Sotto la superficie delle parole e delle cose c’è una verità facilmente comprovabile: il presidente Nello Musumeci, che accusa un giorno sì e l’altro pure i dipendenti regionali di essere “grattapancia” e “fannulloni”, non ha fatto nulla in due anni e mezzo di governo per invertire la rotta di una macchina burocratica che funziona poco e male. Zero concorsi. Tanto meno una riforma della pubblica amministrazione. Da uomo tutto d’un pezzo qual è e si ritiene, il presidente avrebbe dovuto aggiungere una postilla ai ragionamenti esibiti, sabato scorso, a Catania, e confermati ieri in un’intervista al Foglio, cioè: io questa burocrazia non riesco a cambiarla, è più forte di me. Sarebbe stato più onesto intellettualmente e avrebbe reso giustizia alla schiuma di rabbia che da qualche mese riversa sulla struttura amministrativa della Regione: composta da 13 mila dipendenti e oltre mille dirigenti.

Ma andiamo con ordine. Ripartendo da alcuni tratti salienti dell’intervista concessa da Musumeci a Carmelo Caruso. “Non so cosa sia il pentimento. No, io non mi sono pentito. Ho ragione. Anche i siciliani la pensano come me”, ha detto il presidente della Regione siciliana. Ma per evitare che l’invettiva scivoli sulla buccia del populismo, un’arma con cui tenta quotidianamente di togliere spazio alla Lega e a Salvini, il governatore ha approfondito il senso delle sue parole: “Ci sono dipendenti che bruciano i tempi, ma ce ne sono altri che bruciano le speranze – ha rivelato a ‘Il Foglio’ -. Mi riferisco all’efficienza, ai tempi che la nostra burocrazia regionale impiega per liquidare una fattura, per erogare delle risorse. Sono impiegati inetti e incapaci che andrebbero sostituiti”. Su quest’ultima affermazione l’autogol è clamoroso, e vi spieghiamo il motivo.

Nello Musumeci è – formalmente – il presidente di questa squadra di “inetti e incapaci” chiamata burocrazia regionale. E’ il governatore, ogni anno, a impartire le direttive agli assessori che, a cascata, le trasmettono ai dirigenti generali, a quelli di struttura e, infine, ai dipendenti. Una squadra, tuttavia, che ogni anno, mantiene una performance da Champions League. Altrimenti non si spiegano i premi a pioggia che ricoprono dirigenti e comparto non dirigenziale, costituito per l’80% da gente che si gratta la pancia (cit.). I dipendenti, ad esempio, possono contare su un tesoretto che supera puntualmente i 40 milioni annui. E oltre ad accedere al salario accessorio mediante il ‘piano di lavoro’ – ossia la produttività certificata dai dirigenti generali in base agli obiettivi fissati da ogni dipartimento – possono contare sulla remunerazione delle indennità (di guida per gli autisti, di turnazione per i custodi, e così via). Non ce n’è mai stato uno, nella storia, che non abbia raggiunto l’obiettivo.

Anche i dirigenti, va da sé, ottengono valutazioni altissime, impeccabili, quasi immacolate, da parte dell’Oiv (l’indennità di risultato pesa – mediamente – il 30% dell’indennità di posizione). L’organismo indipendente di valutazione, invia la relazione sul tavolo di Musumeci che, dopo aver ottenuto l’apprezzamento della giunta, firma, sbloccando i pagamenti della ragioneria generale. E non eccepisce nulla rispetto a queste performance esplosive. La cerniera che tiene insieme l’amministrazione, che spinge questo squadrone verso successi (confutabili), e comprova la qualità dei giocatori in campo (i dipendenti), sono appunto i dirigenti generali che Musumeci premia e si ostenta a confermare nel ruolo di allenatore. Senza turnarli mai. Da qui la critica del deputato regionale del Pd, Nello Dipasquale, secondo cui “da tre anni si parla di riforma della burocrazia e, a oggi, nulla è stato presentato dal governo in Assemblea”.

