Calogero Pumilia

Altro che traversata. Il Pd resta fermo nel deserto

“Che fare?”, si chiese Lenin nel 1901. Probabilmente era una domanda retorica. Il futuro capo dei bolscevichi aveva idee chiare – per quel che vale, da me non condivise - e le mantenne per sedici anni con assoluta determinazione, fino alla presa del potere. Ai dirigenti del Partito democratico, alcuni dei quali, per lontane filiazioni ideologiche, quel saggio potrebbero averlo letto, da tempo si pone la stessa domanda e finora non si ottiene alcuna risposta. Si resta così in un terreno incerto, in una vaghezza politica ed identitaria che sta riducendo il consenso, come si coglie dai sondaggi. Nel tempo hanno accroccato soluzioni diverse e spesso incoerenti che hanno garantito il galleggiamento, assicurato la partecipazione alla gestione del potere e la perpetuazione del quadro di comando. Nel turbinio dei segretari,..

Da Roma a Palermo. L’inconcludente notte della politica

“La nuttata e la figlia fimmina”. La frase è così becera, che ci si vergogna a pronunciarla e tuttavia rende bene il concetto. Per diversi giorni carte e fiches sono rimaste sul tavolo, il gioco dell’incastro per la composizione del governo che non è più regolato dal “manuale Cencelli”, il prezioso vademecum che ci consentiva negli anni della prima e anche della seconda Repubblica di spartire il potere, scienza difficile e comunque essenziale, quel gioco è stato sospeso e il “manuale” sostituito dagli algoritmi. Non mi chiedete cosa siano. Avevo difficoltà ad utilizzare lo studio di Cencelli e anche per questo ho gestito poco potere quando ero tra quelli che formavano la “casta”, ci fosse stato l’algoritmo avrei dovuto cambiare mestiere, senza, peraltro, arrecare alcun danno alla vita pubblica. Fuor..

Come a destra così a sinistra: l’epopea dei foglietti bianchi

Se n'erano dimenticati. Stava lì, da solo, in attesa che venissero proclamati gli eletti. Lo trovarono appinnicato sulla poltrona, con il cruciverba quasi interamente risolto e "Guerra e Pace" aperto alle pagine iniziali. Era rimasto lì a fare la simulazione per verificare se i "bottoni" del potere continuassero a funzionare. Di tanto in tanto riceveva delle telefonate, più spesso le faceva lui e avvertiva talora quasi un fastidio dagli interlocutori, che sembrava volessero digli "Stai tranquillo, ti faremo avere la struttura del governo quando sarà il momento". Voleva sapere di più, qualche anticipazione o la conferma delle ipotesi che leggeva sui giornali. Teneva sulla scrivania un grande foglio sul quale annotava nomi e assessorati, componendo e scomponendo e capiva sempre di più quanto fosse difficile appattare. Accanto a quel foglio..

Quei ridicoli “figli della lupa” che ancora ricordano il Duce

Del fascismo, nato cento anni fa dalla violenza squadrista e dalla viltà della monarchia, vidi la coda finale, non avendone com’è logico, alcuna consapevolezza. Alla prima elementare fui premiato con la divisa di “figlio della lupa” per avere imparato a memoria, primo tra i miei compagnetti, una filastrocca. Divenni una tessera del grottesco mosaico che componeva il tragico regime. Per due anni indossai la camicetta nera, i pantaloncini grigio verde, il cinturone bianco, le bretelle a formare la M di Mussolini e il fez in lana nera con l’immagine di Romolo e Remo allattati dalla lupa. Per alcuni sabati così bardato e felice di esserlo mi portarono a montare la guardia al monumento ai caduti della prima guerra mondiale. Ebbi la pagella, che conservo, con l’emblema del regime, il proclama..

