L’unica nota polemica che potrebbe venir fuori da «La mafia non è più quella di una volta», il nuovo film di Franco Maresco (oggi assente, come è ormai suo costume, da Venezia) presentato in concorso nella selezione ufficiale della Mostra del Cinema, riguarda Sergio Mattarella. A un certo punto, la voce fuori campo del regista chiede a Ciccio Mira, l’impresario di feste di piazza che fu già protagonista di «Belluscone» (presentato al Lido nella sezione «Orizzonti» – Premio della Giuria – nel 2014) che cosa pensi del silenzio del presidente della Repubblica sulla sentenza del processo sulla trattativa Stato-mafia. A prescindere dalla bislacca ipotesi che il Capo dello Stato si metta a dare giudizi su un verdetto uscito fuori da un’aula di giustizia, Mira (che si tiene “chiuso” anche lui sull’argomento) commenta: «I palermitani ce l’hanno nel Dna il silenzio».

Magari polemica non sarà «tranne che non vogliate montarla voi giornalisti» dice prudente Rean Mazzone, produttore del film per la sua Ila Palma in collaborazione con Dream Film e Tramp Limited, distribuisce Istituto Luce-Cinecittà. Per Mazzone, insomma, nessuna critica alla più alta carica delle istituzioni della Repubblica, nemmeno quando sui titoli di coda della pellicola appare sul palco di una festa di piazza il grande striscione “I neomelodici per Mattarella”, dopo che, quasi un ossimoro, gli stessi artisti hanno organizzato una serata in memoria di Falcone e Borsellino, e quando ancora lo stesso Mira chiede all’inquilino del Quirinale la grazia per un nipote che sta in carcere in regime di 41/bis.

La mafia e l’antimafia di Maresco hanno confini labilissimi. L’idea nasce due anni fa, per il 25° anniversario della strage di Capaci. In un rimbalzo di scetticismo e di ottimismo, i due protagonisti del docufilm: Ciccio Mira, per l’appunto, e Letizia Battaglia, pasionaria della lotta a Cosa Nostra non solo attraverso le sue fotografie che ne hanno mostrato al mondo gli orrori ma anche col suo impegno nella politica e nella società civile. E i palermitani, quei palermitani ai quali Maresco chiede di schierarsi palesemente contro la mafia e che per la maggior parte non ci pensano nemmeno, si “annàcano”, tentennano e i più vecchi rimpiangono la vecchia, di mafia, ché «quella sì…».

Maresco – il Grande Assente – non se lì è dunque goduti in mattinata gli applausi e le risate che nella proiezione riservata alla stampa, sono piovuti alla fine della pellicola (e anche durante qualche passaggio). «La mafia non è più quella di una volta», infatti, sembra essere abbastanza piaciuto a critici e giornalisti cinematografici, a fare una media delle reazioni e dei primi commenti dei cronisti accreditati dalla Biennale. Ovviamente, a fine proiezione, nessuna conferenza stampa, cancellato l’incontro previsto con il regista, gli stessi produttori e distributori che hanno accompagnato in Laguna il docufilm parlavano cortesemente ma non proprio con grande voglia. Un rifiuto ideologico, quello dell’artista, per la megapasserella veneziana, un rigetto forse anche umorale per la scintillante vetrina del Lido che del film ha accolto soltanto, unica star, l’ottantaquattrenne, indomita Letizia Battaglia, presente sia alla proiezione mattutina che a quella pomeridiana per il pubblico (test importante per l’uscita nei cinema, anche se gli spettatori della Sala Grande al Palazzo del Cinema sono quasi tutti avvertiti cinefili), purtroppo per lei con un red carpet accidentato dalla pioggia battente che dal primissimo pomeriggio s’è riversata a secchiate sul Lido.