Dopo aver stoppato l’acquisto di poltrone e divani (per circa 22 mila euro) per l’appartamento presidenziale, Renato Schifani questa volta non si è messo di traverso: così la Regione, fra Natale e Capodanno, ha potuto dedicarsi alle compere dell’ultimo minuto. Per una cifra complessiva di 91 mila euro “a valere sul bilancio 2022”, come confermato dall’Ansa. Nulla di strano, anzi. Sarebbe stato strano il contrario: cioè ridurre in stracci gli addetti al servizio di custodia del parco d’Orleans, che invece potranno beneficiare di nuovi indumenti per poco meno di 50 mila euro; o privare delle divise (estive e invernali) gli addetti alla portineria o all’anticamera dell’ufficio di gabinetto del governatore. Otto persone che si alternano per dare accoglienza a ospiti e stakeholder. La forma è sostanza. E chi sostiene il contrario, imputando queste scelte a un’operazione di cattivo gusto, offre un assist a populismo e benaltrismo. Non siamo tra quelli.

Nella lista della spesa di mamma Regione c’è anche un televisore oled motorizzato 48 pollici, costato quasi 7 mila euro, che è stato collocato negli uffici al secondo piano del Palazzo d’Orleans. Oltre a vasi e fioriere. Ma non è questo il punto. Duole, semmai, constatare che questi acquisti “ordinati” per decreto, sono gli ultimi che Schifani potrà permettersi da qui al 10 gennaio. Almeno. Da domenica scorsa, infatti, la Regione è in gestione provvisoria. Materialmente, senza un bilancio. Pertanto le uniche spese autorizzate sono quelle obbligatorie per legge: a partire dagli stipendi. Il resto è bloccato in attesa di una Legge Finanziaria, o, almeno inizialmente, dell’esercizio provvisorio.

L’Assemblea regionale non ne ha ancora discusso, ma comincerà a farlo presto. Domani in commissione comincia l’analisi del disegno di legge che autorizza la spesa in dodicesimi, fino al 31 gennaio. La manovrina è stata approvata in giunta solo giovedì scorso, 29 dicembre. Non c’era il tempo materiale per trasmettere il documento in Ars e ottenere il via libera entro il 31. L’agonia, in questo modo, si protrae: il 10 gennaio è fissata la seduta d’aula e l’esercizio provvisorio sarà inserito all’ordine del giorno. D’altronde si tratta di una proposta molto snella in due articoli (il secondo interviene in materia di residui passivi e perenti, sostanzialmente una norma tecnica).

E’ la prima parte del lavoro, che da qui alla fine del mese dovrebbe portare il parlamento a discutere della Finanziaria 2023. L’assessore all’Economia, Marco Falcone, sperava di impacchettarla entro i termini di legge. Ma la corsa a ostacoli è diventata insormontabile il 3 dicembre scorso, quando la Corte dei Conti, sospendendo il giudizio di parifica sull’ultimo rendiconto, ha fatto calare un alone di incertezza sui conti pubblici della Sicilia. I magistrati, segnalando inoltre l’irregolarità di conto economico e stato patrimoniale (per quasi 400 milioni), hanno espresso un giudizio impietoso nei confronti dell’ex assessore Armao, arrivando a invocare l’intervento della Corte Costituzionale per stabilire se la spalmatura del disavanzo in dieci anni fosse stata fatta a regola d’arte. Oppure no.

La Regione, che si è ritrovata con un buco di 866 milioni sul groppone, ha chiesto al parlamento nazionale di metterci una pezza sopra: da qui nasce la norma ‘Salva Sicilia’ approvata con l’ultima legge di Bilancio dello Stato, che in pratica ripropone l’Accordo del 2019 (sottoscritto da Musumeci e Conte solo nel ’21), che consente alla Sicilia di spalmare l’enorme deficit sul lungo periodo, ma al contempo le impone una profonda rivisitazione della qualità della spesa e una serie di riforme su cui è vietato fallire: Consorzi di bonifica, forestali e pubblica amministrazione su tutte. Era, però, l’unico passaggio utile – non sappiamo se definitivo, di certo non ancora liberatorio – per scrivere la manovra senza il timore di dover accantonare una cifra monstre, sacrificando alcuni servizi essenziali, producendo tagli dannosi e calcificando l’economia dell’Isola.

La bozza della nuova Finanziaria c’è già. E’ stata approvata dalla giunta prima di Natale e resa nota da pochi giorni. Promette un aumento di stipendio ai forestali (con una parte delle risorse provenienti dall’Europa), un piano da 300 milioni per l’occupazione (anche in questo caso si tratta di risorse extraregionali); ci sono, inoltre, altre misure per garantire il trasporto gratuito alle forze dell’ordine o l’aumento del monte ore agli Asu impiegati dal dipartimento dei Beni culturali (ad esempio come custodi nei musei). L’articolo 10, inoltre, consente al dipartimento Acqua e rifiuti (che da poco conosciuto il suo nuovo direttore generale: l’imputata Maria Letizia Di Liberti), “di avvalersi del supporto di professionisti per le finalità di studio, ricerca, consulenza nonché per il conferimento di incarichi professionali”. Del ddl fanno parte quindici articoli, che prima di diventare definitivi dovranno affrontare il malessere delle opposizioni e le proposte della maggioranza, che produrrà ogni sforzo per dare una risposta ai territori di competenze dei singoli deputati (a maggior ragione adesso che la dotazione dell’ex Tabella H garantisce di soddisfare a stento un decimo delle richieste pervenute). Fioccheranno emendamenti come sempre.

Saranno giorni caldissimi quelli di gennaio. Per il presidente Schifani, che sta ancora ricercando un difficile equilibrio all’interno della compagine di governo (specie con Micciché); per l’assessore Falcone, rimasto intrappolato nella scomoda eredità di Armao; ma soprattutto per i siciliani, che dovranno passare all’incasso. In questi due mesi di legislatura sono state annunciate dal governo un paio di interventi corposi – per via amministrativa – che siano in grado di calmierare gli effetti del caro energia: uno da 365 milioni è rivolto alle imprese, l’altro da 200 milioni alle famiglie. E’ su questo piano, e sull’accessibilità delle misure prodotte dai vari dipartimenti coinvolti, che si misura la serietà del governo. E in parte dalla capacità di gestire con oculatezza i rapporti già tesissimi con la Corte dei Conti, che prossimamente sarà tenuta a esprimersi anche sul rendiconto 2021 (non ancora approvato dalla giunta). Inutili prove muscolari non sono ammesse. Ci hanno già provato in passato, e questo è risultato: blocco totale della spesa, tranne che per le uniformi degli uscieri e un televisore di ultima generazione.