“Sono serena e durante il sequestro sono stata trattata sempre bene”. Inizia così il racconto del rapimento di Silvia Romano, che è tornata ieri in Italia dopo 18 mesi di prigionia in Kenya, presso gli estremisti di Al Shaabab. La giovane attivista, accolta in aeroporto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal capo della Farnesina, Luigi Di Maio, è subito stata interrogata dagli inquirenti dopo aver stretto in un tenero abbraccio i familiari: “Mi hanno assicurato che non sarei stata uccisa, e così è stato – ha detto la Romano, parlando dei suoi rapitori -. In questi mesi sono stata trasferita frequentemente e sempre in luoghi abitati e alla presenza degli stessi carcerieri”.

Quanto alla sua conversione all’Islam, Silvia ha raccontato che “è successo a metà prigionia, quando ho chiesto di poter leggere il Corano e sono stata accontentata” definendo la sua conversione all’Islam “spontanea e non forzata. In questi mesi mi è stato messo a disposizione un Corano e grazie ai miei carcerieri ho imparato anche un po’ di arabo. Loro mi hanno spiegato le loro ragioni e la loro cultura. Il mio processo di riconversione è stato lento in questi mesi. Non c’è stato alcun matrimonio né relazione – ha raccontato ancora – solo rispetto. Mi sono spostata con più di un carceriere in almeno quattro covi, che erano all’interno di appartamenti nei villaggi – ha ricordato Romano – Loro erano armati ed a volto coperto, ma sono sempre stata trattata bene ed ero libera di muovermi all’interno dei covi, che erano comunque sorvegliati”.

La giovane è scesa dalla scaletta dell’aereo con indosso una veste islamica verde, oltre alla mascherina anti-coronavirus. La cooperante è stata liberata in una zona non lontana dalla capitale della Somalia. La sua liberazione sarebbe costata 4 milioni di euro. La cifra ha già scatenato gli odiatori sui social.