Maria Pia Farinella

Il dialogo di Fazio
con Bergoglio, Papa
di questo mondo

Con Bruno Vespa a officiare, fregandosi le mani, le liturgie della politica italiana, “Porta a porta” ci ha messo anni per conquistarsi la qualifica di “Terza camera della Repubblica”. In un sol colpo, invece, Fabio Fazio, sommo sacerdote della società dello spettacolo col suo “Che tempo che fa”, può ambire a fregiarsi del titolo onorifico di “Pontifex pontificum”, cioè "Pontefice dei pontefici" come hanno annotato, non senza dolersi per gli accadimenti, vaticanisti esperti e fedeli comuni. Magari tacciabili di “rigidità clericale”, per dirla con Papa Francesco. Perché se ogni pastore è pontefice del suo gregge, ma tutti sono sottoposti, secondo gerarchia, al pontefice massimo, Fabio Fazio, con quei modi sempre un po’ curiali, è riuscito a portare all’ovile, il suo, addirittura il massimo vertice della Chiesa cattolica romana, un miliardo..

Pietà per l’antieroe
inghiottito dal
silenzio dei giornali

Non scomodiamo Jan Palach, lo studente universitario di 21 anni che il 16 gennaio del 1969 si cosparse il corpo con una tanica di benzina nel luogo simbolo di Praga, la piazza San Venceslao, e si diede fuoco. Morì tre giorni dopo ed entrò di diritto nei libri di storia e nell’immaginario collettivo, eroe della Resistenza ceca, di quella “Primavera di Praga” brutalmente repressa dai carrarmati sovietici. Gli eroi sono sempre giovani e belli. E non scomodiamo neppure Mohamed Bouazizi, l’ambulante tunisino di 26 anni che, contro i continui abusi e le angherie della polizia locale, si diede fuoco il 17 dicembre del 2010 davanti a un altro luogo simbolo: la sede del governatorato della sua provincia, Sidi Bouzid. Anche lui morì giorni dopo, ma diventò storia e leggenda. “Exemplum” di..

Tutti spasimanti
di una donna
che non amavano

Note a margine delle Quirinalizie e della “opzione donna”. Con una premessa. Anzi, una pubblica confessione, “introibo ad altare Dei”, come è dovuto in questi tempi mistici e miscredenti in cui è difficile esprimere un’idea appena alternativa senza presentare adeguata preventiva giustificazione. La mia prima tesi di laurea ebbe una copertina rosa, che fu un travaglio ottenere perché non rientrava tra le possibili proposte delle copisterie, negli anni che precedettero la rivoluzione copernicana dei computer. E fu il suggello di una lunga battaglia, in famiglia e fuori, iniziata con l’adolescenza e mai finita, per provare ad ottenere pari ed eque opportunità, perché fossimo considerate tutte persone-donne. Rosa la volli, la copertina. Perché mi sembrava l’unica possibile cornice alla mia analisi su “Spare Rib. A Women’s Liberation Magazine”, iconica rivista del..

Ma quel materasso
diceva più di quel
che non diceva

L'operazione “materasso” e l’elogio del silenzio. Perché tra silenzi sensati, o almeno pensati, e discorsi senza senso, “molto rumore per nulla”, si gioca la partita del Quirinale. Perché, a ben guardare, piano piano si fa chiaro l’intreccio di cose viste o lette o intuite o anche solo immaginate. Impercettibili coincidenze, piccoli indizi senza importanza, storie “minime” che, dipanandosi, formano una storia più “grande”. In altri tempi dalle parti del Quirinale avrebbero lasciato trapelare un filo di irritazione davanti “alla strumentalizzazione del nome del presidente Mattarella” in un crescendo di voti a Montecitorio. Invece, silenzio. “Un silenzio primordiale sul quale la parola scivola e si muove, come il cigno sull’acqua”, per dirla col filosofo Jean Guitton che prese parte, da laico, al Concilio Vaticano II.  Come nella dodicesima regola dei gesuiti:..

Tre foto e un materasso
Storie di
gesuiti eccellenti

Non ci sono più i gesuiti di una volta. Non tra quelli consacrati. Figuriamoci tra quelli di complemento, epigoni di varia specie. Caro maestro Sottile, ti scrivo a proposito della tua “Operetta immorale” di ieri, dal titolo “Sergio e Leoluca nella città-inferno” in cui metti a confronto il capo dello Stato Mattarella e il sindaco di Palermo Orlando, due famosi discepoli dei gesuiti. E poiché, come dice Sant’Agostino “le parole volano e gli esempi trascinano”, a corredo del pezzo pubblichi la foto dei due insieme, “così vicini e così lontani”, anzi “agli antipodi”, come specifichi nel testo. Ti rispondo con altre foto – tre - e una riflessione che, mi scuserai, parte da più lontano. Prendi “Civiltà Cattolica”, come recita il frontespizio “la rivista più antica in lingua italiana, 1850”...

