Due minuti netti. Il tempo del congedo di Roberto Alajmo, ieri sera al Biondo, dalla direzione artistica dello Stabile di Palermo, dopo cinque anni, davanti al pubblico che affollava il teatro per il debutto della sua black comedy Chi vive giace. Tra gli applausi che salutavano la compagnia (con gli attori, il regista Armando Pugliese, scenografo, costumista, autore della musiche) Alajmo ha detto: “E’ la prima volta che prendo la parola su questo palcoscenico da quando sono direttore. Sono stati cinque anni indimenticabili. Voglio ringraziare questa Compagnia, le maestranze del teatro, il pubblico che in questi anni ci ha seguito con affetto. Per me – come voi capirete – è una serata speciale perché in questi giorni ho capito che non sarò più io a dirigere nei prossimi cinque anni il Teatro Stabile di Palermo. Non posso e non voglio dire altro per rispetto nei confronti del Consiglio di Amministrazione che nei prossimi giorni dovrà decidere chi sarà il nuovo direttore. Però ci tenevo a ringraziarvi tutti, sono stati cinque anni magnifici e credo che da qualche altra parte ci ritroveremo”. E sugli applausi di commiato, si è più volte portato la mano al cuore. Adesso tocca al Cda del Biondo (Regione, Comune, ex Provincia e Fondazione Biondo) decidere chi guiderà lo Stabile palermitano. La presentazione delle domande scadeva ieri, venerdì, alle 13 e probabilmente già lunedì mattina si passeranno al vaglio le candidature.

Finale di (di)partita: Alajmo torna sulle scene

“E’ un tema che ci riguarda tutti, non possiamo far finta che non ci sia, impossibile eludere il problema. Nella vita ci si confronta sempre con questa grande certezza: non c’è antidoto contro la morte, non è stato ancora scoperto un vaccino che garantisca l’immortalità, nessuna formula magica che su questa terra ci renda eterni”. Roberto Alajmo si confronta nuovamente con questo tema nell’arco di pochissimi mesi, passando dalla letteratura (alla quale ha consegnato l’estate scorsa il bellissimo e pluripremiato L’estate del ’78, potente omaggio alla madre e scartavetrante autobiografia, quasi un’autoanalisi) al teatro al quale ritorna venerdì prossimo, autore di Chi vive giace, suo nuovo testo per le scene, prodotto dallo Stabile di Palermo, di cui è direttore artistico, regia di Armando Pugliese, al debutto al Biondo per l’appunto il 18 (repliche fino al 27 gennaio).

“C’è un momento in Aprile, il film di Nanni Moretti – ricorda Alajmo – in cui un amico regala al protagonista, per i suoi 44 anni, un metro di quelli retraibili e gli chiede ‘quant’è che vuoi vivere?’ e lui ‘80 anni’, quello prende il metro, lo allunga fino alla differenza tra 44 e 80 centimetri e glielo consegna: ‘ecco, questo è quello che ti rimane da vivere’. E’ una scena divertente ma anche agghiacciante”.

Finale di (di)partita, si potrebbe dire parafrasando Beckett visto che il tema torna all’attenzione dell’autore palermitano a distanza di breve tempo, quasi come un’onda in risacca. “Poche simpatiche persone fanno finta di nulla, trattano l’argomento quasi con indifferenza, lo allontanano: io le invidio”. Strumenti di sopravvivenza per non scivolare nell’angoscia: “Ne conosco uno soltanto, l’umorismo, non è risolutorio ma è un buon metadone, riesce a tenere a bada la depressione. Insomma, rimedi non ce ne sono, l’umorismo è anche molto connaturato in noi, è molto siciliano, ci si scherza su, ma seriamente”. E l’umorismo è uno degli ingredienti di Chi vive giace. Anche nell’alternanza di vivi e di morti, nella presenza di un dialogo con l’aldilà.

Alajmo getta le carte sul tavolo: “Mi hanno ispirato Le sorelle Macaluso di Emma Dante e The others, il film di Amenàbar con Nicole Kidman, l’uno certamente grottesco, l’altro tragico, impressionante. E hanno pervaso lo spunto originario che invece è di cronaca: un incidente stradale accaduto nel Centro-Nord in cui una donna viene uccisa dall’auto guidata da un ragazzo. Nel vedovo convivono sentimenti contrastanti anche se la famiglia stessa e il paese, la comunità, cercano di convertirlo alla vendetta, rinfocolando il suo rancore. Il finale non lo racconto, diciamo che più che verso un perdono ci si avvia verso l’accettazione perché secondo me ‘chi nasce tondo’ non sempre muore tondo, può anche morire quadrato, sovvertendo il famoso proverbio, un po’ come il titolo dello spettacolo sovverte il ‘chi muore giace, chi vive si dà pace’”.

Le parole abusate dei proverbi (e dei luoghi comuni in genere) scavano trincee ideologiche per Alajmo, alibi quasi perfetti per l’immutabilità: “Dopo Sciascia, ‘irredimibile’ è diventata di moda. Ecco, chi ancora la usa è il peggior nemico di un pur minimo barlume di redenzione. Così come chi usa Il gattopardo e il ‘gattopardismo’: è il primo a volere che tutto resti com’è”.

Lui è soddisfatto di come lo spettacolo sta venendo su: “Armando Pugliese è un regista che sa perfettamente dar vita a questa commistione tra reale e ultraterreno, creando una sorta di realismo magico. E poi il testo è molto ‘di parola’, ci voleva qualcuno capace di impastarlo con la povere di palcoscenico. E credo che troverete una Stefania Blandeburgo che non ho remore a definire inedita, in un gran bel ruolo”.

La data del debutto infine: venerdì 18, ore 21.15, a poche ore dalla scadenza della presentazione delle domande per la sua successione alla carica di direttore artistico del Biondo dopo gli anatemi e le giravolte politico-burocratiche che lo hanno quasi travolto nonostante le sue “pezze d’appoggio”. Lui ha presentato domanda per la ricandidatura: “Sono sincero, mi preoccupano più la ‘prima’ dello spettacolo e la risposta del pubblico che l’apertura delle buste del bando. Lo dico con grande serenità. Per la direzione dello Stabile, ‘comu finisci si cùnta’… Oddio, ho usato un proverbio”.