L’altro aspetto che fa riflettere delle dichiarazioni di Musumeci, è la parola “sostituire”. Sostituire come, se la Regione non fa un concorso da vent’anni? Il 28 novembre 2019, magnum gaudium, il governatore e l’assessore alla Funzione pubblica, Bernadette Grasso, annunciavano l’approvazione del piano triennale dei fabbisogni di personale, con la previsione di 1.500 assunzioni in tutti i settori della pubblica amministrazione: dall’ufficio stampa e documentazione (smantellato da Crocetta), passando per il rafforzamento dei Centri per l’Impiego e per il superamento del precariato storico. Comprese le procedure di mobilità all’interno della Cuc, la centrale unica di committenza che nel frattempo è finita al centro dello scandalo di Candela e Damiani. “La macchina Regione – annotava Musumeci – ha bisogno di forze nuove e fresche per affrontare la sfida del futuro”.

Ma dopo otto mesi siamo al punto di partenza. Per i Cpi, dove sono stati arruolati 400 navigator (ma dall’Anpal, a seguito di un concorso nazionale), non è stata avviata alcuna procedura di selezione pubblica. Idem con patate per il resto della struttura burocratica regionale, ad eccezione dell’ufficio stampa. Eppure le condizioni ci sarebbero tutte: le politiche di spending review adottate a livello centrale sono venute meno, così come i divieti di assumere nelle pubbliche amministrazioni. Le gazzette ufficiali regionali sono piene zeppe di concorsi. Ad eccezione di quella siciliana. Dalle nostre parti si preferisce stabilizzare senza concorso – come, di recente, gli albisti della Sas, passati da 12 a 32 ore settimanali – o al massimo “nominare”. “Non si riesce a dare una speranza ai nostri giovani – denuncia il solito Dipasquale -. Tant’è vero che l’Assessore Cordaro si è fatto autorizzare i concorsi per i forestali con una norma ad hoc e lo stesso sta facendo l’Assessorato ai Beni Culturali che, con un apposito provvedimento in V Commissione, si sta facendo autorizzare specifiche assunzioni”.

Perché non si facciano i concorsi è un mistero che nessuno ha voglia di svelare, tranne poche voci libere. Che riconoscono il profondo “legame” tra istituzioni e lobby, soprattutto in materia di consenso. La casta dei dipendenti, come spiega Emanuele Lauria in un editoriale su Repubblica, è infatti “un bacino elettorale da coccolare a ogni appuntamento con le urne”. Lo era per Cuffaro, per Lombardo e in parte anche Crocetta. Mentre Musumeci, a metà mandato, ha deciso di fare il duro: valutando, probabilmente, che è più redditizio cedere al populismo anziché alla “casta”; e che non è possibile procedere a una riclassificazione del personale senza concorso (su cui s’impuntano alcune lobby), o la Corte dei Conti si insospettirebbe per davvero. Così ha cambiato registro.

Motivo per cui anche l’assessore Bernadette Grasso, in un comunicato, è passata dal fioretto alla sciabola: “Desta meraviglia che i sindacati non si siano accorti del processo di riorganizzazione e semplificazione della macchina amministrativa messo in campo dal governo Musumeci – ha detto l’esponente di Forza Italia -. Forse il livore delle sigle sindacali che oggi alzano la voce è dettato da questioni che non riguardavano i dipendenti regionali bensì privilegi dagli stessi sindacati acquisiti nel tempo, che con l’attuale Amministrazione sono stati aboliti? I privilegi non esistono più: né per i politici, né per i sindacati, né per i dipendenti o i dirigenti”. Paroloni.

Nessun chiarimento, da parte del governo, è arrivato invece sull’annosa questione della “terza fascia”, dove alcuni ex funzionari – in barba a qualsiasi giurisprudenza – sono stati nominati al vertice dei dipartimenti. Avviare una procedura concorsuale, senza passare da una progressione automatica contro natura (proposta e poi stralciata in un collegato della Legge di Stabilità 2019), avrebbe permesso di colmare una vacatio ventennale, riducendo la portata di un eventuale danno all’erario per l’incauto utilizzo dei dirigenti di cui sopra. E allo stesso tempo, di avviare una turnazione vera del personale regionale, di cui ci si riempie tanto la bocca. Introdurre forze giovani e fresche, come le ha definite Musumeci, potrebbe snellire iter e procedure, spalando un po’ di fango dal pantano in cui si è ficcata la burocrazia. Ma allora, perché non succede? Perché la parola “concorso” è diventata un tabù? Perché ci si lamenta e non si opera? Lo dicano presidente e assessori, così tutti quanti – noi compresi – ce ne faremo una ragione.

