C’è una cosa che il “governo del fare” – mutuando lo spot costato alle casse della Regione 700 mila euro a valere sul PO-FESR – ha dimostrato di non saper fare: chiudere i Bilanci. Siamo al quinto esercizio provvisorio in cinque anni, forse il più drammatico. Quando mancano tre settimane alla scadenza del 30 aprile, la giunta non ha ancora esitato i documenti contabili da trasmettere all’Ars: le leggi di Bilancio e di Stabilità, infatti, dipendono da una serie di accordi “in sospeso” con Roma. Musumeci ha convocato la giunta martedì prossimo per provare a chiudere la partita, ma non è detto che ci riesca. “Siamo quasi a metà aprile e il documento non è stato approvato. E’ tutto fermo, peggio che negli anni precedenti – sottolinea Luigi Sunseri, deputato regionale del Movimento 5 Stelle e componente della commissione Bilancio dell’Ars -. Negli uffici gira una bozza da cui emerge che le spese correnti obbligatorie saranno pressoché dimezzate. Certo, la Finanziaria accenderà gli appetiti di tutti grazie ai fondi extraregionali, ma oggi la tenuta del Bilancio è seriamente a rischio. Da quanto mi risulta, mancano all’appello circa 900 milioni”.

Un malloppo, sospeso anch’esso, che deriva da un’intesa non ancora raggiunta con il Ministero dell’Economia. L’obiettivo di Armao è farsi approvare un “piano di rientro” da circa 700 milioni dovuto alle minori entrate fiscali registrate a causa della pandemia. A cui si aggiungono i 211 milioni di euro, corrispondenti a una rata del disavanzo da spalmare in dieci anni, che la Regione – con il ‘via libera’ della commissione paritetica – aveva ottenuto di poter posticipare. Anche questo ‘vantato credito’ nei confronti dello Stato, però, deve essere tradotto dal Consiglio dei Ministri con norma attuativa. Inoltre, fra Armao e il ministro Carfagna, come riportato da Repubblica, ci sarebbe una ulteriore contesa da 70 milioni, cioè la quota residua di cofinanziamento dei fondi PO-FESR ed FSE. L’assessorato ha inoltrato la richiesta al ministero per il Sud per fare in modo che i soldi, come già avvenuto con la Campania, siano disponibili da subito. Da novecento milioni saliremmo a un miliardo. Poco cambia.

Ciò che non cambia mai è lo scarso tempismo del governo, che da quattro mesi lavora in dodicesimi. L’ultima operazione discutibile riguarda il finanziamento di alcuni lavori di manutenzione e restauro di edifici pubblici e di culto, che ha richiamato l’attenzione del Pd. Mentre nell’ambito del Piano investimenti riservato ai Comuni, è stato possibile assegnare la quota parte di quattro dodicesimi rispetto ai 105 milioni stanziati per gli enti locali, stritolati dalla crisi. E’ una spesa che funziona a spizzichi e bocconi dallo scorso gennaio, quando venne approvato l’esercizio provvisorio, di cui sono stati impugnati un paio di articoli proprio di recente (ma non di natura economico-finanziaria). Resta il fatto che il governo dovrà fare tutto di fretta, annaspando. E pensare che solo nel dicembre scorso l’assessore all’Economia aveva celebrato il risultato dell’ultimo accordo di Finanza pubblica, che avrebbe permesso alla Sicilia di liberare circa mezzo miliardo con l’approvazione del primo Bilancio utile: soldi provenienti – in parte – dal risparmio di 200 milioni sul contributo annuo alla finanza pubblica e da un anticipo di 100 milioni garantito dallo Stato nelle more di definire le nuove norme sull’insularità.

Tutte le promesse, però, vanno tradotte in fatti. Oppure, oltre a franare il Bilancio della Regione, anche l’Ars rischia di andare a fondo. “La scadenza dell’esercizio provvisorio è al 30 aprile – aveva dichiarato un paio di settimane fa Gianfranco Micciché, presidente dell’Assemblea -, ma prima bisogna fare il Bilancio. Se ci portano il Bilancio il 29 aprile, stavolta si scioglie l’Assemblea. Non c’è premura che tenga… Manca un mese alla fine esercizio provvisorio, ma noi ancora non abbiamo ricevuto mezza carta”. Da quella intervista, rilasciata nel corso di Casa Minutella, sono passati altri giorni. E all’orizzonte restano le nubi. Anche sul fronte dei Cinque Stelle la pressione è ai massimi storici: “Ancora si naviga a vista”, commenta l’on. Stefania Campo. Per l’iter servirà tempo: prima un passaggio nelle commissioni di merito, dove il testo verrà emendato; poi in commissione Bilancio, per nuove modifiche; e infine a Sala d’Ercole, per mettere a punto la versione più consona agli intendimenti di assessori e deputati che sperano, con la Finanziaria, di poter consumare l’ultimo banchetto della legislatura. Ma anche dei sindacati della pubblica amministrazione, che hanno già chiesto, ad esempio, di destinare 46 milioni alla riqualificazione dei dipendenti regionali.

