Un signore 76enne di Bronte, cugino del sindaco eterno della città del pistacchio, il forzista Pino Firrarello, e imparentato con l’ex sottosegretario Giuseppe Castiglione (che di Firrarello è genero), ha agitato a lungo i sonni del Movimento 5 Stelle. Scendere a patti con la Prima Repubblica è stato necessario per i grillini che da Vito Bonsignore, ex parlamentare della Democrazia Cristiana, hanno ereditato il project financing per la realizzazione dell’infrastruttura più discussa di Sicilia: la superstrada che va da Ragusa a Catania. Sessantotto chilometri di lunghezza, vent’anni di dibattito se farla o meno. E 500 morti sul groppone (è stato il sindaco di Lentini, Saverio Bosco, a tirare fuori i numeri durante la marcia di Davide Faraone e Nello Dipasquale lungo la statale 514).

Nell’ultimo periodo le carte in tavola erano cambiate: di fronte al progetto di Bonsignore e del gruppo Sarc, bollinato da almeno un quinquennio (Renzi e Gentiloni stavano già provvedendo agli espropri), il governo del cambiamento ha fatto le barricate. E pur di non concedere la scena dell’investimento a un privato, che avrebbe tratto profitto dal pedaggio in cambio della realizzazione dell’opera (comunque condivisa con Stato e Regione), ha deciso di farselo amico e intestarsi una battaglia quasi surreale per i tempi che corrono: la superstrada si fa, ma con le finanze pubbliche. “Anas acquista il progetto del privato e diventa il soggetto attuatore – ha detto Toninelli nel suo ultimo video postato su Facebook – Il modello di concessione precedente avrebbe fatto costare questa autostrada fino a 15 euro di pedaggio per percorrere pochi chilometri”. Adesso – o quando sarà, dato che i tempi di realizzazione non sono brevi – sarà possibile percorrerla gratis.

La conclusione sembra quella più auspicabile, se non fosse per un dettaglio di poco conto. Dove si trovano i soldi per finanziare un’opera di queste dimensioni? Il valore stimato della Ragusa-Catania è di 814 milioni complessivi. La Regione ne aveva messi sul tavolo 217, in aggiunta ai 149 dello Stato. Se la matematica non inganna, 448 milioni (più varie ed eventuali) rimangono scoperti. Erano quelli dell’investimento privato. A cui vanno aggiunti almeno 20 milioni per rilevare il progetto – la cifra balla fra i 18 e i 23, Toninelli non l’ha resa nota e sarà una commissione di periti a stabilirlo – e una cinquantina a titolo d’indennizzo per il mancato utile del privato. Ciò vuol dire che Roma deve trovare un tesoretto superiore a mezzo miliardo di euro per chiudere la partita. Nel corso dell’ultimo summit al comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), il Ministro dell’Economia Giovanni Tria si è dimostrato fiducioso. Quei soldi, che non sono pochi, sarebbero all’interno del contratto di programma sottoscritto da Ministero delle Infrastrutture e Anas (300 sarebbero immediatamente disponibili, come riferito da Mario Barresi su La Sicilia), a cui passerebbe la gestione dell’arteria. In un secondo momento potrebbe subentrare anche il Cas, il Consorzio per le autostrade siciliane.

Fin qui la cronaca. La Ragusa-Catania, negli ultimi mesi, è diventato un terreno di scontro fra governo regionale e centrale. Il presidente della Regione Nello Musumeci, che al Cipe non ha nascosto il proprio malumore nei confronti di Toninelli, e l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone, hanno sempre guardato con sospetto alle dichiarazioni dei Cinque Stelle, che già nel dicembre scorso, convocando i sindaci del comprensorio a Roma, avevano annunciato che “nella prima metà di gennaio l’opera sarà approvata” (parola di Barbara Lezzi). Omettendo, però, una verità inossidabile: che di concluso non c’era un bel nulla, e anzi il governo stava cercando una soluzione alternativa per “scippare” il progetto dalle mani di Bonsignore. Un progetto “fatto malissimo” secondo Toninelli: secondo il suo Ministero i costi del pedaggio non erano sostenibili – nonostante l’intervento della Regione sarebbe costato 15 euro percorrere la doppia tratta – così come il volume di traffico, secondo gli uffici, era sin troppo inflazionato.

