Non vedevo una sollevazione popolare così compatta e massiccia, per le sorti del quasi defunto Palermo Calcio, dai tempi della finale di Coppa Italia a Roma contro l’Inter. Ma guarda un po’ i palermitani che riscoprono il fascino delle gloriose maglie rosanero, certo a tempo scaduto però insomma è già qualcosa.

Sui social impazza la polemica, toglieteci tutto ma non il Palermo. Però mi chiedo: quanti sono, davvero, coloro che possono fregiarsi della titolarità piena di questa protesta? Pochi, giusto qualche migliaio di tifosi, cioè quelli che hanno sempre continuato ad andare allo stadio anche in mezzo a campionati sgangherati, contro squadre sgangherate, con giocatori sgangherati, un numero per niente rappresentativo di una città intera, a meno che non si voglia rimestare nella solita stucchevole retorica della Palermo orbata della squadra di pallone. Loro lì malgrado un Palermo da centro classifica, malgrado gli equilibrismi scombinati di Zamparini, malgrado gli arabi tarocchi e il presidente ipertatuato che amava farsi fotografare con due arance sui capezzoli.

Loro lì malgrado il balletto ridicolo di allenatori, le notizie che arrivavano dalla Procura, la pioggia e il vento e nessuna speranza – diciamocelo, dai – di tornare nel calcio che conta (non almeno con questa dirigenza, con questi personaggi).

Non venitemi a parlare di città in rivolta, non sprecate il fiato con banalità come Palermo merita il Palermo in serie A, non trasformatevi in portatori di sentimenti che in realtà non avete. Il Palermo non è né di Palermo né dei palermitani. Il Palermo è solo di quello sparuto gruppo che il Palermo l’ha seguito, come si dice pomposamente nelle cerimonie nuziali, nella buona e soprattutto nella cattiva sorte, e non alle due ultime partite di campionato o, peggio, quando da queste parti arrivavano Juve, Inter e Milan. Il calcio è una cosa troppo seria per ospitare gli indignati dell’ultima ora. L’indignazione, e il dolore, per una sentenza comunque già scritta e per certi versi ovvia, lasciateli ai tifosi veri.