Da deputato faceva l’ortodosso ma da presidente fa l’obiettore. Per difendere le ragioni dei migranti, il presidente della Camera, Roberto Fico, si è rifugiato a Ravenna alla festa del Pd. Con la sua barba da francescano, appena eletto aveva iniziato i suoi esercizi spirituali. Per andare alla Camera aveva preso il bus, per presiedere i lavori d’aula ha scelto di indossare il vestito casual, per punire i vecchi parlamentari ha ingaggiato una lotta contro il passato e dunque contro i vitalizi. Ma l’attività di evangelizzazione continua ancora. Per marcare la differenza dalle politiche di Matteo Salvini ripete: «Io sto con i migranti. Dovevano scendere subito dalla nave Diciotti». Ogni giorno Fico prende le distanze dalla Lega, conserva la fiammella del vaffanculo ma solidale. A lui, Beppe Grillo ha affidato la parte del Danilo Dolci di governo, il non violento, il pacifista, l’asceta. Più astuto di Luigi Di Maio, Fico pratica l’arte di maneggiare il potere ma senza imbrattarsi, prepara il suo lungo viaggio dal filoleghismo all’antileghismo. Attenzione dunque: è solo l’ultima mossa del diavolo. Quelli di Fico non sono turbamenti della coscienza ma solo un modo per mascherare la complicità.