Noi presi dai turchi
per Salvini e Di Maio

Ora, generalizzazione per generalizzazione (molto in voga, ahinoi, attualmente): per quel che ne so, se c’è qualcuno che è difficile prendere per il culo, questo è il palermitano. Non sono io a decretarlo, ma il lessico, gli adagi popolari che parlano per lui, per la sua atavica diffidenza. E ne esistono di densissime, di sparate del genere, quasi micro-sceneggiature. Esempio: “U discursu è bello, ma ’u tavirnaru vuole i picciuli”. Leggasi: parole, parole, parole, e io che ci guadagno? Ci sai fare, tu, con le promesse, ma finché non vedo, non credo. E poi: “Che ti pare, che mi pigli dei turchi?”. Questa è più complessa (ancorché sgangherata): chi è colto alla sprovvista si sente “preso dai turchi” (memoria di antiche invasioni); ne consegue che l’aspirante raggiratore, propalando meraviglie, “ti..

Il paradiso ritrovato
dei tagli alle spese

Salottieri e politicanti la chiamano pauperismo, è il crogiolo su cui arde il populismo d’azione 2.0 e si declina in tutti i casi della spending review ad ogni costo e sottocosto. E’ la legge del taglio ed è ormai l’unico e solo comandamento che valga la pena di osservare, anzi, professare. E la praticano tutti, a tutti i livelli. L’altra sera il capo condominio del mio stabile arringava tutto paonazzo ed infervorato, erompendo in promesse di tagli alle spese, che al confronto Cancelleri sembrava Rockefeller in preda a un orgasmo di prodigalità. Dovevate sentirlo: “La luce della scala solo dalle 20 in poi” e a nulla valevano le timide rimostranze della signora del settimo piano, la quale cercava di far notare come adesso faccia buio presto; “L’ascensore, lo ripariamo il..

Il puttanesco risveglio
del mio vecchio mestiere

E' lontana da me anni luce la difesa corporativistica a prescindere, a maggior ragione se parliamo di giornalisti: lì subentrano addirittura il pudore e la paura della retorica. Sono giornalista anch’io, che parole potrei usare senza correre il rischio dell’autoreferenzialità, sport in cui d’altronde la nostra categoria eccelle? Ma qui, direte voi, stiamo parlando di libertà di informazione; di difendere l’autonomia della stampa dagli attacchi beceri - “puttane e pennivendoli” - lanciati da pezzi importanti del governo. Qui parliamo di intimidazioni, di bavagli, di censure preventive e dunque potrei anche essere autorizzato, come giustamente ha fatto la categoria compatta, a difendere quello che è stato il mio lavoro, e il modo in cui lo facevo, e in quale città e in quali anni. Ma non lo farò. Potrei anche citare..

Quella Casteldaccia
che è in tutti noi

Ma perché buttarla sempre in politica? La pioggia, il fiume, Il fango, l’acqua, i detriti, la morte. Sta tutta lì, la tragedia. E chissenefrega di Conte, Musumeci, i post di Salvini, il sindaco di un colore e il deputato dell’altro colore. C’è la tragedia e basta. C’è il tragico epilogo dell’incuria, della superficialità e dell’avidità, anche. C’è la deturpazione di un territorio, stuprato, in lungo e largo (fosse solo Casteldaccia!), dall’abusivismo. Che è abusivismo e basta. Non c’è un abusivismo di necessità e uno di capriccio, non c’è un abusivismo di serie A è uno di serie B. Perché le regole sono regole e quando anche solo una di essa, fosse pure la più marginale, incomprensibile ed odiosa, viene infranta, le maglie si allargano e la disobbedienza dilaga. E una..

Dalla pioggia alla sete
La beffa dell’acqua

"Abituato, c’eri". È il motteggio scherzoso che ci scambiavamo tra amici, quando ero scapestrato fra scapestrati al liceo. Si apostrofava così chi fingeva indifferenza e a malapena tratteneva eccitazione davanti a un lusso mai visto, vantaggi mai sperimentati. Un robusto richiamo alla realtà, alla ragion pratica. “Abituato, c’ero”: non è escluso che torneremo a dirlo a noi stessi nei prossimi giorni davanti a un rubinetto che scroscia nel lavandino di casa, sotto un soffione di doccia salvifico, cose che potrebbero farsi desiderare. Si sa: è successo quel che di brutto poteva succedere, i nubifragi, gli smottamenti, le vittime innocenti e tutto il resto. Adesso, asciugate le lacrime, e grazie alla resilienza (tradotto: “tirare per il proprio”) che ci caratterizza, torniamo a guardare al lavello domestico; e già si vocifera che..