C’è una scommessa
che i partiti possono
ancora vincere

Che succederà al centrodestra in Sicilia quando a Roma, come dice Salvini, si è sciolto come neve al sole? Non è certo questo il problema che appassiona i siciliani, che rende le loro notti insonni. Ma la politica che, da tempo, non intreccia i problemi della gente, ruota attorno a questi giochi di palazzo e i mezzi di comunicazione sono costretti a fare da megafono. A Musumeci basterà la “bolla” meloniana per ottenere la sua ricandidatura? Quesiti di fondamentale importanza e a soluzioni multiple. Per capire come finirà, occorre attendere che si concluda il “balletto” nella maggioranza che al mattino litiga e al pomeriggio si ritrova unita al tavolo del potere. È necessario vedere se l’elezione del presidente della Repubblica e la prosecuzione del governo Draghi, con la destra divisa..

Le mie pagelle:
tre a Salvini,
zero a Grillo

Sarà poco elegante, ma posso dire di averlo previsto, di avere scritto su questo giornale qualche settimana fa: finirà con la rielezione di Mattarella. Ed è finita così. Senza avere particolari doti di preveggenza, avevo visto giusto. Era perfino facile. Bastava partire da poche considerazioni, dall’esigenza di stabilità per consentire al governo di continuare a lavorare, dalla frammentazione del Parlamento dove non c’è un partito egemone e dove non esistono solide coalizioni, dalla volontà di deputati e senatori di arrivare al termine della legislatura. Se, poi, si aggiunge il ruolo di “incoronatore”, di king-maker affidato a Salvini o da lui stesso preteso, di un personaggio in perenne e incomponibile lite con la misura, con il buongusto e con la politica, il pronostico risultava perfino agevole. Dopo alcune giornate imbarazzanti, lui,..

Il mio Quirinale
Ebbene sì
votai per Cossiga

Per la seconda volta, a luglio del 1985, fui tra i grandi elettori che scelsero Francesco Cossiga come presidente della Repubblica. La stessa maggioranza che sette anni prima aveva portato Pertini al Quirinale si ritrovò sull’esponente democristiano, individuato come l’uomo della “conciliazione”, della tregua nel rapporto tra i partiti, quelli schierati a sostegno del governo e quelli dell’opposizione di sinistra. Dopo alcuni anni, smentendo del tutto quella previsione, diventerà elemento di rottura e di scontro, si metterà contro tutti, contro il partito comunista, con il quale aveva avuto da sempre buone relazioni – vantava una parentela con Berlinguer – e in accordo col quale, da ministro degli Interni, aveva gestito la tragica vicenda Moro, dalla quale era uscito umanamente lacerato e con una pesantissima sconfitta che lo aveva indotto alle..

Il mio Quirinale
Ecco perché
ho votato Pertini

Tra gli 832 voti – un risultato tuttora insuperato - con i quali Sandro Pertini, l’8 luglio del 1978, venne eletto alla presidenza della Repubblica, c’era anche il mio. Raccontare quel lontano evento del quale fui partecipe e cercare delle analogie, se ce ne sono, con quanto sta avvenendo ora per la scelta del successore di Mattarella, può avere qualche interesse. Anche a quel tempo c’era una vasta maggioranza a sostegno del governo Andreotti, frutto di un difficile accordo realizzato da Moro e da Berlinguer – la solidarietà nazionale - con l’obiettivo di fronteggiare l’emergenza del terrorismo e la crisi economica. Anche allora, come sta avvenendo in queste settimane, non risultò facile trovare un’intesa su un nome condiviso. I veti incrociati, e in particolare quello di Bettino Craxi, segretario del..

Lombardo, la mafia
e la solita accusa
senza prove

La Corte d’appello di Catania ha stabilito che Raffaele Lombardo non è colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa e di reato elettorale. Se fosse possibile rimettere indietro le lancette del tempo si dovrebbero restituire all’ex presidente della Regione i dodici anni trascorsi nelle aule giudiziarie, insieme ad alcuni familiari e segnati dal linciaggio di chi, di solito, non attende le sentenze definitive per giudicare e condannare. Con la medesima, fantasiosa operazione, si potrebbe ripristinare l’assetto politico che i siciliani scelsero nel 2008, stravolto, qualche anno dopo, dall’azione giudiziaria. Sempre sul filo delle ipotesi di terzo tipo, se la Procura avesse costruito la previsione di reato su presupposti probabili, supportati da prove e riscontri e i giudici di primo grado e di appello avessero deciso su questa base, la vicenda..

Gerenza

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