La Regione ha scoperto da qualche giorno di aver fatto zero passi avanti sul fronte dei rifiuti. E’ bastata la presenza in aula di un assessore, Roberto Di Mauro, e un’interrogazione del deputato del Pd Tiziano Spada, per rivelare quanto sia stata inutile la propaganda di Musumeci per la realizzazione di due termovalorizzatori. Che da un lato servirebbero a bruciare la monnezza per produrre energia e denaro, e dall’altro avrebbero interrotto l’oligopolio dei signori delle discariche. Musumeci, bravissimo con le parole, si era fermato a una manifestazione d’interesse che aveva registrato la partecipazione di un paio d’aziende, poi l’iter si è stoppato. Anche le promesse di Schifani, che in campagna elettorale si batteva per la continuità, in realtà erano basate sul nulla.

Ma siccome, oltre alla credibilità delle istituzioni, c’è in gioco un miliardo, il neo governatore (nonostante le perplessità dell’assessore all’Energia), ha deciso di andare avanti. O meglio, di ripartire daccapo. Come? Presentandosi a Roma con il piattino in mano per chiedere “poteri speciali”. Il governo regionale – si legge in una nota di Palazzo d’Orleans – pur ravvisando che “la situazione dell’impiantistica” siciliana “non desta particolari preoccupazioni” (ne siamo certi?) “ha manifestato al ministro la necessità di programmare la chiusura del ciclo dei rifiuti per i prossimi anni con la realizzazione di termovalorizzatori. Per farlo, in tempi rapidi, è però necessario uno snellimento delle procedure autorizzative e il ministro ha espresso la propria disponibilità a concedere poteri speciali, così come già avvenuto a Roma con il cosiddetto “modello Gualtieri”. Il presidente e l’assessore – prosegue la nota – hanno quindi consegnato al ministro la documentazione necessaria per poter procedere alla stesura di un apposito provvedimento normativo. Un dossier che, dopo il vaglio dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi, passerà al Consiglio dei ministri per il via libera definitivo”.

Quest’ultima parte è un modo per far ricadere le responsabilità, su quanto dovesse accadere da qui in futuro, sulle spalle del governo nazionale, che non potrà esimersi dal concedere a Schifani le stesse prerogative concesse a Gualtieri. D’altronde la realizzazione dei termovalorizzatori richiede tempo: “La manifestazione di interesse a giugno compirà due anni di età – dice Giampiero Trizzino, ex deputato del M5s e avvocato ambientalista -. In altre parole, sono trascorsi due anni da quando fu pubblicata: se tanto mi dà tanto, tra bando di gara, aggiudicazione ed inizio lavori, dei termovalorizzatori non si vedrà l’ombra prima di 20 anni! Quasi peggio del ponte sullo stretto…”.

Per la costruzione materiale degli impianti, che restano in attesa di conoscere la location ufficiale, servono 3 o 4 anni, che uniti ai tempi della burocrazia potrebbero diventare molti di più. Magari un po’ meno di venti, anche se dai territori giungono i primi mal di pancia: “Notizie stampa – affermano il deputato regionale Luigi Sunseri (M5s) e Maria Terranova, sindaco di Termini Imerese – dicono che si sta cercando un’area del Palermitano per realizzare l’impianto e il timore che la scelta possa ricadere sull’area industriale di Termini Imerese è forte, ma se Schifani sta pensando a questo è bene che riveda i suoi piani: Termini deve andare in direzione diametralmente opposta, per sposare soltanto scelte che abbiano un profondo rispetto per l’ambiente”.

Catania, Gela o Palermo cambia il giusto. La notizia nuova, però, è la richiesta di “poteri speciali” che potrebbe agevolare Schifani nella missione impossibile di mettere d’accordo tutti, accelerando le pratiche. Sempre il governatore, e sempre in materia di poteri extra, nei giorni scorsi ha strappato al ministro Salvini la promessa di “commissariare” i lavori della A19, la Palermo-Catania, per cancellare più in fretta la vergogna targata Anas degli oltre quaranta cantieri aperti lungo il principale collegamento fra i due lembi dell’Isola. “Su questo punto – fa sapere il Ministero – c’è piena sintonia tra Mit, Regione Siciliana e Anas”. Ma non tutti i casi di commissariamento hanno avuto buon esito.

Musumeci, ad esempio, divenne commissario per la Ragusa-Catania nel 2021, anche se non risulta abbia agevolato l’iter in alcun modo: il cantiere, a distanza di oltre due anni, non è ancora partito. Accadrà il 22 maggio alla presenza di Salvini (che non vede l’ora di prendersi il merito). L’ex governatore, che aveva richiesto i “poteri speciali” anche in epoca Covid (attraverso l’attuazione dell’articolo 31 dello Statuto siciliano, che prevede la possibilità di mettersi al comando dell’esercito in casi di emergenza), fu nominato dal governo Draghi commissario delegato per fronteggiare l’emergenza incendi, ma anche commissario delegato per l’emergenza Covid (attività propedeutica al potenziamento degli ospedali). E infine, nel 2018, commissario delegato all’emergenza rifiuti, in base a un’ordinanza dell’allora capo della Protezione civile, Angelo Borrelli.

Tra gli interventi previsti, il trasferimento fuori regione della monnezza, la realizzazione della settima vasca nella discarica di Bellolampo a Palermo (non ancora completata), la realizzazione di una nuova vasca per il TPS1 (rifiuti urbani non pericolosi) e una per i rifiuti solidi urbani a Trapani, la realizzazione di un impianto per il trattamento della Forsu (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) a Casteltermini, i lavori per la messa in esercizio della discarica dedicata ai rifiuti non pericolosi a Castellana Sicula e i lavori di completamento e potenziamento dell’impianto di compostaggio della frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata nel comune di Vittoria (Ragusa). Ma evidentemente qualcosa non funziona, e Musumeci esterna le sue perplessità: “Continuo a sentirmi un commissario straordinario dimezzato. Nessuno dei poteri speciali derogatori al sistema che vige da decenni, è infatti stato conferito al sottoscritto – dichiara a ottobre 2018 -. Sento dire in giro: il presidente Musumeci è commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Sicilia. Niente di più falso. Il presidente è commissario soltanto per sei interventi”.

L’esperimento si rivela un insuccesso e termina nel 2019, quando la Protezione civile emana una nuova ordinanza per “favorire e regolare il subentro della Regione Siciliana nelle iniziative finalizzate a consentire il superamento della situazione di criticità determinatasi nel territorio della Regione Siciliana nel settore dei rifiuti urbani”. E’ l’atto che chiude l’epoca di Musumeci commissario e pone in capo alla Regione il “coordinamento delle attività necessarie al superamento della situazione di criticità”. Come? Tra le varie opzioni spuntano i termovalorizzatori, che nel volgere di qualche anno sarebbero balzati agli onori delle cronache per bocca dello stesso Musumeci.

A distanza di quattro anni e numerosi (e fastidiosi) proclami, queste opere rimangono un sogno di mezza estate. Su cui Schifani vorrebbe accelerare grazie a un’investitura dall’alto e metterci il cappello. Nel frattempo sono aumentati i costi di smaltimento e conferimento dei rifiuti (fino a 400 euro a tonnellata, con conseguente rincaro della Tari per i siciliani), perché la spazzatura trova sbocchi solo all’estero. Eppure, secondo la Regione, l’impiantistica non è messa così male e la differenziata vola che è un piacere. Per capire come finirà non serve un commissario, ma una sfera di cristallo.