione muscolare nei confronti dei migranti. Si sono visti anche alcuni assessori del governo, come Falcone (Forza Italia), Samonà e Razza, sostenitore di una federazione con Diventerà Bellissima. Oltre al governatore Musumeci.

Il secondo elemento, invece, è il più enigmatico. Riguarda la costruzione della Lega in salsa sicula. Dopo aver visto ridurre il proprio contingente all’Assemblea regionale (i quattro deputati di partenza si sono dimezzati) e aver riorganizzato le gerarchie all’interno del partito, il voto di domenica arriva al momento giusto. Dall’evento di Catania, di per sé ibrido e trasversale, sarà impossibile decifrare il consenso, o quanti realmente abbiano somatizzato la trasformazione dei lùmbard in “partito della nazione”. E di quanto sia importante il progetto delle federazioni. Già da lunedì prossimo, al momento dello spoglio, se ne saprà di più. La storia delle ultime settimane, e le corse intraprese in solitaria, non fanno essere ottimismi. E la forza del leader, di per sé in calo (nelle Regioni e nei sondaggi), rischia di diventare un inutile palliativo. Bisogna mettere un punto e ripartire. Convincere i siciliani attraverso i temi, l’azione di governo e una classe dirigente all’altezza, che non debba essere per forza la replica dell’unico e inimitabile mattatore.