Nello Musumeci, questa volta, rischia di non venirne a capo. Le emergenze, che per un certo periodo – soprattutto sul fonte Lampedusa – hanno rappresentato il brodo di giuggiole su cui costruire la propria popolarità, rafforzando presenze sui media e simpatie a destra, rischiano di mandare in tilt il governo della Regione. Anche perché si sono accavallate in maniera quasi inesorabile. Non c’è soltanto la variante sbarchi, che sono ripresi con frequenza e rappresentano un tarlo nella mente del governatore. Il Coronavirus, sebbene l’assessore Razza abbia provato a mitigare gli effetti dell’allarmismo, sta bussando alla porta. E ha costretto Musumeci a dichiarare “zona rossa” le quattro strutture della Missione “Speranza e Carità” di Biagio Conte, dove 103 ospiti sono risultati positivi. Infine le scuole: il referendum ha rallentato il processo d’apertura, ma la Sicilia – come la maggior parte delle regioni italiane – non è ancora pronta per giovedì prossimo, 24 settembre, quando gli studenti torneranno nelle (poche) classi a disposizioni.

Se dovessimo dare un ordine di priorità ai problemi, a spaventare di più sono i numeri del Covid. Il principale focolaio della Missione è quello di via Decollati, non distante da via Oreto e corso dei Mille, dove vivono in trecento. E’ osservato a vista dalla polizia, ma nessuno ha potuto impedire che gli ospiti, nei giorni scorsi (fino a giovedì), abbandonassero l’edificio e si immergessero per le vie del centro, dove molti raccattano qualche lavoretto come parcheggiatore abusivo o lavavetri ai semafori. A causa di queste professioni “non dichiarate” sarà quasi impossibile risalire alla rete dei contatti ufficiali. L’esercito di fratel Biagio è composto da circa 450 persone, per lo più immigrati non regolari, che vagano a qualsiasi ora per le vie di Palermo.

Ma l’alert risuona anche in altre zone della città. Ad esempio nel call center Almaviva, dove in attesa di nuove disposizioni e in via precauzionale, l’azienda ha comunicato la chiusura della sede di via Cordova, dove una dipendente ha dichiarato di essere entrata in contatto con un familiare positivo. Le attività sono state sospese al Pta Biondo di via La Loggia per la sanificazione dei locali: in questo caso è risultata positiva una dipendente dell’Asp. Verranno sottoposte a tampone tutte le persone individuate a seguito del contact tracing. Mentre all’Ismett tutto il personale, oltre che i pazienti, faranno il test sierologico a causa di un operatore asintomatico. Persino al tribunale monta la paura, dopo che un avvocato penalista è risultato positivo al Sars-Cov2. Siamo sul filo.

Palermo al momento è la provincia più falcidiata (solo ieri 81 casi sui 116 complessivi). I comuni di Piana degli Albanesi, Belmonte Mezzagno e San Giuseppe Jato hanno chiuso scuole e asili nido, dopo aver appurato la nascita di alcuni (potenziali) focolai. Si era comportato allo stesso modo il sindaco di Corleone, dopo che una famiglia aveva contagiato altri soggetti a un matrimonio con 250 invitati. Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha lanciato strali nei confronti dei suoi concittadini, rei di aver abbassato la guardia dopo i sacrifici dei mesi scorsi, ma l’incombenza più importante spetta a Musumeci che nei prossimi giorni, alla scadenza dell’ordinanza (prevista per il 30 settembre), potrebbe firmarne un’altra, molto più dura, per limitare il proliferare dei contagi. Che magari, sul modello della Missione di Biagio Conte, preveda un lockdown a macchia di leopardo per i quartieri più a rischio.

“Attualmente c’è un problema solo a Palermo, dove contiamo il 60% dei ricoverati – ha fatto sapere l’assessore alla Salute, Ruggero Razza – Per il resto il tasso di ospedalizzazione resta basso, sotto controllo. Direi che è molto inferiore rispetto a quello che si registrava durante i mesi del lockdown”. L’obiettivo, come nella Fase 1, è evitare di ingolfare il sistema sanitario. Razza ha confermato che proseguiranno i ricoveri anche per chi soffre di altre patologie. Mentre i reparti Covid negli ospedali, secondo l’ultimo piano predisposto dalla Regione, verranno garantiti a riempimento: dopo il “Cervello”, che ha la terapia intensiva quasi al completo, toccherà al “Civico”, poi all’Ismett e così via.

