“Non abbiamo saputo cogliere il vantaggio che il virus ha dato alla Sicilia”. Il deputato regionale del Partito Democratico, Nello Dipasquale, ieri, in aula, ha rinfacciato più volte al governo – ed è stato l’unico – di aver sprecato un mese di tempo. Oggi, primo aprile, rincara la dose: “Perché mai dovremmo ringraziare Musumeci? Mentre gli altri presidenti di Regione, specie quelli del Nord, venivano catapultati nell’emergenza, il nostro governatore non ha prodotto un solo atto. Zero atti dal 21 febbraio scorso. Il Bilancio arriverà a fine aprile, gli aiuti per le imprese e le famiglie chissà quando. Ma lasciare le famiglie senza cibo e le imprese senza liquidità per un mese non è una questione da poco”, ribadisce l’ex sindaco di Ragusa. Incazzato nero.

Ieri sera è stata pubblicata la delibera che ripartisce i 100 milioni di euro garantiti dal governo per l’accesso alimentare (si potranno comprare anche farmaci) alle famiglie bisognose. Ma servirà un confronto serrato fra Dipartimento agli Enti locali e l’Anci, l’associazione dei comuni, per sciogliere almeno un paio di nodi: chi assumerà la cabina di regia nella distribuzione dei fondi (i sindaci o le associazioni presenti sul territorio?) e soprattutto come si accede ai contributi. La presidenza della Regione si è limitata a spiegare che “i Comuni potranno erogare le risorse in via diretta o in altra forma, anche avvalendosi degli enti del terzo settore (garantendo, comunque, l’identificazione dei beneficiari finali)”. E’ chiaro (almeno pare) che potranno farlo coloro che non hanno reddito – tanto meno quello “grillino” di cittadinanza – ma la notizia è un’altra: i cittadini, per richiedere il bonus, rischiano di dover presentare un’autocertificazione. Ogni nucleo familiare, inoltre, avrebbe dovuto percepire un assegno di duecento euro, ma qualcuno non è d’accordo e spera che, nella ripartizione del totale, si tenga conto del numero dei componenti: ciò, però richiederebbe di stilare una graduatoria, e i tempi si allungherebbero. Il presidente della Regione ha promesso che entro la prossima settimana la prima tranche dei cento milioni sarà erogata. Delle due l’una.

In questo caso, oltre ai ritardi della politica, pesano quelli della burocrazia. Serve una trafila infinita anche per assicurarsi le seicento euro “una tantum” per le partite Iva e i lavoratori autonomi. Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha ammesso che dall’1 di notte alle 8 del mattino erano transitate dai computer dell’Istituto nazionale di previdenza sociale qualcosa come 300 mila richieste regolari. Fino a cento al secondo. Il sistema è intasato da ieri sera. Ma sarà possibile inoltrare la domanda anche più avanti, per tutto il periodo della crisi. Infatti, l’assegnazione delle risorse, contrariamente a quanto comunicato in prima battuta, non avverrà su base cronologica. I sistemi dell’Inps, però, potrebbero ingolfarsi comunque.

Infatti, arriveranno a breve anche le richieste di cassa integrazione in deroga. La torta è di 3,3 miliardi di euro. La Regione, al termine di una estenuante trattativa fra l’assessore al Lavoro, Antonio Scavone, e la ministra catanese Nunzia Catalfo, è riuscita a strappare 108 milioni. C’è un “però” grande quanto una casa: mentre altre regioni sono partite, come nel caso della Campania e dell’Emilia Romagna, l’accordo fra Palazzo d’Orleans e sindacati, raggiunto una settimana fa, non è ancora stato pubblicato. Inoltre, la piattaforma informatica che dovrebbe servire alle aziende – o a chi per loro: commercialisti, consulenti del lavoro, sindacati – per presentare la modulistica, non è stata inaugurata. Ergo, i moduli non esistono. La situazione è tremenda, e nessuno provvede a sbrogliarla. Peccato che il premier Giuseppe Conte aveva promesso di sbloccare i pagamenti entro il 15 aprile. Un azzardo.

“Direi che è praticamente impossibile rispettare i tempi – commenta Rocco D’Amore, consulente del lavoro di Ragusa -. Ieri abbiamo ricevuto una comunicazione dall’assessorato, in cui ci viene detto che potremo registrarci al portale dal 3 aprile. Questa è solo un’attività propedeutica alla presentazione delle domande, che dovrebbe avvenire nei giorni “immediatamente successivi”, e comunque non appena i moduli per la Cig ci verranno messi a disposizione”. E intanto consulenti e commercialisti che fanno? “Raccogliamo dati generici: ad esempio, verifichiamo che l’indirizzo del lavoratore al momento dell’assunzione coincida con quello attuale. Non sempre le aziende lo aggiornano. Non appena avremo la modulistica, partiremo con le domande alla velocità della luce. La Cassa Integrazione in deroga, infatti, verrà concessa su base cronologica”. A differenza delle seicento euro.