Il colonnello Nello è ormai prigioniero del suo labirinto

Il colonello nel suo labirinto, lo Stretto di Messina. Un labirinto acquatico. Pieno di correnti e turbolenze, che neppure Palazzo d’Orleans. E sembra di vederlo il colonello Nello che medita “flotando en las aguas” come fa il “El general en su laberinto” di Gabriel García Márquez nel celeberrimo attacco del romanzo. Come Simón Bolivar, “Libertador” dell’America latina, Nello il colonnello galleggia senza rete. Forse “cercando di purificare il corpo e l’anima da anni di guerre inutili e di disinganni del potere”. Solo che Bolivar, arrivato alla fine della sua corsa panamericana, medita sulle gesta, le armi e gli amori. Mentre Nello Musumeci - di “natura ambidestro” proprio come “el general” descritto da Márquez - medita sulla fine della legislatura. A ciascuno il suo. Metti lo Stretto, dunque, da sempre linea..

Se la folla dei no vax invade il deserto delle librerie

Il bandolo della matassa si perde in un Fiat. Il riferimento non è casuale. Provateci voi a seguire attraverso le pagine dei giornali le indiscrezioni sui Dpcm prossimi venturi che regoleranno (come un orologio, va da sé) la vita di questo sventurato Paese. Compresa una parte residuale ma non indifferente di cittadini, identificati attraverso l’Agenzia delle Entrate (che è “l’olio di ricino” in versione moderna) come reprobi all’immunizzazione che non immunizza, ma fa bene lo stesso, dobbiamo crederci. Un groviglio. E si capisce che è un mondo a parte quello dei governanti. Forse ascesi troppo in alto per potere scorgere giù in basso la vita reale. Quella della celeberrima “casalinga di Voghera”, magari con tre figli in Dad e, se va bene, un solo computer in casa. Neppure l’ex ministro..

Indagine su un premio
al di sopra
di ogni sospetto

La storia è semplice. Riguarda un premio universitario che, in quanto tale, è al di sopra di ogni sospetto e su cui indaga il maestro Sciascia che poi ne fa cronaca serrata sul quotidiano “La Stampa” di Torino in data 11 marzo 1976, un giovedì di 46 anni fa. Un “Taccuino” dal titolo “Le onoranze”. Che diventa, infine, pagina eterna di letteratura civile quando Sciascia riversa “la nera scrittura sulla nera pagina della realtà” nel libro “Nero su nero”. In questa raccolta, pubblicata da Einaudi nel 1979, confluiscono decine di articoli sulla vita pubblica italiana, scritti da Leonardo Sciascia tra il 1969 e il ’79. Quanto basta allo stesso autore per definire l’Italia “un paese senza verità”, di casi mai risolti: dal bandito Giuliano che a Portella delle Ginestre il..

I luoghi comuni finirono
nella cabina di regia

Non è che prima i giornalisti non scivolassero sui luoghi comuni, refugium peccatorum della lingua sciatta e del conformismo dell’anima, prima ancora che professionale. Ma il fenomeno era più limitato. Perfino più stagionale. Nonostante suscitasse sempre sfottò in redazione. C’era chi mascherava la pigrizia dichiarando di volere usare apposta la frase fatta, magari per fare dispetto al direttore. E chi faceva raccolta di banalità e pregiudizi, come fossero figurine Panini da scambiare con altri collezionisti. La trappola scattava soprattutto durante il lavoro domenicale e festivo. Erano i giorni “dell’esodo dei vacanzieri” che si trovavano inevitabilmente ad affrontare “il traffico intenso ma scorrevole, con lunghe code al Brennero”. Se la partita di calcio giocata quella domenica finiva zero a zero, era un “risultato ad occhiali”. Nei giorni di Pasqua, Pasquetta e..

Governare e mentire
da gesuita:
il caso Orlando

Riflessioni di inizio d’anno. Leonardo Sciascia con l’epitaffio vergato di suo pugno: “Ce ne ricorderemo di questo pianeta”, mai più vero. Il maestro Sciascia, celebrato e al contempo neutralizzato nella sua lezione. Forse perché ribadiva che la sua interpretazione della storia italiana discendeva da Gaetano Salvemini, l’intellettuale antifascista che, a detta di Sciascia, aveva “previsto esattamente cosa sarebbe accaduto col governo della cosa pubblica in mano ai cattolici”. Memorie di una vita trascorsa nelle redazioni. Una remota domenica di Capodanno, quando – in assenza temporanea di notizie - il discorso tra gli astanti inciampò sulla deontologia e cadde sul rispetto della verità sostanziale dei fatti. Un collega allora avventizio, cialtrone e ciarliero, raccontò ilare “l’impresa delle imprese”. La sua, ovviamente. Beccato dalla moglie con l’amante nel letto coniugale, lui –..

Gerenza

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