E anche sullo smart working, attivato per ottomila regionali, il presidente della Regione non c’ha visto giusto. Ha fiutato il pericolo che molti di loro, da casa, si dedicassero all’ozio piuttosto che alle pratiche, e per questo a fine giugno ha chiesto alla Grasso di predisporre l’immediato ritorno in ufficio per almeno la metà del personale. Tralasciando il fatto che – come dice Giuseppe Lupo, capogruppo del Pd, “il lavoro agile è stato necessario per l’emergenza Covid anche perché il governo regionale non è stato grado di garantire la sanificazione e la sicurezza degli ambienti lavorativi”. Ma Musumeci non si fida più, ed è sempre pronto alla guerra.

La riforma della burocrazia e della pubblica amministrazione, però, restano un sogno di mezza estate. Un’illustrazione da volantino elettorale, come discettano i sindacati. Il rischio è che al termine di questa legislatura, dopo cinque anni di insulti, improperi e rivoluzioni annunciate, Musumeci abbia raccolto il nulla. Se non la terribile sensazione di aver pagato profumatamente dei campioni che si sono rivelati mezze calzette. Una beffa, no?

L’assessore Grasso: “Pronti a partire coi concorsi”

“Dopo l’ultimo concorso che risale al 1991 e i successivi anni scanditi dal blocco delle assunzioni votato dal precedente Governo, anche da chi oggi si permette di sentenziare sul mio operato, rispondo con i fatti: grazie al nostro lavoro bandiremo nuovi concorsi all’interno della Regione Siciliana”. Lo ha detto l’assessore al personale e alla Funzione pubblica, Bernadette Grasso. “Il primo bando partirà in autunno per specifiche figure professionali di cui si ha esigenza, in coerenza con il piano dei fabbisogni che sottolineo è stato da noi fatto per la prima volta. Nel 2021 saranno assegnate altre unità, oltre le 706 assunzioni del 2020 per il potenziamento dei Centri per l’Impiego. Seguiranno altri bandi, man mano che ci saranno i pensionamenti”.

Grasso assegna la responsabilità al governo Crocetta: “Appena un anno dopo il mio insediamento, abbiamo sbloccato le assunzioni e approvato il piano dei fabbisogni e del personale. Abbiamo riorganizzato gli uffici regionali riducendo le strutture dirigenziali attraverso una mappatura dei processi – continua l’Assessore di Forza Italia -. Questi sono fatti. Non ho nessun problema a dire che se non fosse stato per le norme varate dal precedente Governo avremmo potuto assumere molte più unità. Purtroppo, il blocco delle assunzioni e le norme sui prepensionamenti varati dal governo precedente – l.r. 9/2015 art.49, comma 11, che in presenza del prepensionamento, permetteva di assumere nella misura del 10% dei prepensionati, e successiva l.r. 27/2016 art.16, comma 3, che ha confermato il blocco delle assunzioni tranne che per le stabilizzazioni – ci hanno tagliato le gambe, perché oggi nei fatti, limitano le facoltà assunzionali. Una cesoia che per nulla dipende da quanto da me svolto in questi due anni e mezzo al Governo. Anzi, al contrario o cercato di porvi rimedio”.

I sindacati querelano Musumeci

Il Cobas-Codir, il sindacato maggiormente rappresentativo della Regione Siciliana, ha, stamane, formalizzato il mandato ai propri legali perché querelino il Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci. Una decisione che nasce a seguito delle “irricevibili e lesive dichiarazioni del presidente della regione contro i dipendenti regionali, – si legge in una nota – definiti nell’80% dei casi, persone inadeguate e che si grattano la pancia tutto il giorno’”. “Tali gravi definizioni, amplificate su tutta la stampa regionale e nazionale, – prosegue il sindacato – sono state confermate anche successivamente dal presidente dopo essere stato informato dai giornalisti che un sindacato aveva deciso di querelarlo”. “Il Cobas-Codir, ritenendo questa condotta fortemente oltraggiosa della dignità personale e professionale di tutti i lavoratori, – conclude – ha concordato con i propri legali di potere coinvolgere negli atti della querela anche tutti i dipendenti regionali che volessero, con la propria firma, rispedire al mittente queste accuse infamanti”.