I tempi però sono strettissimi e l’approvazione è appesa a un filo: “Un rischio che Musumeci non avrebbe dovuto minimamente correre – spiega la Campo -, dal momento che già la spesa in dodicesimi penalizza non poco i dipendenti della Regione e degli enti collegati: penso ai lavoratori dei Consorzi di bonifica in primis, limita la capacità di erogare quei contributi e tutti quegli aiuti stanziati già da tempo per i tantissimi operatori economici penalizzati dalla crisi economica dovuta alla pandemia, per non parlare poi dei molti capitoli di bilancio, congelati in attesa della legge di stabilità. Tra questi, restano bloccate tutte le risorse destinate alla campagna antincendio 2022, come il rinnovo della convenzione con i Vigili del Fuoco, oppure quelle destinate al contrasto del dissesto idrogeologico e dell’erosione costiera, o ancora tutte le risorse destinate ai Comuni, ai Liberi Consorzi e alle Città Metropolitane, sia per le nuove assunzioni sia per garantirne il funzionamento. Ma non posso non pensare alle risorse per tutti i lavoratori precari della Regione, per quelli dello spettacolo, per gli stagionali dell’area turistico-alberghiera. E non dimentichiamo i fondi destinati alla disabilità e alla non autosufficienza, nonché quelli destinati all’assistenza igienico-personale nelle scuole. E poi i fondi annuali per il Trasporto Pubblico Locale, per i tassisti e per i NCC, tutte risorse in attesa del nuovo documento programmatico-contabile”.

La coda dell’intervento della deputata grillina è polemica: “Musumeci va in giro a raccontare successi in serie e pubblicizza in TV con i soldi dei contribuenti una Sicilia opulenta che non esiste, mentre la realtà è che quel che resta della sua maggioranza non riesce nemmeno a fare squadra per portare a casa una Finanziaria che la Sicilia attende con ansia, con gli interessi personali e le dinamiche pre elettorali che ancora una volta hanno la meglio sugli interessi collettivi”. Ne sa qualcosa Armao, che a giugno dell’anno scorso ha ottenuto la parifica del rendiconto 2019 per il rotto della cuffia (la Corte dei Conti non si è ancora pronunciata su quello del 2020), ma talvolta tende a sgusciare via dalle responsabilità. Ad esempio, non ha ancora chiuso l’iter della legge sull’editoria, pur avendo annunciato un bonus aggiuntivo da cinque milioni per le testate giornalistiche provate dalla crisi. Nell’ultimo periodo l’assessore si è dedicato soprattutto al teatrino della politica e alle lotte interne al suo partito, traccheggiando con Dell’Utri e Gallo Afflitto, potente deputato agrigentino, per destituire Micciché dalla guida di FI e rimettere Musumeci sul trono di palazzo d’Orleans per la seconda volta. Mentre oggi, nel corso dell’evento organizzato da Forza Italia a Roma, ha annunciato la propria candidatura al Consiglio comunale di Palermo “perché mi manca il contatto con la base”.

L’accordo di Finanza pubblica sottoscritto tra il governo regionale e lo Stato, di cui Musumeci gli attribuisce ogni merito, prevede altri step per essere pienamente operativo: c’è un primo termine (maggio 2022) per la definizione di intese finanziarie riguardo ad importanti voci di bilancio (IVA, F24, Split payment, bollo, ma soprattutto con riferimento alla sin qui irrisolta partita delle accise); ma soprattutto un secondo termine invalicabile (“entro e non oltre il 30 giugno 2022, con effetti a partire dall’anno 2023”) per la complessiva definizione della nuova normativa di attuazione dello Statuto in materia finanziaria, che secondo Palazzo d’Orleans “appare imprescindibile per superare un assetto, risalente al 1965, che, con le compartecipazioni tributarie concordate nella precedente  legislatura – come precisato dalla Corte dei conti – non garantisce più alla Regione la copertura delle spese per le funzioni statutariamente attribuite, determinando una sorta di “insostenibilità dell’autonomia”, incompatibile i principi della Costituzione”. Ma chi renderà conto di questi passaggi, a parole molto ben circostanziati, che la Regione ha già salutato con l’enfasi riservata ai grandi successi? Dopo una Finanziaria di cartone, quella del 2020, ci mancava l’accordo di cartone…