Sfuggire al cannibalismo di Lega e Fratelli d’Italia emarginandoli. La politica siciliana si organizza per ripartire dal centro. Il primo a farlo è stato Gianfranco Miccichè, che durante la cena fiorentina con Matteo Renzi, ha formalizzato l’adesione dei tre deputati regionali di Italia Viva al progetto politico di Forza Italia. Non si tratta di un’annessione, bensì di una collaborazione. Difficile da spiegare fino in fondo. Come potranno mai collaborare un partito organico alla maggioranza, con il gruppo più numeroso in Assemblea, e un altro che invece dichiara – col suo capogruppo, Nicola D’Agostino – di restare fieri oppositori del governo Musumeci? Per inciso, due dei tre deputati in quota IV, sono i depositari dell’esperienza di Sicilia Futura, il movimento di Totò Cardinale che la personalità ingombrante di Renzi sembrava aver sepolto. Invece i futuristi sono lì, vivi e vegeti; pronti a utilizzare le loro diverse sfumature per determinare gli equilibri.

In attesa di capire come si evolverà la convivenza, l’unica certezza è che la combo Micciché-Renzi guarda con interesse ai prossimi appuntamenti elettorali: potrebbero nascere liste comuni alle Amministrative di Palermo e alle Regionali. Cosa ne pensa Berlusconi è ancora poco chiaro: il lider maximo, 85 anni suonati e tanta saggezza da dispensare, sta provando affannosamente a ricucire i fili del centrodestra, con Salvini e Meloni in caduta libera all’indomani degli schiaffoni ricevuti a Roma e Torino. In Sicilia, però, Micciché non sembra avere molto a cuore gli schemi classici. La sua intervista al Mattino è illuminante: “Con la politica urlata di Salvini e Meloni non si va da nessuna parte. Non voglio sfasciare niente, ma è chiaro che in questo momento il centrodestra è in imbarazzo con questi due fanciulli un po’ arrembanti che litigano sempre”. Poco prima aveva lanciato l’ennesima sfida alla Lega: stroncando sul nascere le velleità di Francesco Scoma – ex forzista – di diventare sindaco di Palermo e, soprattutto, confermando che aver tolto la parola Nord dal simbolo non è bastato a cambiare la sostanza (“Qui resteranno sempre quelli di prima”). L’insofferenza è evidente.

Fuori dal recinto forzista, si muovono tante anime sole in cerca di collocazione. Prima di timbrare l’accordo con Forza Italia, quelli di Italia Viva avevano condiviso un assessore – la professoressa Daniela Baglieri – con l’Udc di Lorenzo Cesa. Che qualche settimana fa ha garantito l’appoggio a Musumeci per il bis. Tra le componenti più attivi dell’area moderata siciliana c’è, ovviamente, Totò Cuffaro. L’ex presidente, gasato dagli ultimi risultati elettorali (e per nulla infastidito dalla polemica sul simbolo ‘conteso’), è all’opera per trovare una sponda politica. L’unico ben disposto a dargli una mano, in questa fase, sembra l’ex allievo Saverio Romano col suo Cantiere Popolare. Cuffaro diceva di aver parlato pure con Davide Faraone, di Italia Viva, e Fabrizio Ferrandelli, di +Europa. I contatti in effetti ci sono stati, ma la virata dei renziani nelle ultime ore, e la resistenza di Miccichè a creare un asse con l’ex governatore, precludono forme di collaborazione diretta (almeno) nell’immediato. Mentre risulta che +Europa, il partito di Emma Bonino, sia al lavoro per la creazione di un blocco liberal-democratico, che si distingue dalle ambizioni democristiane di Cuffaro.

I discorsi si sviluppano in parallelo, senza intrecciarsi (non ancora). Ferrandelli ha un obiettivo: creare un’alternativa al fronte sovranista (Lega e Fratelli d’Italia) ma anche a quello populista dei Cinque Stelle. Da qui l’obiettivo ambizioso, a cui lavora anche Azione, il partito di Calenda, di convincere il Partito Democratico a sganciarsi da un’alleanza contronatura. Senza il M5s, sia a Napoli che a Torino, avrebbe vinto comunque. Qui, però, la questione si complica, e non sembra nemmeno così attuale: soprattutto in Sicilia, dove i dem sono fortemente legati all’universo grillino e contano – insieme – di candidarsi alla successione di Musumeci. Calenda, su Twitter, a proposito delle interlocuzioni di Cuffaro con IV e +Europa ha commentato: “Spero che non sia vero”. Il blocco liberal-democratico e il blocco democristiano si dimenano, per il momento, lungo rette parallele. Ma un orizzonte comune potrebbe crearsi alle Comunali di Palermo, sotto un’insegna non ancora stabilita. Mentre l’unica vera proposta in campo è quella di Roberto Lagalla, attuale assessore regionale alla Formazione, che ha vissuto il passaggio all’Udc come propedeutico a questo scopo.

Tra i partiti che hanno già una collocazione, ma che sono parimenti espressione della marmellata centrista, c’è il Movimento per la Nuova Autonomia, cioè l’ex Mpa, che fa capo a Raffaele Lombardo. L’altro ex governatore che, in maniera più silenziosa rispetto a Cuffaro, e in attesa di risolvere le ultime grane giudiziarie, gioca la sua partita. Nelle ultime ore, secondo rumors divenuti via via più insistenti, si sarebbero intensificati i contatti con Francesca Donato, l’europarlamentare uscita dalla Lega per colpa delle posizioni ultra-draghiane assunte dal suo gruppo. Ma a rassicurare Lombardo sarebbe, soprattutto, il patto d’acciaio con Salvini, di cui si è parlato di recente durante un summit ristretto a Montecitorio. Ecco: gli Autonomisti una casa ce l’hanno. E’ la Lega. E poco importa la connotazione politica (più di destra che di centro). Il Carroccio nell’Isola raccoglie numerosi cocci dell’impero moderato: l’obiettivo è coinvolgere quella fetta di elettorato rimasto senza riferimenti politici. E convincerli che il Nord c’entri poco. O non c’entri affatto.

Il centrodestra, in Sicilia più che altrove, sta cambiando. Senza voler scomodare altri contesti – come l’elezione del Capo dello Stato, da cui sembrano dipendere i destini del mondo, o la permanenza di Mario Draghi a palazzo Chigi – a un anno dalle Regionali c’è una novità: che l’ingresso sulla scena di Italia Viva, come quelli di Calenda e +Europa (auspicati da Miccichè) mettano a soqquadro i naturali equilibri. Il tridente potrebbe finire in soffitta. Ora è attesa la reazione di Lega e Fratelli d’Italia, che nonostante il periodaccio dei rispettivi leader, avranno un peso determinante nella scrematura delle future coalizioni. Musumeci è lì che osserva. Più inquieto che mai.