L’arancina alla polenta
che la Sicilia non ama

Uomini del Nord che conquistano la Sicilia, e la storia si ripete. Un tempo furono i normanni, due fratelli venuti da un villaggio sperduto della Francia scesero fin qui e finì che qui nacque il parlamento più antico d’Europa. Oggi sono i neolongobardi, che di percentuale in percentuale sono scesi fin qui e andò a finire che qui è nato uno dei feudi più granitici della Lega nord. Proprio così, proprio loro, quelli del “Prima il nord ” e cose del genere. Cose che rimangono lì, sospese a mezz’aria tra le memorie più tenaci e il maquillage di chi è riuscito a passare la dogana tenendo ben nascosto quella formidabile, nuova fragranza d’oppio che sfuma in un greve populismo di rottura. Matteo fa di nome, Salvini è il suo cognome..

Elisa, la Pompadour
delle nostre pentole

Ai retroscenisti del post di Elisa Isoardi con il ministro dell'interno Matteo Salvini addormentato sul suo petto dopo l'amore, con quel testo nostalgico e scopiazzato ad accompagnarlo, vorremmo dire che è divertente riempire i talk televisivi di chiacchiere da salotto e i salotti di pettegolezzi da cortile, ma che accreditare alla conduttrice del mezzogiorno l'abilità di lanciare messaggi trasversali, riservando chissà quali immagini esplosive a eventuali mancanze del suo ex nel soddisfarne le ambizioni, ci pare un tantino esagerato. Fatichiamo a riconoscere alla signorina Isoardi, una che dice di andare "a farsi un doccino" a costumisti e truccatori Rai dopo la puntata della Prova del cuoco, atteggiando la boccuccia a cuore, lo status della grande favorita. La Pompadour delle pentole ci sembra tramare da grande politica meno di quanto si..

Il sole, il fango
e qualche domanda

Il cielo è azzurro, poche nuvole che sembrano pennellate qua e là. C’è pure il sole. Sembra una bella domenica autunnale, mite, serena. Se non fosse per quell’elicottero che gira come un avvoltoio sul luogo della tragedia, fra Altavilla e Casteldaccia. Due uomini dell’Anas fanno da sentinelle sul cavalcavia dell’autostrada, poco prima di imboccare la A19 lo svincolo di Trabia è ancora coperto di fango. In mare chiazze marroni, le vedi da quassù, ultimo segno della tempesta di acqua e fango che ieri ha travolto tutto. E quell’elicottero che sorvola sinistro la zona. Tutti i siti aprono con la notizia delle vittime siciliane, domani le prime pagine dei giornali saranno dedicate a queste morti assurde. E poi? Si continuerà a morire di incuria, indifferenza, egoismo? Si continuerà a costruire abusivamente,..

Gli angeli del fango
contro le tricoteuses

Timorosa di leggere frasi che mi avrebbero ferita, ma anche pronta a dare battaglia, dopo il ciclone che ha investito lunedì scorso il Golfo Tigullio, dove trascorro in buona parte le mie estati dalla nascita, ho scorso con attenzione tutti i filmati Instagram, i commenti twitter e le dirette che mi è capitato di incrociare. Volevo vedere fino a che punto le tricoteuses di questa società alimentata dal populismo cattivo si sarebbero scatenate contro le barche dei presunti (o anche veri) ricchi distrutte dalla forza dell’acqua, contro la celebre passeggiata a mare devastata, contro i pontili dei bagni delle nostre estati crollati nel golfo. Ero convinta che la marea montante di odio di classe cieco e feroce alimentata da anni di populismo 5stelle, questo impasto di brutalità mista a ignoranza..

Il mio canto d’amore
per la tata Bia

Ode a te, tata Bia. Che sei entrata nella nostra vita in punta di piedi. Che hai sfidato, vincendola, la mia corazza di diffidenza. Che sei andata oltre gli umori di mia moglie, le parole al vento di mia suocera e il mio ciondolare per casa in mutande. Ode a te che hai cresciuto una bambina non tua crescendola come fosse tua. Che ti sei commossa mentre mi parlavi dei suoi primi passi e delle sue prime parole. Ode a te malgrado le volte che ho dovuto riaccompagnarti a casa, odiandoti con tutte le forze, la sera tardi. Ti ho voluto bene leggendo la tua preoccupazione quando mi chiedevi in macchina “ma hai bevuto?” e io ti rispondevo “no, ma scherzi?”. E avevo bevuto. Ode a te, tata della piccola..

Gerenza

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