Ma c’è anche un’altra questione che annebbia la vista al presidente. Si tratta del fenomeno dei migranti, che, unito agli effetti del Coronavirus, rappresenta una combo micidiale. Altri undici barchini, con circa 300 persone a bordo, sono stati soccorsi nelle ultime ore a Lampedusa dove nel giro di 24 ore è stata raggiunta la cifra record di 26 sbarchi, più di uno all’ora. Anche le ultime carrette del mare sono state avvistate dalle unità Sar della Guardia costiera che ha effettuato i trasbordi a largo dell’isola ed ha condotto tutti i migranti a molo Favarolo. Nell’hotspot di contrada Imbriacola sono state superate le mille presenze a fronte di una capienza di 192 posti. Vanificando, di fatti, l’intervento del governo nazionale che, all’indomani dell’ordinanza di Musumeci sulla chiusura dei porti e lo sgombero dei centri d’accoglienza, aveva trasferito tutti i migranti a bordo delle navi quarantena. Il timore è che gli stranieri, terminati i 14 giorni d’isolamento, possano essere smistati nuovamente in giro per l’Isola: sono circa 2.500 le persone sotto osservazione. Più quelle che arriveranno.

Ieri Musumeci ha lanciato un nuovo monito, rivolgendosi all’Europa e all’appuntamento di mercoledì, dove i leader dei vari Paesi dovrebbero discutere della modifica del regolamento di Dublino (sugli oneri dell’accoglienza per il Paese di primo approdo): “Lampedusa è di nuovo stracolma e altre Ong (la Alan Kurdi si avvicina con 133 persone a bordo, ndr) che pretendono di utilizzare i porti siciliani mentre stiamo scoppiando. Vorrei – ha detto il governatore siciliano – che ragionassero di questo al vertice europeo del 23 settembre. Vorrei che capissero che l’Europa è assente sul suo fronte più scoperto: il Mediterraneo. Lo hanno abbandonato e l’Occidente non può fare finta di niente. Il prezzo lo pagano la Sicilia e il resto d’Italia. C’è una strafottenza senza precedenti, una volgare strumentalizzazione che capovolge la realtà: quelli che difendono i diritti umani sono accusati di razzismo; quelli che se ne fregano della salute degli ultimi, sono pronti per la canonizzazione. In un mondo così, in un mondo che va al contrario,  nessuno si deve poi lamentare se la paura genera insicurezza. E di insicurezza, si sa, si alimentano i totalitarismi, non le democrazie”.

Poi il presidente ha rincarato la dose, soffermandosi sulle responsabilità del governo nazionale: “Oltre milleduecento (1256) presenze all’Hotspot di Lampedusa. Ancora ammassati, di nuovo. Lo Stato ha rivendicato in ogni sede la sua competenza, ma continua a non esercitarla fino in fondo. Segnalo che non mi risulta che nessuno degli interventi segnalati dalla taskforce regionale sia stato eseguito per adeguare la struttura alla fase di emergenza sanitaria in corso. E anche l’iniziativa diplomatica, di cui ci ha parlato a Roma il ministro Lamorgese, non ha prodotto alcun effetto. Il fenomeno degli sbarchi in Sicilia è affidato al clima, non alla politica. Se c’è brutto tempo si rallenta, con il bel tempo si arriva a flusso continuo. Se non bastassero i barchini, le navi quarantena sono piene di persone portate dalle Ong. Anche in questo il governo non ha voluto raccogliere la nostra proposta. Avevamo detto una cosa di buon senso: se la Sicilia deve gestire gli sbarchi autonomi, non può sopportare anche quelli programmati dalle Ong, che andrebbero quindi destinati in altri porti europei. Risultato: navi piene e hotspot stracolmi. Con rischio di contagio per chi arriva, per gli operatori e per la collettività”. “Sono trascorsi molti giorni dalla mia ordinanza – insiste – ed oggi posso serenamente dire che alle parole non sono seguiti i fatti; che l’Europa non guarda alla Sicilia e al Mediterraneo; e che il governo nazionale preferisce polemizzare con il presidente eletto dai siciliani, piuttosto che avere l’umiltà di riconoscere ritardi e omissioni. Una cosa è certa: ho il dovere di intervenire. E niente e nessuno potrà intimidirmi o farmi desistere dal dovere di tutelare la salute di tutti”.

Infine il capitolo scuola, non meno importante. Come ha segnalato più volte l’assessore Lagalla – l’ultima mercoledì scorso, in un’audizione di fronte ai deputati – mancano all’appello un centinaio di aule. E quasi tutti i banchi monouso promessi dal governo nazionale (ne sono arrivate poche centinaia). Le lezioni potrebbero tenersi con il metodo della didattica “ibrida”. I ragazzi dovrebbero alternarsi di presenza, e proseguire con lo studio anche da casa. A questo si sommano le numerose incertezze sulle procedure sanitarie nell’eventualità di casi sospetti. Un aspetto non marginale, che ha già costretto alcune scuole, che sono partite il 14, a fermarsi repentinamente. La Regione, anche in questo caso, sta provando a sopperire con la distribuzione di due milioni di tamponi rapidi, che permetteranno di ottenere un risultato immediato per insegnanti e studenti che si sottoporranno al test. Ma è la goccia in un oceano che rischia, all’improvviso, di diventare tempestoso.