Ritratto. Maresco da Cinico tv alla Biennale del Cinema
C’era una bella commedia di Vittorio Franceschi, negli anni Settanta, si intitolava «L’Amleto non si può fare». Era un copione sull’impossibilità e al tempo stesso sull’ineluttabilità del fare teatro. Impossibile e ineluttabile, proprio come il cinema di Franco Maresco. Impossibile per l’indomita, intransigente, a volte proterva voglia del regista di nuotare controcorrente nell’implacabile sistema produttivo della Settima Arte. Ineluttabile perché il cinema per Maresco è urgenza fisiologica anche se urgenza non è proprio il termine adatto ai suoi ritmi, diciamo meglio necessità. Perché leggenda vuole che i film del regista palermitano siano come la tela di Penelope: si facciano, si disfacciano e si rifacciano, che il ciak smetta di battere a metà riprese, il produttore stacchi i cavi elettrici dei riflettori poco più o poco meno che alla decima scena..