Totò Rizzo per Il Foglio

Ritratto. Maresco da Cinico tv alla Biennale del Cinema

C’era una bella commedia di Vittorio Franceschi, negli anni Settanta, si intitolava «L’Amleto non si può fare». Era un copione sull’impossibilità e al tempo stesso sull’ineluttabilità del fare teatro. Impossibile e ineluttabile, proprio come il cinema di Franco Maresco. Impossibile per l’indomita, intransigente, a volte proterva voglia del regista di nuotare controcorrente nell’implacabile sistema produttivo della Settima Arte. Ineluttabile perché il cinema per Maresco è urgenza fisiologica anche se urgenza non è proprio il termine adatto ai suoi ritmi, diciamo meglio necessità. Perché leggenda vuole che i film del regista palermitano siano come la tela di Penelope:  si facciano, si disfacciano e si rifacciano, che il ciak smetta di battere a metà riprese, il produttore stacchi i cavi elettrici dei riflettori poco più o poco meno che alla decima scena..

“Io lo conoscevo bene”. Le memorie di Rizzo su Baudo

"Senti senti senti... dimmi se questo passaggio non ti sembra Andrew Lloyd Webber...". "Okay, bello è bello 'sto passaggio: ma non esageriamo, è pur sempre Michele Zarrillo". Ecco, Pippo, ti ho invidiato l'entusiasmo che avevi sempre, in ogni cosa che facevi, anche quando mi sei piombato alle spalle quel pomeriggio, durante una delle prove all'Ariston. O quando ti proposi: "La scriviamo ora per ora la tua giornata qui a Sanremo?" E tu mi rispondesti: "Perfetto, buttiamo giù insieme un diario, presentati domattina alle sei e mezza al Des Etrangers. Avverto io il portiere" E io: "Sei pazzo! Sono le due e mezza di notte!". O quell'altra sera di ottobre, al Delle Vittorie, per uno dei "Fantastico" che su Roma Dio la mandava con tuoni, fulmini e saette e in diretta..

L’inno di Toto Cutugno famoso quanto quello di Mameli

Quando ci congedammo, l’ultima volta al telefono, due anni fa, mi disse: «Mi auguro tanta salute: perché, sai, in fondo è quella di cui abbiamo più bisogno». Per capirla tutta: più del successo, dei soldi, degli applausi, dei 100 milioni di dischi venduti, dei 60 anni e passa di carriera, della popolarità internazionale con il pubblico che ti sente “suo”, perfino i riservatissimi cinesi che ti aspettano all’ingresso artisti del teatro, a Pechino, per cantare in coro con te, per strada, “L’italiano” (in cinese) e chiederti un autografo. Il lato tenero, il fianco scoperto di Toto Cutugno, che già da qualche anno combatteva contro il tumore, che, da indomito qual era, non voleva darla vinta nemmeno alla malasorte. Grande Toto, adesso lo diciamo, adesso lo scriviamo ma quanti equivoci, quanti..

Murgia. Quanti aspiranti attori nel teatrino della morte

Chi sarà adesso il prossimo attore che comparirà in scena? Chi sta già sbirciando dietro le quinte in attesa del cono di luce che lo illumini sulla ribalta? Qualcuno magari recalcitra, altri non vedono l’ora, c’è chi vorrebbe rimanere nell’ombra della comparseria e chi già pregusta la prima battuta. Chi verrà a prendersi l’applauso di sortita, le lacrime, i sorrisi, i mormorii della rivelazione inedita, il battimani finale? La maestra delle elementari? Il parroco che insegnò il catechismo? La cameriera ai piani che fu collega in albergo? In morte di una scrittrice – e intellettuale, polemista, attivista e tutto il resto che è già stato etichettato – il teatro che ne sta venendo fuori ha qualcosa, più che di impudico, di superfluo, se non di superficiale. Peggio, di semplificante. E..

L’apocalisse. Personaggi e interpreti: Nello, Renato, Stefania

Da un lato c’è Musumeci che tra le parole ci pianta un “se non” che pesa un quintale buono. The perfect storm, come la chiama lui, è dovuta sì al cambiamento climatico ma anche all’«incuria dell’uomo se non alla criminalità», fenomeno sociale che quel “se non” relega alle concause, deprezza come fonte dell’evento, sminuisce come possibile realtà, ci mette insomma davanti due, tre, quattro forse. Poi dice che uno spacca il capello in quattro… Dall’altro lato c’è Schifani che chiama in causa dopo le altissime temperature la «pazzia dei piromani», senza nemmeno citarla la criminalità, derubricandola come patologia, ci vorrà probabilmente un consesso internazionale di neuropsichiatri che affiancherà i giudici nel caso in cui uno dei simpatici mattacchioni che giocano con gli zolfanelli venisse beccato sul fatto. In questo clima..

La Sicilia tra fuoco e farsa

Lacrime e risa, sangue e happy end. Sembra teatro ma nei Giorni dell’Apocalisse tutto si mischia

Gerenza

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