Non c’era verso di trovarlo: battute tutte le librerie, cercato sulle bancarelle, quelle lungo i viali, di metallo verde ormai male in arnese, dove la pesca di solito proprio perché casuale può far saltar fuori la rarità. Perfino nei mercatini dove un autore e un titolo precisi sono come il Sacro Graal. Niente. Così mi sono deciso. Vado a caccia su Amazon. La prima volta, per un libro. Digito, clicco. Eccolo, c’è. Avrei potuto pensarci prima, vecchio lettore nostalgico che non sono altro. Dicitura: usato. E che sarà mai? Quanti libri usati avrò comprato? Quante pagine già sfogliate da altre mani, lette da altri occhi? “Procedi all’acquisto”. Fatto. E’ arrivato dopo cinque giorni, per posta, con quel sovrappiù di mistero che ti dà quell’attesa fisica oggi che le altre sono per lo più virtuali e si bruciano nel giro di secondi.

Eccolo qui. Usato sì ma non maltrattato e nemmeno intonso, ché lo capisci che è stato letto. Ma la rilegatura è a posto, la copertina perfetta, solo il tempo che ha depositato il suo sull’ècru originale, perfino la fascetta con il giudizio di una grande scrittrice c’è ancora. A voler essere pignoli, solo un tratto di biro blu, poco più d’un centimetro, accanto al nome dell’autore, scivolato chissà come. Aprendo però t’accorgi che la stessa biro blu ha lasciato un’altra traccia, più forte, niente a che fare con una distrazione, stavolta: una dedica, scarna, essenziale ma non sbrigativa, “Natale 1998” e, sotto, “Mario”. Ci ricami su. Sembra una dedica tristissima, come per un regalo d’addio. Oppure, ti suggerisce qualcuno, magari è solo il nome di chi acquistò il libro per sè, un tempo. Come fanno molti. Però sai che, di solito, chi appone il sigillo di proprietà a un suo libro (una sorta di ex libris vergato a mano) mette prima il proprio nome e in calce la data. E poi chi ha questo senso di possesso su quei feticci di carta, mica se ne sbarazza così facilmente, mica li mette su piazza, mica fa il book crossing in nome della condivisione della cultura ché il libro è mio, mio soltanto, e guardo in tralice perfino i miei figli quando s’avvicinano alla libreria e chiedono “potresti prestarmi…?”. Niente, nulla ti toglie dalla testa che quello del 1998 fosse un Natale di congedo e quel libro il suo suggello.

Ovviamente il libro ha un autore e un titolo che tengo per me, mi dispiacerebbe che qualcuno lo riconoscesse dalla grafia stessa della dedica che ho pubblicato su un social. Ma penso sia improbabile. Sfoglio ancora, comunque, e cade, inatteso, un segnalibro, in cartoncino arancione, anch’esso in perfetto stato: è quello di una libreria di Milano. E nemmeno di questa farò il nome. Vado sul sito però: dal 1998 ha chiuso uno dei due negozi e il “mio” libro, ovviamente, non c’è più.