Quelli del Met hanno studiato per bene le carte e hanno deciso di imprimere una svolta all’impasse: la prima mossa era togliere l’opera al concessionario (il M5S ha sempre “detestato” il privato). Come?  Tagliandolo fuori attraverso una lauta ricompensa, di decine di milioni, nei confronti della Sarc (l’acronimo di Società Autostradale Ragusa Catania) che riunisce sotto le sue insegne ben nove sigle, fra cui la Mec Spa di Vito Bonsignore, proprietaria di Silec, che a sua volta possiede il 62% delle azioni di Sarc. Formalmente, il presidente del Cda è Francesco Bonsignore, fratello di Vito. Mentre nell’organigramma di Mec compaiono sia Katia che Luca, i figli dell’ex parlamentare. Tutta roba loro. Paura e sgomento. Tanto che la deputata Stefania Campo, scampato il pericolo, ha esultato come fosse allo stadio: “Chi si era schierato, senza se e senza ma dalla parte dei Bonsignore senza averne mai chiarito il motivo, chi è stato omertoso e falso sul costo del possibile pedaggio, chi ha fatto terrorismo psicologico nei confronti dei propri elettori, chi ha urlato durante i pubblici dibattiti inveendo contro il Ministro e contro la deputazione 5 Stelle locale e chi ha fatto le marcelonghe sulla Ragusa-Catania causando traffico e pericolo, sappia che non ha contribuito per niente alla velocizzazione dell’accordo. Ha causato solo un danno – ha aggiunto la deputata di Ragusa -, ha prodotto solo ritardi, ha dato manforte alla ditta privata nella trattativa”.

Bonsignore, nato a Bronte ma trasferitosi a Torino appena maggiorenne, per completare gli studi, è stato componente della direzione nazionale della Democrazia Cristiana, consigliere comunale a Venaria Reale, deputato alla Camera dall’87 al ‘94, sottosegretario per un paio d’anni, e due volte europarlamentare con Udc e PdL. La sua carriera politica, interrotta all’interno delle istituzioni, è proseguita anche fuori. Come Firrarello e Castiglione, nel 2013, segue Angelino Alfano nel Nuovo Centrodestra, dopo la fuoriuscita dal Popolo della Libertà. Ma anche nel modo imprenditoriale è uno che non si risparmia (e che ha pure le sue grane con la giustizia). I suoi affari riguardano prevalentemente l’asfalto e le infrastrutture: è l’ideatore dell’infinito progetto della Orte-Mestre, l’arteria finita al centro della mega indagine della Procura di Firenze che, dopo la rinuncia di Bonsignore, l’Anas ha annunciato di voler riprendere. Il politico-imprenditore di Bronte, inoltre, si sarebbe dovuto occupare della Termoli-Campobasso, per mettere in collegamento il Tirreno e l’Adriatico, di cui verranno realizzati appena 9 chilometri (costati la bellezza di 78 milioni) prima dello stop del governo Renzi, che escluse l’opera dalla lista di quelle finanziabili.

Dei grandi progetti di Vito Bonsignore, fino a un paio di giorni fa, restava la Ragusa-Catania, che però il governo gialloverde – in questo caso a forte trazione grillina – gli ha sfilato dalle mani. Lo ripagherà abbondantemente in denari. L’opera, per la cronaca, verrà completata dallo Stato, ma serviranno altri passaggi: l’approvazione del Ministero per lo Sviluppo Economico, avvenuta giovedì scorso, è propedeutica al “visto” del Ministero dell’Economia e a un rapido passaggio al Cipe (entro la settimana prossima) e alla Corte dei Conti. Dopo le ferie agostane, probabilmente, verrà avviato l’iter per trasformare il progetto da definitivo a esecutivo, poi andrà indetta la nuova gara d’appalto, perché serve qualcuno che realizzi i cantieri. I lavori potrebbero richiedere tre anni: la Statale 514, la cosiddetta strada della morte, verrà “raddoppiata” e riunita con la SS 194, per poi proseguire fino al centro abitato di Carlentini, da cui parte l’autostrada A18. Sembra qualcosa di avveniristico. E’ una semplice connessione fra capoluoghi di provincia, che da vent’anni si sceglie di rinviare sine die.