I tempi d’attesa non nuocciono soltanto agli addetti ai lavori, ma soprattutto alle imprese. “La frammentarietà degli ammortizzatori sociali non aiuta – chiarisce D’Amore – A qualcuno spetta la Cig in deroga, a qualcuno quella ordinaria, a qualcun altro – come nel caso degli artigiani – il fondo d’integrazione bilaterale. Si fa molta confusione. Dato che la causale è unica, cioè il Covid-19, sarebbe servita una procedura più snella”. L’ha evidenziato, nella sua lettera al premier Giuseppe Conte, anche la presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del Lavoro, Marina Elvira Calderone: “Sarebbe bastato creare un unico ammortizzatore sociale emergenziale, appostare su di esso tutti i fondi oggi dispersi sulle varie gestioni, e tutto sarebbe stato più semplice ed immediato, per noi e per l’Inps. Lo abbiamo proposto ripetutamente. Forse, in questo caso, l’obiettivo di pagare  i primi sussidi entro il 15 aprile, si sarebbe raggiunto. Ad oggi, invece, diverse regioni non hanno firmato con le parti sociali gli accordi per la cassa integrazione in deroga; la maggior parte delle regioni che lo hanno siglato, invece, non hanno ancora aperto i vari e differenti canali di presentazione delle domande, uno per ogni regione e provincia autonoma, con modulistica e procedure informatiche differenti”.

Anche il segretario regionale della Uil Sicilia, Claudio Barone, è preoccupato dalla stagnante situazione politica e burocratica: “Cgil, Cisl e Uil nazionali, insieme alle banche, hanno sottoscritto l’accordo per l’anticipazione delle indennità ai lavoratori. Ma per fare questo – ha dichiarato il rappresentante sindacale – bisogna consentire alle aziende di avviare la procedura. La Regione, che ha la responsabilità della concessione del beneficio, deve quindi attrezzarsi di una piattaforma informatica efficiente e personale, anche in telelavoro, per potere trasmettere all’Inps le domande che dovrà poi liquidare”. Tuttavia, “senza attendere la conclusione dell’iter basta la semplice domanda certificata dall’azienda per consentire al lavoratore di avere anticipato un reddito fondamentale per andare avanti in questo momento di forte crisi”. Secondo l’accordo raggiunto fra la ministra Catalfo e l’Abi, l’associazione bancaria italiana, verranno garantiti fino a 1.400 euro. “Il governo regionale quindi non perda altro tempo” ammonisce Barone. Anche se in serata la Regione ha fatto sapere che “all’interno del portale”, che sarà attivo da venerdì 3 aprile, “sono presenti tutte le informazioni utili al completamento della procedura, inclusi i modelli da inviare, per ottenere la liquidazione delle indennità. Dopo l’istruttoria dei Centri per l’impiego delle nove province, il pagamento, in un’ottica di trasparenza, avverrà secondo il preciso ordine cronologico di inserimento delle istanze sul sito web”.

Tornando alla Sicilia e alla politica (ieri Armao ha relazionato su vari provvedimenti: dalla moratoria dei mutui estesa a Ircac e Crias, passando per la misura straordinaria da 30 milioni a Irfis, per i contributi in conto interesse) resta la rabbia di Dipasquale: “Mi auguro veramente che i 100 milioni di euro promessi da Musumeci arrivino subito ai comuni per poterli erogare ai cittadini che ne hanno bisogno. Lo verificheremo giorno per giorno, come abbiamo già fatto con le azioni del governo centrale che, già, per il 66% ha erogato le risorse che aveva promesso”, spiega il parlamentare del Pd . La questione, però, sarebbe più grave di così: “Siamo tutti assoggettati al potere della sanità si sfoga l’ex sindaco -. La sanità non si tocca, perché c’è sempre qualcuno che ha l’amico manager o direttore sanitario, o ha qualche interesse coi privati. Ma la realtà dei fatti è che abbiamo lasciato i medici in trincea, per un mese, senza mascherine. E’ sufficiente che il governatore dica che è colpa dello Stato per restarcene in silenzio? Ricordo a Musumeci che alcune regioni hanno costruito ospedali in due settimane. Altre hanno comprato ventilatori e mascherine. E non sono state a mendicare tutto il tempo, dando la colpa agli altri. Questo ritardo su tutto è inaccettabile. C’è gente, come l’ex direttore del Parco archeologico di Siracusa, Calogero Rizzuto, che è morto aspettando una tac”. Ma su quello farà luce la magistratura. Alla Sicilia non resta che leccarsi le ferite, sperando che il virus non dilaghi.