Giuseppe Sottile

I teatri nelle mani
dei califfati culturali

Meno male che c’è Musumeci. Ieri, nel corso di un breve discorso a una platea di operatori teatrali, il Governatore ha strigliato i responsabili dei due teatri stabili, quello di Catania e quello di Palermo. “Sono convinti – ha detto – di potere fare a meno della Regione. Mi sarei aspettato un po’ di umiltà da parte dei vertici che, una volta nominati, avrebbero dovuto avvertire la sensibilità, di garbo istituzionale, di presentarsi al governatore per dire ‘Presidente, che tipo di teatro pensa possiamo fare?’. Io sono stanco di questo mondo dell’arte”. Parole di fuoco. Che sottolineano la necessità di riconsiderare il ruolo di questi califfati culturali il cui interesse primario sembra essere diventato quello di soddisfare le proprie clientele, di piazzare i propri monologhi o le proprie tarantelle. C’è..

Disastri di Sicilia,
il catalogo è questo

Riscossione Sicilia, il carrozzone creato per riscuotere le tasse, non sa ancora se avrà un futuro. Conta 600 dipendenti, e per ciascuno di essi ogni giorno è un incubo: oggi si chiude bottega o si sopravvive? Lo stesso vale per l’Esa, ente di sviluppo agricolo creato nel secolo scorso per rendere più produttive le dissanguate terre dei feudi. Conta 250 dipendenti di ruolo e trecento trattoristi stagionali. I quali vorrebbero almeno sapere di che morte moriranno. Poi c’è l’Irsap, nato per amministrare le aree industriali. E’ stato nominato il presidente, che per fortuna è un bravo imprenditore, ma la nomina non riesce a valicare il muro della politica politicante, quella fatta di miserie e rancori. Poi c’è l’ente nato dalla fusione dell’Ircac e del Crias, ma da sei mesi non..

Chi si arricchisce
con l’antimafia

Ci sono voluti cinque anni, cinque lunghissimi anni, ma alla fine i fratelli Niceta, imprenditori di Palermo, hanno ottenuto la sentenza che meritavano: il dissequestro dei beni. Il loro patrimonio, hanno affermato i giudici del tribunale, non era stato costruito grazie a un rapporto malsano con i boss della mafia. Evviva la giustizia, verrebbe da dire. Ma c’è un dettaglio: i 15 negozi di abbigliamento che facevano capo alla famiglia Niceta non ci sono più, rasi al suolo. Chi pagherà per questo ennesimo disastro? Nel ventre molle dell’antimafia è nata una filiera di sciacalli che da alcuni decenni si ingrassano divorando i beni messi sotto sequestro dall’autorità giudiziaria. Alcuni sono stati identificati e sputtanati. Ma molti altri scorazzano ancora liberamente, protetti dagli stessi giudici che li hanno invitati al tavolo..

Il vecchio e il nuovo
del bullismo politico

Credevamo fino a ieri che il mondo dei bulli fosse composto da un solo bullo: da quel giovanotto impomatato che Silvio Berlusconi ha portato ai vertici di Palazzo d’Orleans al solo scopo di controllare il governatore Musumeci. Ma dopo avere visto le ultime sortite di Leoluca Orlando bisogna prendere atto che i bulli in circolazione sono tanti. Il sindaco di Palermo sembra ormai incontrollabile. Se deve occuparsi dell’aeroporto di Palermo, lo fa con la spocchia del padroncino: rimuove il fedelissimo Fabio Giambrone dalla Gesap, perché si è accorto di un insostenibile conflitto d’interesse, e lo mette al riparo in una società controllata dalla stessa Gesap. E se deve intervenire sul consuntivo del 2017, un bilancio senza capo né coda, non si sofferma sui propri errori. Ma, da bullo, minaccia di..

La santità incompiuta
del sindaco Orlando

Ora che la bandiera della città sventola sulla nave Aquarius, quella che salva gli immigranti nel Mediterraneo, i palermitani potrebbero avvertire un senso di serena felicità, quella che si prova quando si fa del bene al prossimo. E potrebbero anche compiacersi con il proprio sindaco, quel Leoluca Orlando che siede a tavola con i musulmani, che danza con gli africani e che è diventato il paladino di tutti i poveri e gli afflitti del terzo mondo. Peccato però che in questo processo di beatificazione ci sia un vuoto da riempire. Il sindaco, ogni tanto, dovrebbe pure rivolgere uno sguardo misericordioso alla sua infelicissima Palermo. Perché è sacrosanto soccorrere gli sventurati che rischiano di affogare nel Mediterraneo; ma sarebbe altrettanto doveroso pensare a tutti coloro che alle prime piogge d’autunno rischiano..

Si fa presto
a dire onestà

Si fa presto a dire onestà. Perché alla fine basta un dettaglio per scoperchiare la pentola della mala politica. Prendiamo il carrozzone dell’Esa. Nello Musumeci ha deciso di licenziare il presidente Nicola Caldarone e lo ha fatto su ordine del bullo che Berlusconi gli ha piazzato accanto come sovrastante. Ha dimenticato però un dettaglio: che Caldarone, in pochi mesi, ha approvato i bilanci che nessuno, in dieci anni, si era preoccupato di approvare. La situazione era sfuggita non solo agli zelanti uffici della Corte dei Conti ma anche al bullo che, da assessore al Bilancio con Raffaele Lombardo, aveva fin da quegli anni l’obbligo di sanare ogni irregolarità. Eppure Musumeci ha ritenuto di punire Caldarone e di premiare l’assessore inadempiente, pronto – da bullo – a rimpiazzare il presidente defenestrato..

Lo strapotere
dell’ultima casta

Appartengono a una casta bramina: perché hanno un potere assoluto sul territorio; perché possono decidere se agevolare o rovinare un costruttore, un imprenditore, un albergatore, un ristoratore. E sono intoccabili: perché ai Beni Culturali non ci sarà mai un assessore in grado di muovere un’obiezione al loro operato. Essendo uomini di mondo, però, sono anche ammanigliati con la politica e bravissimi a capire da dove spira il vento. Non si spiegherebbero altrimenti le scelte, a dir poco avventate, che hanno suscitato polemiche di fuoco a Siracusa, dove è stata avallata la costruzione di un ristorante nella piazza d’armi del castello Maniace; o a Ibla, dove il costone della città è stato sventrato in verticale e in orizzontale per incastrarci un albergo di lusso. Tutto legittimo, per carità. Ma se Musumeci..

Ecco chi aspetta
la morte dell’Esa

Tremate, tremate: Musumeci si è svegliato. E si è svegliato con la scimitarra in mano per mozzare la testa del giovane Nicola Calderone, fino a ieri presidente dell’Esa, l’ente siciliano di sviluppo agricolo al quale l’implacabile Governatore della Sicilia ha promesso morte subitanea. L’Esa, secondo il perentorio auspicio del bullo che affianca Musumeci a Palazzo d’Orleans, dovrà essere sciolto. Uomini e mezzi passeranno in blocco nei ranghi dell’assessorato per l’Agricoltura; mentre i soliti furbetti del quartierino, esperti in affari con la Regione, già si preparano al colpo grosso. A loro non interessano i borghi rurali. A loro interessa l’unica perla ancora intestata al patrimonio dell’ente: ed è quel maestoso palazzo, ricoperto d’edera, che si affaccia su via Libertà, nel centro di Palermo. Quando sarà messo in vendita per essere svenduto?..

Due giustizie per Ciancio

Mentre il processo per concorso esterno cerca ancora la verità, l'antimafia mette i sigilli a giornali e televisioni

Gerenza

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